Inchiesta Scolacium, l'incendio al Lido Ulisse di Squillace nel 2017 ricompensato con mille euro

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Incendio Lido Ulisse a Squillace Lido
  26 febbraio 2024 10:32

di PAOLO CRISTOFARO

Era il 3 maggio 2017 quando la città di Squillace veniva svegliata, prima del solito, dalla notizia di un noto stabilimento balneare distrutto nella notte dalle fiamme di un incendio doloso. Si trattava del Lido Ulisse, di proprietà di Francesco Paonessa, imprenditore del luogo. L'allarme era arrivato alle 2:10, a notte inoltrata, presso la Centrale Operativa dei Carabinieri di Girifalco. A chiamare era il sindaco stesso di Squillace, Pasquale Muccari, che era stato a sua volta avvertito e che si era precipitato sul lungomare, abitando oltretutto proprio nel quartiere Lido. 

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In quel frangente grande solidarietà era stata espressa all'imprenditore Paonessa da tutta la cittadinanza, che aveva organizzato anche una manifestazione di indignazione e di condanna verso il vile gesto, denominata "Squillace non si piega". Ora, a distanza di 7 anni, dalle carte dell'inchiesta "Scolacium", della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, coordinata dal Procuratore Vincenzo Capomolla, emergono dettagli precisi anche su quella dinamica criminale. Secondo le ipotesi al vaglio degli inquirenti sarebbe stata la cosca Bruno di Vallefiorita a volere il rogo dell'Ulisse. Un episodio non isolato, dato che l'azione, secondo quanto ricostruito dall'inchiesta, sarebbe stata collegata ad altri delitti avvenuti nello stesso periodo nel quartiere Lido di Squillace. Riferimenti anche all'incendio doloso che ha colpito un altro locale della zona, il ristorante "La cena di Afrodite".

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Il mandante del rogo all'Ulisse, stando alle dichiarazioni rese anche dai collaboratori di giustizia Salvatore Danieli e Francesco Mammone, sarebbe stato Luciano Babbino, noto esponente della consorteria di ndrangheta di Vallefiorita, che si sarebbe servito, per l'esecuzione materiale, di una terza persona, non imputabile poiché ormai deceduta. All'esecutore materiale, sempre in base a quanto riferito dai collaboratori - ma anche in base a quanto captato tramite intercettazioni tra altri due presunti esponenti del sodalizio criminale - sarebbe stata corrisposta la somma di 1000 euro.

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