
di MARILINA INTRIERI
Rino Formica ha scritto parole severe contro il referendum sulla giustizia, parole che pesano che vengono da un uomo che ha fatto della libertà e del garantismo la propria bussola politica. Per questo, il suo NO sorprende. Perché oggi il Sì non è il grido del populismo giudiziario ma la voce di chi chiede una giustizia più credibile e più giusta, un voto quindi di fiducia nella democrazia, non di sfiducia nella magistratura.Votare SI per chiedere che la carriera dei magistrati torni ad essere regolata dal merito, non dalle appartenenze.Il CSM, oggi e’,perlopiu’, una macchina di cooptazioni e correnti. Non è la Costituzione a volerlo così ma sono le prassi che nel tempo lo hanno deformato.È la difesa dell’autonomia del giudice contro la politica interna alla magistratura.
Chi difende la mescolanza tra funzioni in nome dell’“unità della giurisdizione” dimentica che l’unità non è confusione: il giudice deve poter giudicare, non accusare. La separazione delle funzioni e’ una garanzia per l’imparzialità. E sulla custodia cautelare il Sì non libera criminali, ma restituisce dignità al principio che la libertà personale è la regola, la sua limitazione l’eccezione. Il garantismo socialista,quello di cui Formica è stato voce alta e libera, e quello dei cattolici democratici, nasceva per difendere il cittadino dagli abusi del potere, non per giustificare le inerzie del sistema. Oggi dire Sì significa riprendere quel filo. Non per indebolire la giustizia, ma per renderla più giusta. La Costituzione non teme la riforma. Teme, semmai, l’abitudine.
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