La Cineteca della Calabria al Cataniafilmfest 2021 presenta il volume su Vittorio de Seta

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  06 dicembre 2021 17:13

È stato presentato al Cataniafilmfest 2021 il libro della Cineteca della Calabria Vittorio de Seta /Lettere dal Sud edito per il decennale della scomparsa.  Nella bella cornice della manifestazione cinematografica diretta da Cateno Piazza e Emanuele Rauco, dedicata al cinema indipendente, il Presidente della Cineteca della Calabria ha parlato ai ragazzi presenti di De seta che fu anche produttore indipendente dei suoi lavori, una figura unica all’interno del cinema italiano di autore cinematografico a 360 gradi.

Nella conversazione, animata dallo storico del cinema siciliano Franco Lamagna, si è tratteggiata la figura di questo grande maestro del cinema documentario. Grandi riscontri per il libro,  Un prodotto editoriale  importante, curato unitamente a Mariarosaria Donato e Domenico Levato, che giunge al termine di un lungo lavoro effettuato dalla Cineteca della Calabria sul regista, del quale la Cineteca custodisce l’opera omnia, ed iniziato  vent’anni fa con la prima ristampa dei documentari  54’59, proseguito nelle scuole con i progetti di alfabetizzazione e di divulgazione del cinema antropologico, e che oggi storicizza l’impegno  della Cineteca  nel tenere viva la memoria e indirizzare nuovi cammini di studio e ricerca.

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Non solo un percorso culturale ed una eredità intellettuale della Cineteca della Calabria ma anche una grande amicizia tra Vittorio De Seta e Eugenio Attanasio che ha incluso anche ricordi personali della figlia Francesca e della nipote Vera Dragone, attrice e cantante, esponente di una famiglia che si divideva tra il cinema del nonno Vittorio  e il teatro della nonna Vera Gherarducci. Nell’opera si racconta dei viaggi e dei lunghi ritorni nel meridione di un maestro del cinema che ha saputo raccontare cinquant’anni di società italiana con lo sguardo dell’antropologo e la sensibilità dell’artista. La sua avventura comincia nel 1954 tra Calabria e Sicilia ,quando il giovane Vittorio inizia la sua  prestigiosa carriera di documentarista, in trasferta da Roma dove ha lasciato la giovane moglie, Vera, alla quale racconta, in un piccolo epistolario qui raccolto, le cose che gli succedono davanti agli occhi. Incontri epocali, come quello con Alan Lomax e Diego Carpitella, che ha suscitato dibattiti tra gli etnomusicologi, per le collaborazioni e l’utilizzo delle musiche. Il regista e i due ricercatori compiono un percorso parallelo di ricerca, tra musica e documentazione antropologica, che viene citato ancora oggi per la ricchezza dei materiali.

Qui gli si rivela di una realtà, quella del meridione , fatta di contadini, pastori, pescatori, minatori, affascinante, misteriosa, dove si lotta contro la natura per sopravvivere, a lui, studente di architettura che ha provato, senza restarne particolarmente coinvolto, il mondo del cinema di fiction con Jean Paul Le Chanois. Organizza riprese con le tecniche del cinema americano dell’epoca: il grande formato cinepanoramico, il cinemascope   il 35 mm  colore, l’assenza della voce fuori campo,  laddove per il documentario si utilizzava al tempo il bianco e nero, il formato quadrato, il voice over che spesso appesantiva la visione.  Ma soprattutto capisce con  straordinaria intuizione che di li’ a qualche anno  quella vita ancora arcaica si sarebbe trasformata, che i pescatori dello stretto si sarebbero motorizzati per cacciare il pescespada, che nelle campagne sarebbero arrivati i trattori , anzi il deserto, perché l’industrializzazione avrebbe richiamato le masse bracciantili per farli diventare operai. Questo mutamento nella società italiana viene accuratamente studiato oggi grazie al lavoro di de Seta e altri documentaristi che scelgono questa porzione di paese dimenticata.

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Il viaggio tra Sicilia, Sardegna, Calabria dura cinque anni per girare dieci preziosi documentari, autoprodotti, che segnano la carriera e lo preparano al passaggio al lungometraggio. Banditi ad Orgosolo è  salutato come il ritorno  del cinema neorealista nell’Italia del primo boom economico. Debutta infatti insieme a Ermanno Ollmi con Il Posto e Pier Paolo Pasolini con Accattone, contrassegnando un momento felice del cinema che racconta la realtà dei primi anni ’60, l’altra faccia del boom economico; i tre resteranno amici e sodali culturalmente per tutta la vita a dimostrazione di una visione comune della società e dei problemi legati alla crescita esponenziale del benessere economico.

Ma chi era veramente Vittorio de Seta, rampollo di una nobile e ricca famiglia del Sud, intellettuale comunista e figlio di una madre dichiaratamente e convintamente fascista con la quale avrà un rapporto conflittuale, tanto da girare un film “ Un uomo a metà” come tentativo di autoanalisi; sarà lui stesso a presentare lo psicanalista Barnard a Fellini. Nel libro, De Seta parla di” cinema come metodo” , per capire lui stesso delle cose, lui che era cosi fuori dagli schemi della produzione cinematografica, da vendersi un palazzo a S. Giovanni in Laterano per fare un film che spacca il mondo della cultura italiana; chi lo accusa di decadentismo, chi di individualismo, ma Moravia e Pasolini escono per difenderlo con due bellissimi pezzi. E’ questo un momento di grande crisi per De Seta che emigra in Francia per girare L’Invitata con Michel Piccoli e l’amico Jacques Perrin, un film su commissione ma elegante, raffinato, intimista. Il ritorno in Italia alla regia con il Diario di un maestro, è prepotente  (anche questo qui raccontato in un diario di lavorazione giornaliero ). Una preparazione meticolosa, due anni di lavoro per realizzare la sua opera eterna sul mondo della scuola, dei ragazzi di borgata, sull’utopia di insegnare in una maniera nuova.

Quando viene trasmesso in Tv realizza un indice di ascolto fuori da ogni previsione: per la prima volta dalla televisione si passa al cinema, per il quale monta una versione apposita dalle tre puntate originali.  Infine il suo “Buen retiro" in Calabria, dove si dedica all’agricoltura, nell’uliveto di famiglia a Sellia Marina, rompendo completamente con la vita precedente.  Vuole mettere in pratica quello che ha appreso negli anni  diventando imprenditore agricolo e coltivatore diretto. Ma la sua presenza, in quel lembo di penisola non puo’ passare inosservata e inizi ad accogliere, alla fine degli anni ottanta, giovani cinefili  desiderosi di scoprire il suo cinema, essenziale, rigoroso, intransigente.

Così dopo anni di completa eclissi viene riscoperto e stimolato a ritornare al cinema, in fondo, il suo mestiere di vivere, con il documentario In Calabria e poi con il suo testamento, Lettere dal Sahara, una commovente riflessione sulle nuove immigrazioni. Vivendo in Calabria, una regione ricca di contraddizioni, povera e marginalizzata ancora oggi, ritorna l’autore ispirato, diventa il faro del nuovo “ cinema del reale”, dei giovani che  si ispirano a lui, come Agostino Ferrente, Jonas Carpignano, Paolo Pisanelli .Torna a girare per l’Italia e per tutto il mondo : famosa la sua partecipazione al Tribeca film Festival nel 2005  e gli elogi di Martin Scorsese tra Bologna e New York. C’è chi ha paragonato il suo passaggio alla cometa di Halley, chi all’avvento di un nuovo Messia per le sue visioni profetiche, De Seta resta una figura di riferimento per il cinema e la cultura italiana del ‘900. Questo libro, a differenza di altri, porge il ritratto dell’uomo oltre che del regista, con il bagaglio di intuizioni, ricchezze, spigolosità, che lo rendevano geniale e difficile, scontroso e tenerissimo allo stesso tempo.

 

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