L’esame di maturità alle porte non sarà un esame qualunque. A causa delle restrizioni dovute alla diffusione del covid 19, infatti, i maturandi di quest’anno diventeranno adulti portando con loro un ricordo differente dal tradizionale ultimo anno insieme. Diverse e molteplici sono le sensazioni e i pensieri che caratterizzano gli studenti.
Tra rimpianti, timori e mancanze c’è chi, come Simona e Maria Pia, non si sente compreso. E noi pubblichiamo di seguito il loro sfogo:
Ansia, tristezza, incertezza, amarezza. Queste sono le emozioni presenti in ogni studente da quel 9 marzo 2020, data indimenticabile per chi, come noi maturandi, aveva una piccola speranza di tornare tra i banchi di scuola.
Non dirò le stesse cose lette e rilette in questi mesi, settimane e giorni. Non voglio ribadire ciò che già si sa, o meglio, ciò che tutti sappiamo tranne chi ci tutela.
In un Italia che si è ripromessa aperta alla democrazia, all’apertura mentale, al fare la scelta giusta, ad oggi a dare voce è solo un’unica voce. Noi studenti non siamo stati ascoltati, tutelati e capiti. “Siete i ragazzi dell’esame 2020”, come se fosse un vanto, qualcosa che ci resterà per sempre impresso come opera di coraggio e perseveranza.
Ci rimarrà sempre impresso, certo, ma perché sarà la conclusione più triste che si possa dare ad un ciclo di studi che ci ha accompagnato per tutta la vita. Siamo Maria Pia e Simona, due ragazze prossime alla maturità che ad oggi vorrebbero dar voce a tutte le nostre compagne e a tutte le persone nella nostra stessa situazione.
Siamo nella stessa classe da ormai cinque anni, abbiamo ricoperto il ruolo di rappresentanti di classe e ci siamo rese conto di piccole cose che non vanno nelle scuole. Ci rivolgiamo alla pagina di maturansia perché per noi è stata una compagna di viaggio, sempre presente nei nostri giorni in cui ci rivedevamo in ogni post pubblicato.
Noi , come tante altre persone, siamo arrivate nella nostra scuola piene di entusiasmo, con la voglia di imparare cose nuove, fare nuove amicizie e ciò è successo. Abbiamo trascorso anni indimenticabili, provando ogni tipo di emozione: felicità, rabbia, tristezza, entusiasmo, delusione, compiacimento.
Non vedevamo l’ora di crescere, andare avanti e trovarci finalmente nella nostra quinta classe, non perché volevamo dire addio alla nostra scuola, ma perché la quinta classe è un “obiettivo” per ogni studente fin dalla scuola secondaria.
Settembre 2019 sembra così lontano, quando tutti ci sentivamo grandi e piccoli, immaturi e maturi allo stesso tempo. Pensavamo a cosa avremmo fatto, come sarebbero andati gli esami, il ballo di fine anno, l’ultima assemblea, l’ultima campanella, notte prima degli esami, 100 giorni, cena con i professori, gavettoni all’ultimo giorno, gli abbracci e la gioia dopo le prove scritte.
Non avremmo mai potuto pensare a questa situazione, vivevamo giorno dopo giorno ignari di tutto quello che oggi è il presente.
Questa notizia inizialmente non ci aveva colpite molto, avevamo la convinzione che saremmo tornati da lì a poco, avevamo sottovalutato un problema ad oggi globale. Non avremmo mai immaginato di sentire la mancanza anche delle cose più futili e fastidiosi, come i 2 a maggio o le note senza senso.
Ci siamo svegliate ogni mattina per 30 giorni con la speranza che ci dicessero che l’anno sarebbe finito lì, lo avremmo ripreso l’anno dopo, avremmo recuperato il tempo perduto e ci sarebbe stata data una formazione completa di questo quinto anno. Siamo ragazzi come tanti che non hanno voce in capitolo, nessuno ci ascolterà e capirà davvero ciò che proviamo ogni giorno a casa, a guardare chi prima vedevamo dal vivo tramite uno schermo piatto. Piatto di emozioni. Piatto di sensazioni. Piatto di conoscenza.
Siamo consapevoli del fatto che questa situazione non è scomoda solo per noi alunni, però siamo coloro che saranno sottoposti ad un esame ancora ad oggi (20 maggio 2020) incerto. La nostra Ministra cambia idea ogni giorno, prima alternanza no, ora sì. Prima niente esame in presenza, ora sì. Prima 6 politico, ora no. Non ci fa bene psicologicamente non avere certezze, non avere persone che ci capiscono e ci tutelano. Sembra quasi impossibile capire che tutto ciò non ci agevola, che i programmi li abbiamo imparati tanto per, che non abbiamo nessun metodo di studio e che molto spesso gli alunni dietro uno schermo non studiano davvero.
Ciò che vogliamo dire è che a noi manca sentire emozioni, che questi momenti non ci verranno mai restituiti, non proveremo mai quelle emozioni che una volta nella vita hanno provato tutti (o quasi).
Ma più di tutto ci è stata tolta la possibilità di sbagliare, la possibilità di crescere, la possibilità di scegliere. Abbiamo rivisto la nostra scuola, abbiamo avuto il magone per molto tempo e l’umore a terra per giorni. Abbiamo visto una scuola chiusa, spenta, apatica.
Ma noi, in realtà, l’abbiamo vista sempre uguale. Con le persone che entrano ed escono, con i pullman pieni di persone in preda al sonno o al panico per qualche verifica. Abbiamo rivisto i volti felici o preoccupati degli alunni. Abbiamo rivisto i professori con la loro ventiquattr’ore, le professoresse con i loro tacchi e i collaboratori scolastici con i loro sorrisi amichevoli. Abbiamo rivisto ciò che ci manca e ciò che non avremo più per una realtà che, purtroppo, non ci ha voluto includere.
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