di MARCO VALLONE
Il terzo appuntamento della rassegna “Jazz on the rock”, andato in scena ieri sera alla Scogliera di Pietragrande sotto la direzione artistica di Andrea Porcelli, ha visto ospite il virtuoso pianista jazz Danilo Rea. Artista di livello internazionale, Rea si è esibito di recente ad Istanbul, in Turchia, ma anche a Barcellona, Bruxelles e Salonicco. A maggio dello scorso anno ha incantato l'Istituto italiano di cultura a Londra, senza contare le tantissime date in cui la sua musica ha fatto il giro di ogni regione italiana.
Quello tenutosi nella serata di ieri è stato un vero e proprio one man show, uno spettacolo musicale nel quale non ci si poteva distrarre un attimo (talmente grande, infatti, è stata la verve d'improvvisazione del musicista). Non si faceva in tempo a capire in quale mondo Danilo Rea stesse portando l'ascoltatore che, subito, d'un lampo, si veniva trasportati in un altro continente artistico e musicale. A margine dunque di un concerto che potrebbe considerarsi come una sorta di giro del mondo artistico al pianoforte, in cui ci si perde piacevolmente senza dimenticare l'incanto, il pianista nato a Vicenza ma cresciuto a Roma ha rilasciato un'intervista ai nostri microfoni.
Tenuto conto di un repertorio musicale che va da Puccini, Rossini e Verdi, passa per Beethoven, e arriva fino a Ligabue, Lucio Dalla e i Coldplay, la curiosità relativa a quanto l'ispirazione ad altri musicisti conti nella musica di Danilo Rea è tanta. “Stasera ho fatto anche Lady Gaga” ha affermato il pianista, conscio della grandissima varietà proposta nel concerto. Ed altrettanto interessante è capire quanto invece l'improvvisazione sia importante nella sua opera musicale, considerato che si fa riferimento a un artista che non vuole restare confinato in una determinata struttura musicale e che, quando si ispira a pezzi altrui, poi li stravolge con una grandissima libertà, provocando il piacevole stupore del pubblico. Relativamente a questi temi, Danilo Rea ha affermato che, intanto, “l'ispirazione è fondamentale perché non è detto che un musicista di jazz sia sempre completamente ispirato. In un certo senso ci sono dei musicisti che studiano molto l'improvvisazione, e forse la studiano in maniera molto teorica. Io sono cresciuto non sui libri, ma l'ho imparato suonando coi jazzisti americani che venivano a suonare in Italia e che non avevano una lira. E quindi dovevano per forza suonare con noi italiani, perché non potevano permettersi di portare un gruppo: sto parlando di gente come Chet Baker e Lee Konitz, cioè musicisti che hanno fatto la storia del jazz. Quindi ho imparato sul campo, ecco, e questo per me è stato il più grande insegnamento perché ho scavalcato completamente la teoria, e quindi il lato teorico. Sì, ovviamente ho fatto il conservatorio e ho studiato musica classica, però il jazz l'ho imparato ad orecchio. E secondo me il jazz è proprio una musica che va imparata ad orecchio, con tutto che oggi è entrata nei conservatori. Io stesso ho insegnato nei conservatori, a Santa Cecilia a Roma per quasi 7 anni. Però il jazz va imparato sul campo, perché è un tipo di musica che più la suoni e meglio è. Più rischi e meglio è. Molti musicisti, quando salgono sul palco, per l'80% eseguono e improvvisano ciò che hanno studiato a casa. Invece questa percentuale può cambiare e volgere a favore dell'improvvisazione: quindi della follia, della ricerca dell'emozione e della nota, anche sbagliata, che si può tramutare in creatività”.
Relativamente a quali siano i suoi progetti per il futuro, ricordando oltretutto le sue importanti collaborazioni con artisti quali Claudio Baglioni, Mina e Pino Daniele, Danilo Rea ha precisato come attualmente abbia “tre progetti in atto nuovissimi. Uno è una follia che mi è stata proposta da due amici, che sono Stefano Mastruzzi del Saint Louis di Roma e Roberto Grossi. Mi hanno chiesto d'improvvisare e di accompagnare le voci liriche del passato: quindi Caruso, la Callas, Beniamino Gigli, Tito Schipa, Mario Del Monaco. Quindi, durante il mio piano solo, con un tasto che premo sul pianoforte io do il via a queste grandi voci. Ci sono degli aiuti, dei filmati che partono insieme alle voci, e io accompagno, che so, ad esempio Caruso che canta una canzone napoletana o un'aria d'opera. Sto portando in giro per il mondo questo progetto: adesso andrò ad Osaka, e addirittura mi era stato proposto di andare a suonare a Singapore sull'Amerigo Vespucci che era lì. Proprio sulla nave. Sarebbe stato molto bello, però in realtà io devo andare a Buenos Aires: quindi devo fare il giro dall'altra parte del mondo e non posso. Però, insomma, questa cosa sta andando molto fuori dall'Italia proprio perché rappresenta l'Italia: la lirica più i cantanti italiani del passato. Poi sto facendo un progetto su Billie Holiday, con mia figlia Oona che canta e con Barbara Bovoli. Saremo a Roccella il 25 Agosto, e anche ad Amendolara. Insomma, facciamo tante cose. Questi sono i due progetti nuovi che ho, e ne ho fatto anche un altro: un omaggio che mi è stato sempre proposto, e che ho abbracciato con grande voglia di imparare e di farlo, cercando di farlo a modo mio ovviamente. E' un progetto su Sakamoto, che mi è sempre piaciuto tantissimo e che è stato un grande compositore. Purtroppo è morto da poco, e dico purtroppo perché aveva tantissime cose da dire: ogni suo disco è una perla di musica, che si tratti di musica elettronica o di musica da film. Quindi sto facendo questa cosa dedicata a lui. In alcuni momenti entra Martux_m, che è un amico musicista elettronico che mi accompagna per quello che riguarda l'omaggio alla musica elettronica perché, come sapete, Sakamoto non ha scritto solo per musica da film, per Bertolucci e tantissimi grandi registi, ma ha composto anche tantissima musica elettronica. Quindi Martux, all'interno di questo spettacolo, esegue 3 o 4 interventi, ed anche quello è interessante. Perché la musica è una sola: l'importante è chi suona e quello che vuole esprimere”.
Infine, sul finire della chiacchierata, Danilo Rea ha regalato alcune considerazioni sulla Calabria, e sul magnifico luogo in cui ha dato spettacolo durante la serata: la Scogliera di Pietragrande. Il grande pianista ha affermato di essersi ispirato, nel concerto, alla bellezza del posto: “Prima di venire avevo già visto la foto di dove avrei suonato perché me l'ha spedita Vittorio Pio. E ho detto ' caspita, che meraviglia'! Mi ha detto che stasera avrei suonato qui, e allora ho risposto 'Vabbè, allora è facile'! Poi quando Andrea Porcelli mi ha chiamato, ed oggi sono arrivato qua praticamente, ero senza parole. La regione, lo sappiamo, è meravigliosa. E' una regione incredibilmente bella, e qui, quando hai degli amici, li hai praticamente veramente: diventano dei veri amici insomma. E' un luogo a cui sono molto legato perché io vengo praticamente da tantissimi anni, con Sergio Gimigliano e il Peperoncino Jazz Festival. Adesso, con Andrea Porcelli, mi sono fatto un nuovo amico nell'ambito di questo bellissimo Festival che, ho letto, ha avuto ospiti dei musicisti molto importanti, che sono anche degli amici: Fabrizio Bosso e Stefano Di Battista. Grandissimo trombettista e grandissimo sassofonista. Quindi è una regione dove di jazz se n'è fatto tantissimo, e c'è un pubblico competente e molto attento. Io stasera ho sentito una grande attenzione: non mi sono mai fermato durante il piano solo, ed ho suonato forse un'ora e mezza. Non ho sentito un suono (si riferisce al fatto che ci fosse massima attenzione nell'ascolto da parte del pubblico, chiaramente ndr). Questo significa che chi ascolta non solo è interessato, ma ha anche una competenza tale da non potersi distrarre”.
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