di ANTONELLO TALERICO
Saluto a nome dell’Avvocatura dell’intero Distretto, la Presidente della Corte di Appello, il Procuratore Generale, il Procuratore della Repubblica, il Presidente del Tribunale di Catanzaro, che ringrazio anche per l'importante dialogo avviato con l'Avvocatura specie negli ultimi anni.
Saluto il rappresentante del CSM e del Ministero della Giustizia, i Colleghi Presidenti degli Ordini del Distretto di Catanzaro, i Presidenti delle Camere Penali del Distretto, il Presidente della Regione Calabria, l’Avvocatura distrettuale dello Stato, tutte le autorità politiche, civili, religiose e militari intervenute e gli operatori delle cancellerie e segreterie degli Uffici Giudiziari.
Devo dire che sono emozionato per questo ritorno in questa aula per celebrare ancora una volta l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ancor più perché concludo oggi il mio mandato di Presidente, dopo circa tre anni e mezzo vissuti intensamente con tutti i Consiglieri dell'Ordine.
Ringrazio la Presidente della Corte di Appello per avere mostrato sensibilità e rispetto nei confronti dell'Avvocatura e delle sue istanze e nei confronti della Città, anche per aver riportato la celebrazione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario nella storica e prestigiosa sede della Corte di Appello di Catanzaro, riconosciuta per la sua importanza in tutta Italia in ragione della celebrazione dei plurimi maxi processi alla ndrangheta, in un Distretto complicato e difficile da controllare in tutto il suo territorio.
Ed infine, voglio ricordare il Presidente dell'Ordine Giuseppe Iannello venuto a mancare nel corso dell'anno 2022, che per molti anni ha guidato con autorevolezza il nostro Foro.
Tanto detto, ritengo giusto partire da alcune osservazioni sulla recente Riforma della Cartabia, l’ennesimo intervento del Legislatore che rischia di far collassare l’intero sistema Giustizia.
Chi ha scritto questa riforma ha volutamente trascurano le gravi condizioni in cui magistrati e avvocati sono costretti già ad operare da anni e, ciò perché l’obiettivo era solo quello di ottenere i fondi del PNRR e non già quello di rendere più efficiente la giurisdizione ed il processo.
Del resto, uno Stato di diritto che si trasforma in un mero Stato economico, perde purtroppo di vista gli obiettivi e le esigenze primarie della Società e dei cittadini e, tra questi sicuramente la troviamo la Giustizia.
Perché prescrivere nuovi termini decadenziali e/o perentori e ancora più restrittivi rispetto al passato non è la soluzione rispetto alle ataviche criticità del processo e della sua durata, anzi questo nuovo quadro normativo costringerà tutti gli operatori del diritto ad una sostanziale resa e accettazione che il sistema giustizia ha fallito in via definitiva, salvo non voler affidare tutto alla sfera di cristallo della Giustizia predittiva e degli algoritmi che costituirebbero la fine del processo e della giurisdizione.
Si tratta di una riforma che chiede ai magistrati di lavorare ancora di più senza fornire però nuove risorse umane ed organizzative e, che chiede all’Avvocatura l’ennesimo adattamento al sacrificio ed ai cittadini di rinunciare ai propri diritti o comunque di rendere sempre più difficile la loro tutela.
Sotto certi aspetti trattasi della peggiore riforma di tutti i tempi e menomale che a scriverla era stato un Presidente della Corte Costituzionale.
Del resto, l’ulteriore paradosso è quello che un Governo diverso da quello che ha generato la Riforma, sarà costretto ad attuarla pur non condividendola in ogni sua parte, tant’è che si parla già di nuovi interventi di riforma.
Certo è che la soluzione di anticipare, addirittura, i tempi di entrata in vigore della Riforma appare una scelta scellerata ed illogica rispetto alle riserve manifestate dall’Avvocatura e dalla Magistratura, mentre gli Uffici Giudiziari continuano a far registrare la carenza di organico ed un carico dei ruoli che oramai impone tempi di rinvii delle udienze inaccettabili, le nuove norme non produrranno alcuna deflazione e piuttosto i tempi di definizione dei processi si allungheranno sempre di più nel civile e nel penale sono plurime le anomalie analizzate, dagli ostacoli alle impugnazioni, alla mortificazione dell’oralità del processo, alla confusione a cui condurrà il regime transitorio (basti richiamare tra le tante la questione della necessità della presentazione della querela entro termini ristretti anche per quei processi in corso).
Tale quadro va ad aggravare una situazione già compromessa e, presente presso i nostri Uffici Giudiziari, caratterizzati dall’avvicendamento ciclico dei giudici, in quanto molti magistrati applicati presso il Tribunale distrettuale sono per lo più di prima nomina, ed in quanto tali una volta maturato il periodo minimo di attività in sede, avanzano istanza di trasferimento per avvicinarsi alle città di provenienza o a sedi lavorative meno disagiate.
Non ultimo in Calabria nessun magistrato avente i requisiti richiesti, ha inteso avanzare domanda per lavorare presso la sede catanzarese della Procura Distrettuale Europea, che pertanto è stata soppressa dal Ministro della Giustizia.
A ciò si aggiunga che il CSM incomprensibilmente, ha disatteso le plurime richieste di integrazione della pianta organica del Tribunale di Catanzaro, che allo stato si presenta in totale affanno su tutte le sezioni civili e penali e con un serio rischio di collassare.
Gravissima appare poi la situazione del Tribunale della Libertà di Catanzaro, ove i pochi magistrati disponibili, sono costretti a prestazioni pressochè impossibili, con il serio rischio di un grave pregiudizio e compromissione per il diritto di difesa, risultando poco credibile che un giudicante possa riuscire – nel brevissimo tempo che caratterizza il giudizio cautelare - già solo a leggere le migliaia e migliaia di documenti e di pagine presenti nel fascicolo della Procura e nei fascicoli della difesa.
Ma questo non è lo Stato di diritto che dobbiamo offrire al Paese.
Sotto altro aspetto, dobbiamo ancora una volta denunciare lo stato tragico delle carceri che necessita di una riforma organica, specialmente in tema di carcerazione preventiva, che va, certamente, limitata a casi eccezionali, ed un favor anche per l’applicazione di pene alternative al carcere, come dovrebbe avvenire con la Riforma Cartabia.
Ciò anche in ragione dei numerosi errori giudiziari che annualmente conducono ingiustamente in carcere, ancora, troppe persone innocenti.
Difatti, nel periodo 2012 / 2021 sono quasi 53 milioni di euro le somme corrisposte per ingiusta detenzione.
E questo senza naturalmente tener conto di quell’esercito di innocenti invisibili che sfuggono alle statistiche, poiché a prescindere dalla loro assoluzione non viene riconosciuto alcun indennizzo !
Nell’ultimo dato risalente all’anno 2021 (per l’anno 2022 non abbiamo ancora dati ufficiali) l’ammontare degli indennizzi è stato pari a circa 2 milioni e 300 mila euro, per un totale di 58 soggetti indennizzati, peggio hanno fatto solo il Distretto di Napoli con 72 casi e quello di Reggio Calabria con 76 casi, primato assoluto per il 2021.
Addirittura nel solo 2018 sono stati oltre 10.378.137 euro (seconda somma più alta di sempre in Italia) gli indennizzi versati per ingiusta detenzione.
Resta inteso che tali indennizzi si riferiscono ad anni pregressi, in quanto tra l’epoca della ingiusta detenzione e quella del riconoscimento dell’indennizzo decorrono più anni.
Purtroppo non si tratta soltanto di sperpero di denaro pubblico, ma piuttosto di tante vite umane che vengono spezzate, spesso in maniera irreversibile, poiché niente sarà più come prima, per costoro.
Nel nostro Paese oramai il semplice status di indagato cuce sul petto di tante persone una sorta di stella gialla dell’infamia: perché essere indagato o rinviato a giudizio o condannato in via definitiva diventa un eguale status.
Perché trattasi di giudizio morale a senso unico, prima che processuale o politico. Si giudica la persona e, non più il reato, poiché siamo arrivati ad esaltare, fino all’assurdo, la cultura (a volte anche giuridica) del sospetto.
I cittadini devono, però, fare affidamento a quella Giustizia, che si regge grazie all’indipendenza, autorevolezza e coraggio dell’Avvocatura, ma anche grazie a quei Magistrati che usano con sapienza ed equilibrio quel loro potere a volte terribile ed a volte irreversibile di cambiare la vita ed il destino del condannato e delle loro famiglie, attraverso l’esercizio della funzione giurisdizionale.
E, questo rispetto verso la vita altrui per opera di questi Magistrati veri è la precondizione per rendere Giustizia con quel grado di umanità che manca alla Società e che manca spesso nelle Aule di Giustizia.
Un magistrato che ha disonorato la toga ha affermato :
“Sono consapevole di aver contribuito a creare un sistema che per anni ha inciso sul mondo della magistratura e di conseguenza sulle dinamiche politiche e sociali del Paese. Non rinnego ciò che ho fatto, dico solo che tutti quelli – colleghi magistrati, leader politici e uomini delle istituzioni molti dei quali tutti ancora al loro posto- che hanno partecipato con me a tessere questa tela erano pienamente consapevoli di ciò che stava accadendo.
Io non voglio portarmi segreti nella tomba, lo devo ai tanti magistrati che con queste storie non c’entrano nulla !
Queste sono le dichiarazioni di Palamara rilasciate nel suo libro/intervista con Sallusti.
Nel nostro Stato gattopardiano uno come Palamara viene trasformato in un nuovo protagonista, ancora più popolare di prima, poiché alla fine nulla è cambiato e nulla cambierà fintantochè non verrà superato il Sistema che rigenera tanti Palamara per continuare a persistere.
Ma paradossalmente le dichiarazioni di Palamara ci svelano che per fortuna sono tanti, credo la maggior parte, i magistrati che non sono coinvolti nel massimo intreccio di interessi tra magistratura e politica, dove le interferenze e le pressioni reciproche sono molti forti, a volte ai limiti della legge penale.
Poiché, qui il vero potere esprime il massimo delle sue doti, nobili e meno nobili !
Ecco perchè, siamo tutti convinti che occorra procedere allo smantellamento degli apparati deviati, di quelli collusi e di quelli che con la ndrangheta fanno affari.
Ma occorre anche che la magistratura giudicante non subisca pressioni mediatiche o peggio ancora condizionamenti ambientali, anche indiretti e/o indotti da fattori contingenti, come la politica e la fame di potere.
Occorre anche che il potere giudiziario con il gioco delle correnti interne non si confonda con gli altri poteri dello Stato, o peggio ancora che non ne influenzi le scelte facendo pressioni sull’esecutivo per impedire ad esempio la separazione delle carriere o la riforma del CSM, compreso il suo sistema elettorale.
Voglio concludere con una metafora l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023.
Gli uomini condannano l'ingiustizia perché temono di poterne essere vittime e, non perché escludono di commetterla.
Ecco perché non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
Grazie.
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