Intervista al direttore Opera salesiana di Soverato: "Serve conoscere di più il mondo giovanile"

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Don Domenico Madonna, Direttore Opera Salesiana Soverato

Per don Domenico Madonna "nessun ragazzo è difficile. Se proprio si gradisce utilizzare l’aggettivo “difficile”, allora rispondo che lo hanno reso difficile"

  28 febbraio 2024 14:01

di ROSSELLA PAONE

I giovani, gli oratori e il pensiero di Don Bosco ripercorsi nell'intervista a don Domenico Madonna, Direttore Opera Salesiana Soverato, una della realtà più importanti del comprensorio, che definisce i giovani "portatori di preghiera”.

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Nel film Don Bosco di Leandro Castellani, con uno straordinario Ben Gazzara, a un certo punto, nell’esprimere il suo grande sogno, don Bosco immagina gli oratori e le chiese salesiane che verranno istituiti in futuro; è un momento davvero suggestivo. Vedere oggi le realtà salesiane, gli oratori animati da tanti ragazzi, rende la figura di don Bosco ancora viva oltre la sua santità, cosa ne pensa?

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"Don Bosco è sempre attuale, non invecchia, perché lo Spirito lo ha suscitato e guidato, e lo Spirito (nonostante ci sia chi ci accusa di spiritualismo) è sempre nuovo, è il Vivente. Inoltre, don Bosco è stato scelto per curare la “parte più preziosa” e bella della società: i giovani. I giovani sono vivi, creativi, fantasiosi, sognatori, desiderosi di costruire un mondo possibile. Anche i giovani rendono vivo il nostro carisma".

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È stupendo ascoltare i ragazzi cantare le canzoni che raccontano don Bosco, ripercorrere a scuola le tradizioni impartite tanti anni fa, la castagnata, il panino con la mortadella durante i giorni di festa, come riesce don Bosco a esercitare ancora oggi un carisma così forte?

"Don Bosco - come dice Papa Francesco- abita e vive in mezzo al gregge e profuma di gregge, e il gregge lo conosce e lo segue, si fida di lui, si sente amato da don Bosco". Don Bosco ci ha chiesto di dire ai giovani che li amiamo e chi si sente amato ama. Ecco perché il carisma salesiano è forte".

Cosa è rimasto di immutato del percorso salesiano dalla fondazione a oggi e su cosa, invece, bisogna lavorare  ancora?

"Don Bosco ha scritto una lettera “da Roma” un vero e proprio trattato spirituale e pedagogico, in cui chiedeva ai suoi figli salesiani di restare in mezzo ai ragazzi e di non stare lontano affettivamente ed effettivamente dalla loro vita con tutte le gioie e le difficoltà che essa abbraccia. Dunque, è rimasto immutato questo desiderio di don Bosco, sul quale bisogna sempre lavorare perché i giovani non si sentano ulteriormente abbandonati".

 Don Bosco era un uomo che si metteva in discussione. In cosa occorre mettersi in discussione oggi?

"Credo sia necessario conoscere maggiormente il mondo giovanile, facendo aggiornamento, studiando le metodologie adeguate per accogliere i nuovi linguaggi, gli stili di vita dei giovani e le loro poco conosciute problematiche interiori".

Per don Bosco: “In ogni ragazzo vi è un seme di bene, basta farlo germogliare!” Quando un ragazzo è da considerarsi “difficile”?

"Nessun ragazzo è difficile. Se proprio si gradisce utilizzare l’aggettivo “difficile” allora rispondo che lo hanno reso difficile. Gli adulti, compreso il sottoscritto, potrebbero lasciarsi accompagnare per definire con maggior cura la diagnosi che caratterizza ciascuno e affrontare la “malattia umano-spirituale” che si riscontra. Se ci fossero più guide sagge e pazienti i giovani non si disperderebbero".

Alla luce di queste considerazioni, il percorso con i ragazzi quali strumenti necessita nei contesti odierni?

"Laddove ci fossero ragazzi difficili, il primo passo è contattare e dialogare con la famiglia. La relazione che va coltivata con il ragazzo è essenziale. Così il suo inserimento in contesti più curati, rispetto a quelli in cui vive, e in attività che gli consentano di ritrovare se stesso. Successivamente potrebbe favorire la sua maturazione l’inserimento in un gruppo formativo formale e “non” in cui sperimentare i tratti propri della sua persona e scoprire le ricchezze personali dei suoi coetanei".

Una sua riflessione sulla preghiera e i giovani, la musica e il gioco nella preghiera…

"I giovani amano pregare, nonostante si pensi il contrario. Don Fabio Rosini al Convegno di Pastorale Giovanile per la Famiglia Salesiana del Sud Italia, tenutosi a Roma nel 2022, mi ha segnato e illuminato con una sua affermazione: «Io non faccio altro che leggere il Vangelo che hanno dentro». Dunque sono “portatori di preghiera”, anzi sono una preghiera vivente anche quando non sono consapevoli di questo dono. Riguardo alla musica, il gioco, e tanto altro, i giovani sono una miniera inesplorata e le risorse che hanno sono diverse e originali".

Quando sente particolarmente vicina la presenza di don Bosco nella sua missione e in quali momenti nel percorso con i ragazzi domanda, invece, il suo supporto?

"Don Bosco ogni giorno l’ho percepisco accanto, in modo particolare quando mi vengono tante idee per raggiungere i ragazzi e riscontro scetticismo e leggere opposizioni nel momento di confronto con alcuni di coloro con cui lavoro. Sicuramente non tutto ciò che mi passa per la mente è la via preferenziale per arrivare ai giovani, ma noto tanta stanchezza interiore nel mettersi al servizio dei più deboli. Dunque, chiedo a don Bosco che faresti? Come ti sei posto dinanzi alle “opposizioni”? Lui ha sempre detto che si «lasciava guidare dalle ispirazioni interiori e dalle circostanze esterne che il suo tempo manifestava»".

 Cosa le ha fatto amare in particolar modo lo spirito salesiano?

"La vita comunitaria con i miei confratelli, la passione per i giovani soprattutto i più poveri, la grande famiglia a cui appartengo e le diverse sfumature del carisma nelle migliaia di presenze salesiane nel mondo. Pensi che ad oggi siamo presenti in circa 135 nazioni, che ricchezza!"

 Cosa si augura per le realtà salesiane?

"Che restino fedeli a don Bosco secondo le Costituzioni che lui ha scritto e la Congregazione ha rivisitato negli anni per rafforzare la fedeltà dei suoi figli salesiani".

L’Opera Salesiana di Soverato quali mete si prefigge?

"Oggi la comunità educativa pastorale (CEP) animata dal suo consiglio e dai salesiani, che sono la vela che spinge ma non decide la direzione della rotta, si prefigge di verificare il PEPS (Progetto Educativo Pastorale Salesiano). Il PEPS non è un documento monolitico, intoccabile, quanto piuttosto una carta di navigazione che necessita di continui aggiustamenti di rotta, un cammino non facile che nella vita cerca la sua validazione più efficace e nella vita stessa ritrova le correzioni necessarie. Inoltre, sta riflettendo e realizzando proposte che rispondano ai “segni dei tempi” e alle necessità dei giovani e delle loro famiglie. Le cose messe in atto sono già tante, ora le stiamo verificando in vista di un loro consolidamento. Sicuramente desideriamo continuare ad essere un polo culturale per la Calabria anche ricollocandoci pastoralmente".

 Il suo approccio con i ragazzi, quali sono gli ingredienti dai quali non si può mai prescindere?

"La pazienza, la mitezza, l’ascolto e il sincero interessamento alla loro vita e alla loro famiglia".

Don Bosco sognava tanto, a occhi chiusi e a occhi aperti. Quanto è importante, a qualsiasi età, continuare a  sognare?

"Rispondo a questa domanda con una frase di un poeta, Kahil Gibran: «E come i semi che sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera. Fidatevi dei vostri sogni, perché in essi è nascosto il passaggio verso l’eternità»"

Tre aggettivi per raccontare don Bosco… Umile, forte e robusto.

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