di VANNI CLODOMIRO
Questo catalogo fotografico di Ljdia Musso è senza dubbio un’opera d’arte veramente nuova ed originale, difficilmente ascrivibile ad un qualsiasi genere letterario. Tra l’altro, commentare un album fatto di fotografie è cosa sempre molto delicata, in quanto il lettore, cioè chi contempla le foto, ha una sensibilità sua propria, della quale può difficilmente fare a meno. Riteniamo necessario fare perciò una premessa di carattere generale sull’arte: quando si parla di creazione artistica, bisogna capire che questa deve essere il frutto di una facoltà a sè, distinta dall’intelletto raziocinante e anteriore alla stessa cognizione dell’arte.
E perchè quella creazione possa definirsi arte, riteniamo perciò necessarie due fondamentali facoltà: da una parte l’ingegno dell’autore, che è un indiscutibile dono della natura; dall’altra, cioè da parte del lettore, il giudizio, che appartiene a sua volta ad un’altra facoltà parallela e quindi del tutto diversa dalla prima, cioè il gusto o sentimento. Neanche questa si risolve nell’ambito del raziocinio, né può coincidere con l’osservanza di regole o schemi intellettualistici: deve piuttosto avere carattere di immediatezza. E siffatta immediatezza si manifesta nel consenso e nell’approvazione del lettore. Egli cioè deve poter provare un piacere dell’anima, o dei sentimenti, o dei sensi: deve in sostanza avvertire interiormente l’opera in qualche modo vicina alla propria sensibilità; deve cioè provare quello che potremmo in sintesi definire un intenso sentire. Dunque, il genio dell’artista e il sentimento del lettore: solo allora si potrà dire di trovarsi veramente di fronte ad una vera opera d’arte. Crediamo che sia proprio questo il segreto per comprendere una qualsiasi opera, che si tratti di versi, di prosa, di musica, di dipinti o di foto non importa.
E qui, di fronte a questo catalogo di Ljdia Musso, si ha proprio quella sensazione di cui andiamo dicendo. Non si tratta di semplici foto messe semplicemente in successione, ma di una serie di impressioni e sensazioni che l’Autrice riesce a comunicare al lettore, il quale ne rimane così attratto su diversi piani: anzitutto, il piano visivo, pieno di un particolare fascino non bene definibile, anzi vago e misterioso, che perciò produce l’effetto di riscaldare il cuore di chi guarda; poi, c’è un altro piano, quello cioè delle luci e delle ombre che riescono a dare la sensazione che ciò che esiste muta, cambia, ma non si distrugge. Piuttosto, si trasforma di moto in moto, in un incessante processo di costruzione e distruzione di materia, di spirito, di vita e morte insieme: in sostanza, è proprio come un rito, il rito della metamorfosi (donde il titolo dell’opera), quel mutamento cioè che immerge il lettore e lo avvolge nell’eterno ciclo del mondo, di cui anche le vicende umane fanno ovviamente parte.
Potremmo quindi dire che la Musso vuole coinvolgere l’universo del mondo umano, ma anche quello della natura: in questo singolare catalogo si trovano immagini in certo senso incomplete, ma che conferiscono quel ché di mistero quasi impenetrabile, che in fondo vuole essere il vero succo della vita. Si potrebbe pensare pertanto ad una visione sconsolata dell’esistenza, ma in realtà non è così: si percepisce piuttosto uno stimolo acuto all’introspezione, che sarà un’esortazione al lettore a ripiegare su se stesso e tentare di individuare pulsioni emozioni desideri, che giacciono nelle pieghe più intime e segrete della sua coscienza.
Per apprezzare nella loro profondità queste foto, è necessaria un’attenzione minuziosa alle immagini offerte: quasi sempre osserviamo un corpo di donna non bene definito, ma sempre accompagnato da un simbolo, che può essere un fiore, una pianta, un frutto: insomma un’insieme di elementi, che concorrono tutti a destare, da un lato, l’impressione di un mutamento continuo della materia; dall’altro, anche una particolare attitudine sentimentale, sintomo piuttosto evidente di una sorta di spiritualità sommersa, ma comunque capace di pervadere l’animo del lettore, che ne rimane così catturato per sempre, come accade ad un adulto, quando la manina di un neonato gli afferra un dito.
Questo tipo di sensazione non va più via: è il misterioso e indescrivibile incanto dell’arte, che ti rapisce quasi senza che te ne accorga, e ti sorprende a riflettere, e a scoprire magari anche qualche segreto moto dell’anima, di cui prima non avevi avuto piena consapevolezza. In queste foto, si avverte una specie di canto del cuore dell’artista, che rimane essa stessa presa dalle emozioni.
Il colore delle immagini, ma anche il bianco e nero, suscitano costantemente sensazioni diverse, ma sempre fortemente attrattive: non ci si stanca mai di guardare e riguardare, proprio come quando si rimane immobili ad osservare un’opera d’arte, che vuole essere sempre ammirata e soprattutto avvertita con turbamento e commozione d’animo.
Insomma, Ljdia Musso ci offre una serie di visioni in continuo mutamento e lascia così al lettore la sensazione di un’opera probabilmente incompiuta, e perciò ancora viva, feconda e protesa verso il futuro. La danza della metamorfosi non si ferma, perché non si può e non si deve fermare, altrimenti non sarebbe più una metamorfosi; e il gioco di immagini di questo straordinario catalogo fotografico sembra non avere né principio, né fine.
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