di FRANCESCO IULIANO
“C’era na vota…cu c’era, cu c’era”, scritto e diretto da Marcella Crudo, è il titolo dello spettacolo teatrale che andrà in scena questa sera negli spazi del Bridge Club Catanzaro di via Bambinello Gesù,1, nel quartiere Pontepiccolo. Lo spettacolo, proposto dal Teatro Giangurgolo, portato in scena dalla compagnia teatrale Bridge Club, è presentato in replica dopo il consenso ottenuto lo scorso 11 dicembre.
«I valori culturali che identificano e mantengono, anche a distanza, i contatti tra una comunità locale, regionale, nazionale – ha spiegato Marcella Crudo - sono esposti al rischio di essere schiacciati dalle inesauribili forze della globalizzazione che, da fenomeno economico, si è trasformato in un fenomeno sociale. La cultura calabrese e quella catanzarese in particolare, frutto di stratificazioni di valori di rifermento, permettono di pensare l’uomo inserito in un ordine coerente di fenomeni, speranze, progetti, rapporti con l’assoluto, che lo hanno fatto sopravvivere grazie alle tradizioni consolidate nel tempo, di fronte al mutare della storia e degli eventi. Il recupero e la valorizzazione delle culture “altre”, dei loro linguaggi rappresentano la salvaguardia non solo delle identità collettive, ma anche della cultura in generale».
Una rappresentazione che mira a preservare la lingua madre del territorio. «Recuperare il dialetto – ha aggiunto - è per me un’operazione che avviene attraverso ricerca, creatività, fantasia ed esperienza; il dialetto inteso come garanzia di un supporto mentale contro le delusioni, i traumi, le paure, i fallimenti, le angosce moderne, postmoderne e ultramoderne che si presentano all’uomo di oggi. Un’operazione che io chiamo del “disincanto” che grazie al sorriso catartico e all’ironia liberatoria, mi permette di recuperare una visione del mondo a misura d’uomo per allontanare quel senso di frustrazione che attanaglia e turba il vivere quotidiano».
Uno spettacolo che non è una commedia e non è un recital. E’ una descrizione della città, attraverso poesie, diapositive, scene di vita quotidiana, inserite in una cornice culturale.
«Due sono gli elementi che caratterizzano quest’opera – ha concluso Marcella Crudo -: la memoria e la narrazione. La memoria mi permette di esprimere il senso di appartenenza che, con un incisivo discorso poetico, mi fa descrivere la città di Catanzaro sia nei suoi contenuti strutturali, piazze, palazzi, luoghi che in quelli antropologici affetti familiari, amicizie, innamoramenti, usi e costumi.
La narrazione, il “cuntu” (c’era na vota, cu c’era, cu c’era…) mi permette il recupero della storia della Città, ormai dimenticata, e delle tradizioni che si stanno perdendo. Il cuntu non inteso come semplice revival, ma come stimolo per la crescita culturale di chi ascolta e per riannodare le fila di un dialogo esistenziale con il passato e i ricordi. Recuperare il feedback con il tempo andato è forse un modo per ritrovare un villaggio ideale che vive nella mia memoria che ho interiorizzato e reso plastico e indimenticabile. E’ il cammino delle persone comuni, semplici, con i loro limiti , le loro debolezze ma anche con la grande forza dei loro legami che voglio raccontare e sublimare come espressione di rinnovamento esistenziale per una crescita morale e culturale di tutta la comunità locale».
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