La piccolezza

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  07 agosto 2019 13:07

Quando ero bambino la mia vita era il mio quartiere: tutte le mie relazioni si concentravano in un microcosmo di cui vedevo l’orizzonte nello sguardo dei miei compagni: il buono, il furbo, l’ottimista, il calcolatore, l’introverso, il prepotente.

 

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In questo panorama si svolgeva tutta la vita mia  senza che alcun fatto sociale la turbasse, perché in quei volti si svolgeva la mia intera dimensione umana.

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Benché a quell’epoca l’educazione cattolica fosse davvero invasiva, nel senso di penetrare la vita dei ragazzi in modo significativo, io ero attratto dai manigoldelli, mi stavan simpatici i furbastri, i prepotenti, quelli radicalmente diversi da me. Vedevo in loro tutte le “virtù” che mi mancavano: la scaltrezza, la fortezza, la capacità di trasformare tutto a proprio vantaggio, con una semplicità più unica che rara.

 

E cercavo di conoscerla codesta “virtù” che, all’epoca, non sapevo distinguere dall’intelligenza, scambiandola spesso, a seconda dei casi, ora con l’astuzia, ora con l’accortezza, ora con la prudenza, ora con l’avvedutezza. Quanto è sottile Marco (utilizzo nomi di fantasia),quanto è perspicace Lorenzo, è lungimirante Giuseppe ed abile Domenico...È attento Giovanni e malizioso Elio. Che furbacchione quell’Antonio, un vero marpione, un po’ imbroglione...però.

 

Oggi tutti questi “compagni della camerata mia” - direbbe Pascoli -, mi tornano alla mente come dei flashback, in una girandola di pochi secondi...e mi sovviene un modo bambino, dal quale mi sento attratto, con le mie fragilità, le mie ingenuità, le mie speranze e le mie ambizioni.

 

E già, perché volevo intensamente -ne avverto ancora dentro di me lo iato- crescere, diventare come quei manigoldelli i quali “sapevano campare” mentre io ero una specie di perenne perdente.

 

Ora la vita mi ha forgiato e di quell’ingenuità non è rimasto che il coraggio delle idee e dei valori: nella vita comune so districarmi e riesco, anche per l’esperienza dovuta al mio lavoro, a capire le persone ed a conoscerne tosto le intenzioni e le mosse.

 

Insomma, a mio modo son diventato scaltro anch’io!

 

Ma non era ciò che volevi?

 

Sei diventato come loro, bravo!

 

Mi avvolge tuttavia un silenzio eloquente: esso mi parla di quella minorità perduta, di quella piccolezza da cui tanto volli emanciparmi e che, invece, costituisce la mia natura più profonda.

 

Tornerò mai com’ero, inerme ed aperto, senza barriere e senza paura.

 

La mia ricerca comincia qui.

Nunzio Raimondi

 

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