di CLAUDIA FISCILETTI
Ludovica Staglianò, sociologa di Chiaravalle Centrale in provincia di Catanzaro, a 22 anni poteva scegliere di andare via, di lasciare la sua terra per trovare lavoro e fortuna in qualche altra zona d’Italia, invece ha deciso di rendere il maneggio di famiglia, il Maneggio Sirio, un centro ippico che si occupa dell’ippoterapia, con ragazzi che vi giungono da più parti della Calabria, come Lamezia Terme e Reggio Calabria. Laureata in Sociologia, la dottoressa Staglianò ha poi frequentato un corso in Sicilia in cui ha conseguito la qualifica di tecnico ERD (Equitazione Ricreativa Diversamente abili) e, oltre a lavorare al maneggio fa anche parte dell’equipe di sostegno del liceo scientifico di Chiaravalle e della scuola media. “Perché dovrei creare o prestare il mio lavoro in un altro luogo quando posso farlo qui a casa mia? Da questa domanda mi è venuta l’idea di trasformare il maneggio in un centro che tratta l’ippoterapia”, spiega la dottoressa che ha fatto dell’ippoterapia e dei suoi studi sulla disabilità il motivo per aiutare la sua terra, arricchendola con qualcosa che può essere d’aiuto agli altri.
Dottoressa Staglianò, innanzitutto cos’è l’ippoterapia e quali sono i benefici che da ai ragazzi e ai bambini disabili?
“L’ippoterapia è destinata soprattutto ai soggetti che hanno determinate disabilità, è indicata nello specifico per l’autismo, i problemi relazionali, la sindrome di down e anche per alcune patologie a livello logico cognitivo. Nel maneggio abbiamo due strutture, una all’aperto che è la struttura principale in cui ci sono le scuderie e gli uffici, è la seconda è il campo coperto che abbiamo adibito per potervi lavorare soprattutto durante l’inverno onde evitare le intemperie del periodo, perché la terapia avere una determinata continuità. Fare terapia da luglio ad ottobre non darebbe i suoi frutti. L’ippoterapia utilizza il metodo del cavallo per arrivare a determinati fini, non è una terapia farmacologica ma è quella che io chiamo terapia delle emozioni. Seguo i bambini autistici e adolescenti che si trovano in uno stato di disagio sociale dovuto ad un’emotività che non riescono a controllare, magari con effetti derivanti da traumi scolastici o infantili che portano la persona a chiudersi in se stessa. In base al soggetto uso metodi diversi, non mi limito solo alla seduta di ippoterapia ma applico la metodologia delle relazioni, li faccio rimanere con me al maneggio chiedendo il loro aiuto. Questo perché il soggetto deve prima trovare il suo punto di forza, portandolo a fargli capire che ricopre un ruolo attivo nella società. Al maneggio i ragazzi si sentono a casa perché da noi non esiste diversità. Sin dall’inizio ho voluto che far capire che tutti possono fare tutto e tutti sono uguali”.
Come continuerà a sviluppare questo suo lavoro con la disabilità e l’ippoterapia?
“Vorrei aprire un centro psicopedagogico, sempre nel territorio di Chiaravalle, in cui la prima terapia è proprio l’ippoterapia, e poi far rientrare tutte le altre terapie basic come la logopedia e la psicomotricità. A queste però vorrei aggiungere una ventata di innovazione cioè vorrei portare la terapia delle arti, quindi la musicoterapia, l’arteterapia, la danzaterapia, che purtroppo sono molto sottovalutate pur avendo valenza non solo a livello fisico e psicologico ma soprattutto emotivo”.
Con la quarantena causata dal coronavirus i ragazzi non possono venire al maneggio, ha un modo per stare comunque vicino a loro e vicino alle famiglie?
“Sto usando un percorso che ho inserito già da ottobre, il parent training, affiancata dalla psicologa Elisa Vetrò. Ho voluto fortemente inserirlo perché mi sono resa conto che le famiglie hanno bisogno di comprendere ed essere comprese. Se non comprendono la patologia del proprio figlio non possono indirizzarlo ad intraprendere una terapia che possa fargli bene. Ai genitori chi può garantire le spiegazioni dovute? Quindi ogni bambino che seguo con l’ippoterapia è seguito anche dalla psicologa che si occupa non solo degli aspetti legati all’ippoterapia ma soprattutto si occupa dei percorsi familiari, scolastici ed extrascolastici. Una volta al mese c’è l’incontro con me e con i genitori per la valutazione del percorso intrapreso. Questo è un modo di aiutare bambini e famiglie soprattutto in questo periodo di stop continuando a sopperire a queste esigenze tramite uno sportello psicologico gratuito, a cui i genitori si possono rivolgere per qualsiasi evenienza. La terapia è in standby perché non si può fare a distanza. Mando però video e foto dei cavalli ai ragazzi perché non si devono sentire abbandonati”.
Ha altri progetti che è riuscita a realizzare?
“Sempre con la psicologa Elisa Vetrò abbiamo creato un progetto di prevenzione sociale che si chiama “Oltre il cavallo”, che è stato approvato da vari comuni del territorio come quello di Vallelonga, Cardinale e San Vito. E’ un progetto che dura tre mesi e sia a Vallelonga che a Cardinale lo abbiamo concluso, a San Vito avremmo dovuto concluderlo a febbraio ma il coronavirus non ce l’ha permesso. “Oltre il cavallo” nasce per sviluppare l’aspetto emotivo che l’uso dei mezzi tecnologici tende ad eliminare, e non riguarda solo l’ambito della disabilità ma è esteso a tutti i bambini dalla quinta elementare alla seconda media, perché è l’età in cui si ha un uso spropositato dei mezzi tecnologici. Abbiamo riscontrato che i ragazzi non solo si chiudono in se stessi ma hanno una problematica di alfabetizzazione emotiva, quindi facciamo laboratori di problem solving, emozionali, parlando di emozioni proprio attraverso l’uso dei cavalli, arrivando a dei risultati ottimi, dal momento che i bambini alla fine hanno scritto dei temi in cui hanno spiegato di aver compreso l’importanza delle emozioni primarie”.
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