di JASMINE CRISTALLO
Il dibattito politico sulle prossime elezioni regionali in Calabria si sta incanalando nella direzione di una sconfitta, ennesima, del centrosinistra. Il quadro che si sta delineando, infatti, ripropone lo schema già sperimentato e perdente del 2020, ovvero la frammentazione delle forze alternative alla destra a trazione Lega. L'ultimo passo verso il "cupio dissolvi" in ordine di tempo l'ha compiuto il PD calabrese con l'indicazione del candidato a presidente: indicazione che non è frutto, né espressione di un lavoro di condivisione con gli altri partecipanti al tavolo delle trattative. Tale decisione, è carica di una negatività nel metodo e nel merito.
Era stato proprio il Pd Calabria a promuovere nei mesi scorsi un tavolo fra forze politiche, associazioni, movimenti, che si richiamavano al centro sinistra e alla sinistra, con cui ricercare i temi comuni per un programma e una sintesi di esso con una candidatura condivisa. Era quella una condizione per superare steccati, divisioni, e avviare una fase di politica nuova, di inclusione, allargamento del perimetro politico iniziale, con cui provare a lavorare alla nascita e crescita di una nuova classe dirigente. In questo cammino verso l'autodistruzione, però, il PD è solo uno degli attori in campo. Perché i primi ad arrivare su questa strada sono stati gli "arancioni".
De Magistris e Tansi, infatti, autonomamente e in spregio del faticoso lavoro di cucitura e convivenza fra le forze che si richiamano al centrosinistra, in nome solo della propria personalissima affermazione hanno avanzato proposte di candidature e di spartizione delle più alte cariche della Regione come se nessuno, oltre a loro, avessero titolo per interloquire. Per quanto riguarda il M5S, al momento è noto ai più solo l'alto tasso di litigiosità interno, che fra l'altro mortifica chi al loro interno si è speso con laboriosità e dedizione alla formazione di uno schieramento vincente e competitivo. A questo punto nessun solone può dare lezioni a nessuno.
Tra le altre cose, la scelta del PD Calabria, di fatto vanifica, (intenzionalmente) se non addirittura intralcia e nega l’azione di Zingaretti volta ad indicare il perimetro delle forze entro il quale maturare un'intesa strategica, che funga da polo di attrazione per movimenti e soggetti attivi sul territorio, al fine di rifondare il centro sinistra, e candidarlo autorevolmente alla guida del paese, e nel nostro caso della Regione. In tutto ciò il grande assente è la Calabria.
Per riprendere questo cammino occorre che tutti facciano un passo indietro ritirando le candidature avanzate e ragionando tutti insieme sui temi prioritari e sulla scelta di candidature in grado di unire e non di dividere, di mobilitare le nuove generazioni e riportare al voto e all’impegno quelle del passato che non si sono sentite rappresentate dalle scelte dell’ultima consultazione elettorale. C’è un enorme bacino di astenuti che dobbiamo vivificare e motivare se vogliamo governare la Calabria. Il mio è un appello perché fino alla fine si tenti l’impossibile, per riprendere un cammino unitario, inclusivo, di discontinuità vera e di progettualità trasparente, per contendere prima di tutto all’intesa ‘ndrangheta-politica-affari il governo della Regione, congiuntamente al contrastare le volontà e metodologie fameliche della destra, alla vigilia dell’impiego degli aiuti europei.
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