La maturità ai tempi del Covid/10. Chiara Giglio (Liceo Fermi): “Ho capito che è fondamentale dare la giusta importanza alle cose senza aspettare che ci vengano tolte”

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images La maturità ai tempi del Covid/10. Chiara Giglio (Liceo Fermi): “Ho capito che è fondamentale dare la giusta importanza alle cose senza aspettare che ci vengano tolte”
Chiara Giglio
  01 giugno 2020 18:04

di FRANCESCA FROIO

La libertà di un ultimo abbraccio colmo di quell'amore coltivato in cinque anni, il potersi sorridere senza la barriera di una mascherina, il sedersi vicini vicini un'ultima volta. Anche queste sono le cose che mancheranno il giorno della maturità. Un traguardo che verrà tagliato in maniera differente da tutti coloro che si accingono a chiudere un percorso importante deviato all'ultimo minuto da un cambio di rotta che non poteva essere previsto. Assieme a quella data che segnerà la fine di un percorso i maturandi di quest'anno ricorderanno per sempre anche quella del 4 Marzo. Come ci racconta Chiara Giglio nel tema che condividiamo oggi con voi lettori.

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4 Marzo 2020. Sembra una semplice data, ma da quel giorno tutto cambiò. Il 4 Marzo fu l'ultimo giorno in cui la sveglia suonò alle 7 di mattina, l'ultimo giorno in cui ho sentito mia madre urlare per recriminarmi il fatto di ritardare la sveglia sempre di 5 minuti, per poi sentirmi dire“tra qualche mese finalmente finirai scuola.”

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Ma specialmente l'ultimo giorno vissuto al bar con le mie amiche, quelle di sempre, con cui si parlava dei tanti temuti esami di maturità che ci incutevano timore sin dal primo anno. L'ultima volta che raggiungevo la porta della mia classe infondo al corridoio, quella stanza che sin dal primo anno guardavo con incertezza, sapendo che prima o poi sarebbe arrivato il momento di varcarla e quando sarebbe successo avrebbe segnato l'inizio di un qualcosa di grande, che avrebbe portato tante emozioni contrastanti, ma soprattutto la fine di un percorso. Percorso durato 5 anni,  fondamentali per la mia crescita e che non dimenticherò mai, nonostante i pianti, l'ansia, la paura e i rimproveri dei prof che nel bene e nel male hanno contribuito a farmi diventare quella che sono oggi.

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Questo percorso doveva prima o poi finire, ma non mi sarei mai aspettata che potesse finire così. È stato straziante vedere come tutto cadeva nell'oblio, tutte le certezze si sgretolavano davanti i nostri occhi e noi non potevamo fare altro che stare lì a guardare, sentendoci impotenti davanti ad una situazione inaspettata. Gli ultimi discorsi affrontati in quelle mura  avevano tutti come argomento gli esami. Tante volte abbiamo sperato di trovare un modo per scamparli pensando cose assurde per sfuggire all'idea che da lì a poco avremmo avuto la così temuta “Maturità” dopo la quale tutto risulta essere incerto.

Sono state tante le volte in cui abbiamo sperato in un'allerta meteo per scamparci un compito piuttosto che un' interrogazione o in una supplenza all'ultimo minuto. È stato quando abbiamo appreso la notizia della chiusura delle scuole per emergenza Covid-19 che ci siamo trovati smarriti e insicuri, anche se in cuor nostro speravamo in un ritorno, non potevamo credere e immaginare che tutto ciò sarebbe poi finito in una pandemia che ci avrebbe tolto quello di cui avevamo più bisogno in quel momento: il calore dei professori negli ultimi mesi di scuola, i loro volti rassicuranti e le loro dritte per farci sempre stare tranquilli.

È stata dura pensare che tutto ciò che fino ad allora sembrava così scontato e banale risultava essere invece così prezioso e imprevedibile, che la vita che ci eravamo programmati era tutta un' illusione perché non si può sempre avere il controllo su ogni cosa. È stata dura all'inizio affrontare un nuovo modo di fare scuola, poiché seppur è vero che la scuola non si sia mai fermata, altrettanto vero è che una didattica a distanza non potrà mai sostituire la scuola fisica, in cui ciò che ti rassicurava era sentire il calore dei compagni, dei professori, la certezza che il giorno dopo eravamo sempre tutti lì a vedere i loro visi ormai familiari che ci trasmettevano sicurezza.

È stato straziante all'inizio abituarsi a vedere i nostri prof tramite uno schermo incapace di farci arrivare le loro emozioni e il loro calore, con la connessione che andava e veniva e le loro incertezze davanti ad un modo di fare scuola a cui nessuno era pronto. Ciò che ad oggi è rimasto è tanta amarezza per aver vissuto il nostro quinto anno rinunciando ai 100 giorni tanto attesi sin dall'inizio dell'anno, alla cena con i prof in cui li avremmo ringraziati per tutto ciò che hanno fatto per noi, all'ultima campanella carica di adrenalina e di ansia al tempo stesso, alla riunione “notte prima degli esami” fuori il grande cancello della nostra scuola.

Ma se c'è una cosa positiva che ho capito è che nonostante tutte le volte in cui dicevo “non vedo l'ora di finire la scuola”,dopo tutti questi anni ho scoperto il suo vero valore, la sua fondamentale importanza nella vita di noi giovani, senza la quale non avremmo probabilmente mai conosciuto la nostra compagna di banco dell'asilo o del liceo, senza la quale non avremmo mai avuto l'adrenalina prima di un' interrogazione né il coraggio di metterci in gioco.

Ho capito che è fondamentale dare la giusta importanza alle cose senza aspettare che ci vengano tolte, perché poi potrebbe essere troppo tardi. Oggi, ad un mese scarso da un esame incerto, so che non si può tornare indietro, ma se potessi vorrei vivermi almeno un pezzo di tutto ciò che ho sempre sottovalutato, vorrei sentire il calore dei miei compagni e lo sguardo rassicurante dei miei professori che vedrò il giorno del mio esame senza neanche avere la possibilità di abbracciarli, dimostrandogli che gli sarò per sempre grata.

 

Chiara Giglio 5C  IIS “Fermi”
Liceo delle Scienze Umane

 

 

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