La professoressa Talarico e le libertà Costituzionali ai tempi del Covid

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Alessia Talarico
  16 maggio 2020 09:41

di ALESSIA TALARICO*

L’umanità sta conoscendo uno dei periodi storici di forte impatto sulla salute pubblica: il 2019-nCoV – reale nome in codice del virus, più semplicemente chiamato da tutti Coronavirus – diventa così protagonista, a livello mondiale, di uno stato di emergenza.

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Pertanto, nel gennaio 2020, l’OMS ha decretato lo stato di emergenza sanitaria globale definendolo, data la rapida e cospicua diffusione del contagio, addirittura una pandemia.

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Da qui una serie di interventi legislativi, quali:

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  • DPCM 23 febbraio 2020: Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in cui sono previste misure per il divieto di accesso e allontanamento nei comuni dove sono presenti focolai e la sospensione di manifestazioni ed eventi. È l’inizio del blocco della nazione, anche a livello produttivo;
  • M. 24 febbraio 2020: Sospensione dei termini per l’adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati dall'emergenza epidemiologica da Covid-19;
  • DPCM 4 Marzo 2020: Sospensione attività didattiche fino al 15 marzo, smart working agevolato;
  • DPCM 8 Marzo 2020: Regione Lombardia e Regione Veneto e alcune province di altre regioni sono zona rossa;
  • DPCM 9 Marzo 2020: Tutta l’Italia è zona rossa;
  • DL 17 Marzo 2020: Arriva il Cura Italia recante nuove misure per contrastare gli effetti dell'emergenza Coronavirus sull'economia.
  • DPCM 1 Aprile 2020: Proroga fino al 13 aprile di tutte le misure urgenti di contenimento del contagio;
  • DPCM 10 Aprile 2020: Proroga fino al 3 maggio di tutte le misure restrittive ma contiene anche le prime riaperture (negozi per neonati e bambini, librerie e cartolibrerie).

Ma, in quale quale misura si può far ricorso a divieti che ledano o a limitino diritti e libertà costituzionalmente garantiti?

Per comprendere se le misure di contenimento del contagio epidemiologico determinino violazioni di diritti e libertà costituzionalmente garantiti, è opportuno fare riferimento in prima analisi alla norma di principio contenuta nell’art. 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Tale disposizione, che costituisce il fondamento dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico italiano, segna il definitivo superamento dell’impostazione statocentrica e, riconoscendo il primato della persona rispetto allo Stato, assume il principio personalista come punto fermo della regolazione del nuovo rapporto individuo-comunità statale.

Il senso e la portata di questa norma può ben comprendersi se si considera il clima storico-culturale dell’Assemblea Costituente, frutto dell’incontro e dell’accordo di tre diverse ispirazioni di pensiero: quello liberale, quello cattolico e quello socialista.

E' evidente che dal testo normativo vengono in rilievo 3 punti: Riconosce e garantisce, Inviolabili, Uomo.

“Uomo”: inteso come individuo, persona umana, soggetto titolare dei diritti inviolabili. Presuppone, dunque, la natura individualista dei diritti fondamentali.

“Riconosce e garantisce”: fa riferimento ad entrambe le espressioni e non già, come altrove, solo all’espressione “riconosce” o solo a quella “garantisce”. Se si accoglie la tesi giusnaturalistica, tali diritti apparterrebbero per natura all’uomo e non creati giuridicamente dallo Stato, bensì ad esso preesistenti. Garantisce, in quanto appresta garanzie concrete a quel diritto fondamentale. “Inviolabili”: dunque diritti assoluti, indisponibili, imprescrittibili e non possono formare oggetto di revisione costituzionale proprio per il loro contenuto essenziale ma sempre nei limiti della conformazione che di essi da l’ordinamento.

Non dimentichiamo, poi, che accanto ad una tutela Costituzionale dei diritti fondamentali è venuta progressivamente affermandosi, affiancandosi alla prima, una tutela sovranazionale degli stessi. In questo senso è' doveroso fare riferimento alla tutela prevista dall'art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale sancisce che “Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza”.

 

Rapportando tali considerazioni all’attuale emergenza sanitaria, si pone allora una questione: fino a che punto possono esser limitati diritti costituzionalmente garantiti?

A prima vista sembrerebbe porsi un contrasto con altri diritti tutelati dalla nostra carta costituzionale. In primis, con l’art. 13 della Costituzione nella parte in cui sancisce che: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.

Disposizione che, nell'affermare l'inviolabilità del diritto, precisa che eventuali limitazioni della libertà personale possono essere ammesse solo nel caso in cui sussista riserva di legge assoluta (forma più alta di garanzia), riserva di giurisdizione ed obbligo di motivazione che esplichi il provvedimento restrittivo della libertà personale.

E ancora, con la libertà di circolazione e soggiorno di cui all'art. 16 (“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”)  e con la libertà di riunione di cui all'art. 17 della Costituzione ( “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza nessun tipo di armi sia in luogo privato che in luogo pubblico”).

Orbene, evidenziati tali riferimenti giuridici, l'interrogativo che si prospetta è il seguente: gli attuali interventi legislativi di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019, contenenti palesi misure restrittive delle libertà, prospettano una lesione dei diritti dell'uomo costituzionalmente garantiti?

E qui è doveroso citare espressamente l’art 32 della Costituzione il quale sancisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”; tale diritto, letto in combinato disposto con l’art 2 è da intendersi come sovraordinato a tutti i principi, un valore supremo e, per tale ragione irrinunciabile.

Del resto, è l’unico ad essere qualificato espressamente dalla Costituzione come fondamentale: lo "stato di salute" non riguarda solo il singolo ma si riflette sulla collettività, per cui la relativa tutela non si esaurisce solo in situazioni attive di pretesa ma implica e comprende il dovere di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui.

Alla luce di queste considerazioni, ritengo assolutamente giustificata l'esigenza del legislatore che, ispirandosi a principi di ragionevolezza ed proporzionalità, ha operato un bilanciamento con altri interessi e valori costituzionali, e legittime le attuali limitazioni alle libertà al fine di tutelare quel valore supremo che è la salute.

*Docente di Diritto presso Formazione Professionale e tutor presso Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro

 

 

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