"Oggi,10 giugno, si celebra la giornata internazionale della NASH: milioni di persone, in tutto il mondo, sono a rischio di sviluppare malattie del fegato potenzialmente fatali, come la NAFLD e la NASH che è la sua forma avanzata", così il professore Ludovico Abenavoli, Direttore della Scuole di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente Università Magna Graecia di Catanzaro e Presidente regionale Calabria-Basilicata Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (SIGE).
"La NAFLD o malattia del fegato grasso e la NASH o steato-epatite non alcolica possono insorgere quando il grasso continua ad accumularsi nelle cellule epatiche, determinando un’infiammazione e, quindi, un danno. Allo sviluppo di questo quadro clinico contribuiscono, oltre alla predisposizione genetica, anche un regime alimentare ipercalorico caratterizzato da cibi spazzatura e associato a sedentarietà. Si stima che, in Italia, circa il 25% della popolazione abbia il fegato grasso e, di questi, circa 1 milione di italiani è affetto da epatite su base metabolica e cioè non legata a virus o all’abuso di alcol. I sintomi della NASH sono difficili da riconoscere, ma possono includere stanchezza e dolore addominale a livello sottocostale destro. Per questo motivo, le persone con NASH, spesso, non sono consapevoli delle loro condizioni di salute, fino a quando la malattia non progredisce nelle forme avanzate", continua Abenavoli.
"La NASH è un importante fattore di rischio per molte altre malattie. Le persone che vivono con la NASH, di solito, hanno un elevato rischio di sviluppare altre patologie quali obesità, diabete di tipo II, malattie cardiovascolari e tumori. Recenti studi indicano come i soggetti portatori di NASH abbiano un rischio maggiore di manifestare forme severe di COVID-19. Il primo e fondamentale passo per il trattamento di questa malattia del fegato, è rappresentato dall’adozione di un corretto stile di vita, caratterizzato da un’alimentazione salutare e dall’incremento dell’attività fisica. A questo proposito, le linee guida internazionali segnalano l’efficacia della dieta Mediterranea, nel trattamento della NASH. Questo regime alimentare, descritto per la prima volta in Calabria ,nel 1957, dallo studioso americano Ancel Keys, si basa sul consumo di alimenti delle terre del Mediterraneo come cereali, legumi, ortaggi, frutta, olio d’oliva, prodotti della pesca e un po’ di vino (prevalentemente rosso), che garantiscono un appropriato bilancio tra apporto e dispendio energetico per tutte le fasce d’età", spiega Abenavoli.
Conclude: "Infine, è importante evidenziare come, anche in Calabria, sia possibile realizzare una ricerca d’eccellenza. Infatti, da anni, il nostro gruppo partecipa attivamente a molti progetti di ricerca e collaborazioni a livello nazionale ed internazionale, che hanno portato alla pubblicazione su prestigiose riviste scientifiche, di articoli focalizzati proprio sulla migliore conoscenza dei meccanismi alla base della NASH e sul suo trattamento ottimale".
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