di Marilina Intrieri
Il ritorno in Italia dei parlamentari e giornalisti coinvolti nella Flottilla è accompagnato da dichiarazioni di forte indignazione per i trattamenti subiti nelle carceri israeliane. Denunce che riportano al centro il tema dei diritti umani, ma che non possono essere lette al di fuori del contesto in cui tutto è accaduto: quello di una guerra.
In scenari di conflitto, la tutela dei diritti fondamentali rimane un principio irrinunciabile, ma inevitabilmente si scontra con la durezza dei fatti. Chi sceglie di prendere parte a una missione di rottura in un teatro di guerra sa di affrontare rischi concreti, dall’arresto fino alle conseguenze più estreme. Illudersi del contrario significa ignorare la realtà.
La libertà di protesta è un diritto che va difeso, ma non può diventare alibi per ignorare la responsabilità che ciascuno si assume varcando una linea rossa. Lo Stato italiano con l’invito del presidente della Repubblica eccon l’intervento del ministro della difesa che oltre un certo confine non sarebbe stato più in grado di tutelare i propri cittadini: eppure, nonostante l’avvertimento, alcuni hanno scelto di partecipare comunque alla Flotilla.
Qui si innesta il tema più delicato: un gruppo di manifestanti, per quanto animato da ideali di solidarietà, non può pensare di incidere unilateralmente sul corso di rapporti internazionali complessi, che riguardano equilibri di guerra e la sicurezza di un intero popolo, quello italiano, cui un governo deve rispondere. La scelta di pochi non può scaricare conseguenze sulla collettività.
Per i parlamentari coinvolti, poi, la responsabilità è doppia: la loro testimonianza non è mai solo personale, ma assume un valore politico e istituzionale che pesa sulle relazioni internazionali del Paese.
La vicenda della Flotilla, dunque, non si chiude con la liberazione. Diventa piuttosto un monito: la solidarietà è un valore, ma non può tradursi in gesti che mettono a rischio se stessi e l’intera comunità nazionale. In guerra i diritti restano essenziali, ma non valgono da scudo contro la realtà: la consapevolezza dei rischi e il senso di responsabilità restano l’unico argine possibile.
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