di FRANCESCA RAIMONDI
Il romanzo Il giudice, sua madre e il basilisco(Pellegrini, Cosenza 2022, pp. 168) con il qualePantaleone Sergi torna in libreria a cinque anni dal successo di Liberandisdomini, descrive con delicatezza e senza calcare la mano, un fenomeno articolato e complesso come quello della mafia calabrese, mediante un linguaggio sapientemente costruito e profondamente immaginifico.
La scelta di narrare l’inferno della Santa ’ndrangheta per il tramite della tenerezza familiare – come ha scritto Alessandro Gaudio, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università della Calabria – restituisce con maestria cosa può arrivare a essere un territorio che su quell'inferno è costruito.
Gli elementi di originalità presenti, infatti,permettono al racconto di staccarsi da modelli standardizzati e stereotipati di storie di ’ndrangheta,senza mettere in campo i soliti colpi di scena dei romanzi “tradizionali” sull’argomento.
Al fondo di questo racconto, non c’è tanto la solita storia di mafia, con tutti i suoi connotati tipici, quanto una storia sul destino dell’individuo che, in parte, ciascuno si costruisce da sé - come la protagonista Marelina - in parte è determinato dal passato - il figlio Enrico Zanda, il giudice - e in parte deriva da una combinazione di elementi accidentali - dalle circostanze, dai luoghi, dalla società, dal contesto - come si ricava dalla storia del capomafia don Sarazzo Borrello, “il Basilisco”, la cui vita s’incrocia drammaticamente con quella del giudice e della madre.
Il passato si ripresenta alla generazione del presente che, a prima vista, non lo riconosce - non nei termini tragici e ineluttabili della tradizione calabrese (che poi risale alla tragedia greca) - bensì lo avverte come “destino incompiuto”. Nel susseguirsi delle vicende, s’intravede un disegno superiore, non necessariamente divino e neppure religioso, volto a dare un assetto (o riassetto) complessivo all’intera storia.
Quando tutto finisce, tutto ricomincia, con un flebile motivo di speranza anche per la Calabria, individuato, senza troppa retorica, nelle donne, tanto nella loro delicata disposizione al sentimento quanto nella loro pervicacia e intelligenza, mediante un’appropriata descrizione dell’agire femminile nelle varie situazioni di vita. Marelina, la sua amica Melinna, Giuliana figlia ed erede del boss, la sorella Roberta e Luisanna sua figlia sono altrettante icone di una concezione diversa della vita e dei suoi valori e ciascuna di esse trasmette al lettore un messaggio forte e chiaro: la vita è sempre e comunque frutto di una libera scelta. Questa speranza chiude il cerchio che, all’inizio, si era aperto sulle speranze di Marelina che abbandonava la mitica Mambrici, luogo della fantasia letteraria in cui Sergiambienta i suoi racconti.
Speranza che è necessaria e rende esplicite, una volta di più, le capacità di narratore di Sergi, attento anche alla struttura della storia che sta raccontando.
L’autore è stato inviato speciale de “la Repubblica” per trent’anni e quindi docente di Storia del Giornalismo e di tematiche sulla Comunicazione presso l’Università della Calabria. Il suo primo romanzo, Liberandisdomini, pubblicatosempre da Pellegrini, è stato ben accolto dalla critica (ha ricevuto il Premio Letterario nazionale Amaro Silano, il Premio Padula e il premio Carlo Alberto Dalla Chiesa), dalla stampa nazionale e dal pubblico dei lettori.
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