Il preliminare passaggio nello studio privato del prof Quattrone rappresentava per i pazienti la via principale per accedere agli esami con la risonanza magnetica 3.0 Tesla, di proprietà del C.N.R. e che doveva avere finalità scientifiche. È questo il fulcro dell’indagine della Guardia di Finanza.
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Una storia pruriginosa che travolge l’ex rettore dell’UMG e uno, anzi l’accademico più influente della storia recente dell’ateneo catanzarese. Non c’è soltanto la questione dell’opacità nel flusso dei pazienti dallo studio privato al macchinario dell’ente nazionale di ricerca, ma altri dettagli che emergono dal decreto di perquisizione.
Anzitutto, la documentazione acquisita è parziale poiché le fiamme gialle sono riuscite a ottenere le informazioni sui pazienti che hanno fruito della risonanza fino al 2017. Poi c’è un altro giallo, più recente e che testimonia come negli ultimi mesi il rapporto fra UMG e CNR si sia deteriorato. Tanto è che per non perdere il macchinario è dovuta intervenire la Dulbecco e sbloccarne il trasferimento dai locali dal Policlinico a Germaneto a quelli dell’ex Villa Bianca nel quartiere Mater Domini.
Tornando alla risoluzione del contratto (nel mese di marzo 2023), nel decreto è appuntato come l’università non solo non abbia condiviso i dati con il CNR dei pazienti, ma “abbia perfino sottratto tali dati al CNR stesso in occasione dello sgombero repentino e forzoso dei locali dell’università ospitanti gli strumenti informatici utilizzati per la ricerca scientifica”.
A tal proposito la Nuova Calabria è venuta in possesso della missiva dello scorso 6 marzo a firma del direttore dell’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia molecolare del CNR Danilo Porro all’indirizzo dell’allora rettore dell’UMG Giovambattista De Sarro e del dg dell’ateneo Roberto Sigilli. Un documento immediatamente successivo allo sgombero. “L’Università Magna Graecia – si legge - , a mezzo dei suoi incaricati nel disattendere ogni legittima richiesta del CNR, procedeva, vis maior e nell’orario da essa indicato, a rimuovere i suddetti server, peraltro neppure considerando le legittime rimostranze del CNR in loco…”. E ancora, prosegue la lettera di Porro, nel ricordare la redazione del verbale: “il suddetto non è stato sottoscritto dal Responsabile della Sede IBFM di Germaneto in quanto non conforme al reale accadimento dei fatti e non suscettibile di modifica a parere dell’Università… il verbale, non riporta che il CNR si è opposto allo spostamento dei server contenenti dati di proprietà dello stesso e il fatto che l’Università non ha consentito l’accesso da remoto all’ufficio ICT del CNR”.
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