
di FRANCESCO IACOPINO*
Ci sono monologhi televisivi recitati in salotti eretti a santuari e basiliche. Narrazioni fake che alimentano il culto della divinità. Canonizzazioni celebrate dai sacerdoti laici dell’informazione, pronti a sacrificare il ruolo di sentinella sull’altare degli idoli del nostro tempo. Verità assolute dispensate brandendo il dogma dell’infallibilità.
E poi c’è la cruda matematica della realtà: una contabilità del dolore che esplode, puntuale, per ricordarci che questa NON È giustizia, ma macelleria sociale. Una matematica impietosa che presenta il conto di un bilancio consuntivo fallimentare: la bancarotta del diritto penale massimo, onnivoro, a trazione anteriore, che avrebbe dovuto bonificare la Calabria dal male e che, invece, ha finito per ridurre in brandelli vite, famiglie, aziende. Persone e circuiti economici che non riusciranno più a riemergere dalla montagna di macerie che li ha sepolti.
Eppure, chi in quegli anni difficili — che prima o poi la storia giudiziaria di questo Paese dovrà incaricarsi di ri-scrivere — ha osato affermare che il re era nudo, che le passività dei “danni collaterali” erano diventate insopportabili, che non si può ripulire il mare con la rete a strascico, veniva bollato come nemico del bene comune, fiancheggiatore del malaffare, “detrattore” dell’eroe civile. La storia giudicherà, prima o poi. E almeno chi ha avuto il coraggio di nuotare controcorrente, non adagiandosi sul mainstream, non verrà collocato tra i pavidi e gli ignavi.
Quanto sarebbe importante recuperare uno spirito critico e riflettere bene, prima di lasciarci trascinare dalle folle nei riti laici che incoronano, per acclamazione, i “giustizieri” della post-modernità.
Intanto, al 31 ottobre 2025, gli innocenti indennizzati sono già 535: numeri da brivido. Nei soli primi dieci mesi del 2025 sono state liquidate 535 domande di ingiusta detenzione; di queste, ben 126 — il 23,55%, quasi un quarto dell’intero Paese — a Catanzaro, per la modica somma di 4.311.000 euro. Altro che numeri al di sotto della media nazionale. Sono i numeri della vergogna.
Una cifra della quale, come sempre, nessuno risponderà. Men che meno chi l’ha generata: troppo incenso.
Sarebbe almeno auspicabile che, davanti alla nuda aritmetica della realtà, qualcuno trovasse la decenza di chiedere scusa. Ma temo preferirà continuare — più comodamente e more solito — a negare l’evidenza.
* presidente Camera penale “Alfredo Cantàfora” di Catanzaro
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