di GIULIA CRICELLI
Un alone luminoso attorno alla luna nella tradizione popolare annuncia l’arrivo del maltempo. È questo fenomeno, chiamato “cani lunari”, a dare il titolo al nuovo progetto di Francesco Marilungo, presentato per la prima assoluta all’Anfiteatro di Soverato ieri, sabato 6 settembre, nell’ambito del festival IRA, diretto da Pietro Monteverdi con curatela artistica di Settimio Pisano.
Cinque donne emergono dal buio. Prima una, poi quattro. Lentamente iniziano a muoversi, ondeggiando fino a trasformarsi nei corvi che abitano la scena, vivi attraverso i loro gesti, i loro corpi, la loro voce.
Con il vento che ha accompagnato la performance, apparso quasi invocato, il debutto di “Cani Lunari” ha trovato il suo contesto ideale.
Lo spettacolo unisce ricerca coreografica e tradizione popolare. Marilungo si ispira alle figure di streghe e guaritrici. In Calabria, queste presenze prendono forma nelle magare, donne custodi di riti antichi e saperi popolari, capaci di dialogare con gli elementi. Come i corvi che abitano la scena, le magare sembrano muoversi tra mondi visibili e invisibili, echi di gesti e formule che ancora oggi parlano di protezione, mistero e trasformazione. La loro memoria attraversa la danza, rendendo la performance un ponte tra donne, natura e magia.
Vera Di Lecce, Barbara Novati, Roberta Racis, Alice Raffaelli e Francesca Linnea Ugolini danno vita a un rituale collettivo. I costumi bianchi richiamano la tradizione del sabba, mentre la danza diventa attraversamento e trance accompagnata da musica elettronica intrecciata a formule magiche italiane. La voce di Vera diventa canto ipnotico, mormorio ancestrale, tessuto sonoro che spinge chi guarda dentro una dimensione sospesa.
Cani Lunari non è solo danza. È magia. Un rituale attraverso corpo, spazio, suono e percezione. È metamorfosi, radici e tradizioni. Un invito a lasciarsi attraversare dall’etere e recuperare antiche conoscenze.
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