di MARIA VITTORIA GIORGIO*
È trascorso un anno dal primo lockdown, ma lo scenario che ci troviamo a vivere è rimasto pressochè invariato. Sono innumerevoli i cambiamenti e le riorganizzazioni degli stili di vita ai quali la pandemia ci ha sottoposti senza risparmiare nessuno. Al contempo, sono state tante le crisi che siamo stati chiamati ad affrontare sotto ogni punto di vista.
Tuttavia, sembra comune la sensazione che il trascorrere di questo lungo e difficile anno abbia amplificato problematiche psicologiche preesistenti nella vita delle persone.
L’obiettivo di questa riflessione è quello di provare ad osservare con una lente di ingrandimento la vita dell’adolescente in quest’ultimo anno e comprendere in che modo la pandemia ha influenzato un processo naturale di crescita.
La domanda che sorge spontanea è: cosa è successo in questo lungo periodo di crisi a chi era già impegnato a vivere un’altra crisi, quella adolescenziale?
L’adolescenza, dal latino adolescere significa crescere, ed è, come ben sappiamo, l’età del cambiamento.
Tra l’infanzia e l’età adulta, l’adolescenza è un passaggio. Rappresenta un momento di transizione che inevitabilmente rimanda alla parola crisi.
E. Kestemberg sostiene che l’adolescente è al tempo stesso un bambino e un adulto.
Partendo da quest’ottica, il ragazzo è dunque impegnato in un duplice movimento che lo vede protagonista. Se da una parte sente la spinta di rinnegare la sua infanzia, dall’altra paradossalmente è alla ricerca di uno statuto stabile di adulto.
Questo doppio movimento rappresenta l’essenza stessa della “crisi”, del processo psichico che ogni adolescente attraversa. Sono molteplici dunque i compiti evolutivi ai quali è sottoposto, non solo dal punto di vista fisico ma anche e soprattutto psicologico.
L’adolescenza è un momento caratterizzato da trasformazioni, incertezze, domande alle quali spesso i ragazzi non sanno dare una risposta, rappresenta ancora una fase di scoperta non solo di un nuovo corpo, di nuovi impulsi e sensazioni, ma anche di una nuova identità.
Quando parliamo di adolescenza è importante non perdere di vista il fatto che la crescita del ragazzo, tutte le difficoltà e le scoperte alle quali va incontro non coinvolgono unicamente l’adolescente. È un processo che riguarda l’intero sistema familiare.
Spesso, l’errore in cui si potrebbe incorrere è proprio quello di considerare l’adolescente e le problematiche che manifesta, come individuo separato dal proprio contesto di appartenenza. Nel tentativo di superare questo primo ostacolo e se proviamo a guardare al ragazzo come persona inserita in un contesto più ampio, sarà più facile comprendere che le difficoltà presentate coinvolgono anche i membri significativi della propria vita.
Dunque, se proviamo ad allontanare di poco la lente d’ingrandimento dal ragazzo, potremmo avere una visione più ampia, complessa ma senz’altro più ricca di significati. Questo doppio movimento della lente di ingrandimento permette da un lato di focalizzare l’attenzione sul ragazzo e sulle difficoltà che presenta, dall’altro però ci consente di osservare la persona inserita in una rete di relazioni.
Se consideriamo questi aspetti, sarà più facile comprendere che questa fase delicata della crescita rappresenta un evento critico normativo nell’evoluzione del sistema familiare, in cui tutti i componenti della famiglia sono impegnati in compiti ardui, tra svincolo e appartenenza, tra voglia di autonomia e bisogno di dipendenza.
Rappresenta, quindi, un’impresa congiunta tra genitori e figli, tutti coinvolti in una riorganizzazione di ruoli e di confini. Ancor di più quest’anno le famiglie si sono trovate ad affrontare prove dure e complesse.
Le severe restrizioni e tutto quello che è stato conseguenza della crisi pandemica, congiuntamente a tutte le difficoltà legate a questa fase evolutiva, ha avuto un impatto significativo nella vita di tutti i ragazzi, anche in quelli che non manifestavano disturbi di alcuna natura prima della fase pandemica, ed allo stesso tempo ha amplificato le difficoltà e i disturbi precedentemente sofferti.
Uno stravolgimento significativo dello stile di vita degli adolescenti costretti a rinunciare d’improvviso ai loro spazi, ai momenti di svago, alle relazioni con i pari, ha aperto la strada a vari scenari sintomatologici.
Cosi come sottolineato anche dai dati raccolti dal Professor Stefano Vicari, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, si è registrato un aumento significativo dei disturbi del sonno e quadri di ansia e depressione.
Allora noi Psicologi ci siamo chiesti quale ruolo hanno giocato le emozioni vissute dai ragazzi in questo anno particolarmente complicato.
Se proviamo a dare una risposta, gli adolescenti particolarmente introversi hanno manifestato una maggiore chiusura di fronte all’emotività del momento, doppiamente difficile e amplificata ulteriormente dall’obbligo di rimanere a casa. Come se la cameretta fosse l’unico rifugio sicuro in grado di contenere le paure, la rabbia e la tristezza.
Dall’altro canto un’altra parte di adolescenti ha scelto una via diversa di espressione delle emozioni. È questo il caso delle esplosioni apparentemente immotivate di rabbia, che a sua volta si è fatta portavoce anche della tristezza e della paura, le quali non hanno travato una via d’uscita maggiormente funzionale.
Dunque, se da una parte l’espressione delle emozioni è introvertita, lo scenario sintomatologico che potrebbe venir fuori è l’eccessivo utilizzo di smartphone e tablet, il ritiro sociale, l’isolamento, la depressione, le fobie sociali. Dal canto opposto questa stessa sofferenza è esternalizzata e può venir fuori attraverso aspetti patologici quali l’autolesionismo, i disturbi alimentari, il tentato suicidio, gli attacchi di panico o l’ansia generalizzata.
Facendo sempre riferimento ai dati raccolti dal prof. Vicari, i motivi per i quali i ragazzi sono arrivati al pronto soccorso negli ultimi tempi sono prevalentemente legati a suicidio o comunque ad attività di autolesionismo. Partendo da queste osservazioni, la Psicoterapia potrebbe rappresentare uno spazio di crescita in cui tutti i membri della famiglia possano dar voce a emozioni e difficoltà sperimentate in questo tempo per tutti incerto.
Tra gli obiettivi perseguibili con il percorso di psicoterapia vi sono quello di fortificare e sostenere la coppia genitoriale, di rimettere al centro la famiglia come risorsa insostituibile nella gestione delle difficoltà o della sofferenza degli adolescenti, doppiamente fragili e vulnerabili. Utilizzando le parole di A. Freud “io ammetto che è normale per un adolescente avere per un tempo piuttosto lungo un comportamento imprevedibile ed incoerente… di amare i suoi genitori, e di odiarli, di rivolgersi contro di essi e di dipendere da essi… penso che è necessario lasciargli il tempo e la libertà di trovare da sé la propria strada. Piuttosto sono i genitori ad aver bisogno di aiuto per supportare il ragazzo in questa fase di passaggio”.
Bibliografia
Adolescenza e Psicopatologia – Daniel Marcelli e Alain Bracconnier a cura di Massimo Ammaniti e A. Novelletto.
Entrare in terapia. Le sette porte della terapia sistemica – Stefano Cirillo, Matteo Selvini e A.M. Sorrentino.
*Psicologa – Psicoterapeuta
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