di MAURIZIO ALFANO
Rieccoci.
Bisogna ripartire, questo l’imperativo di un’economia malsana, che non contiene alcuno elemento di sussidiarietà, che disprezza il genere umano ed apprezza di contro chi lo sfrutta, divide, affama, inganna, strangola, schiavizza, abusa, ovvero lo ammazza fisicamente o nei suoi diritti.
Bisogna ripartire, il tassativo di un’economia degenere che deve riprendere a macinare e produrre fatturato e ricchezze, ma per chi. Quali sono i fondamentali di una ripresa non rinviabile se si continua a morire per fame, se si può essere pagati un euro all’ora, mentre abuso anche della tua compagna nei campi di sterminio dei diritti della Calabria. Dove gli esseri umani diventano animali, scimmie alla quale puoi far bere sia acqua contaminata o urina e riderci sopra. Bisogna ripartire, stiamo morendo di fame gridano nelle piazze i capi popolo nazionalisti nel totale disprezzo delle oltre ventimila persone che ogni giorno muoiono per fame, sete e stenti nel mondo. Una cosa è ridurre gli ultimi alla fame, altra è morire quotidianamente di fame. In entrambi i casi, il paradosso è che sono vittime predestinate di una forma di capitalismo parassitario che finanzia movimenti nazionalisti e sovranisti - uomini e donne italiane, come uomini e donne migranti artatamente messe uni contro gli altri.
Ed allora Mondragone diventa terreno di scontro dove portare in scena l’odio viscerale che è in noi. Mondragone diventa terreno di scontro tra chi da una parte addita ai cittadini bulgari di etnia Rom di essere untori, trasgressori delle norme anti contagio nel mentre dall’altra proprio quei cittadini europei sono stati trasformati in corpi a perdere, arruolati da organizzazioni di caporalato che come quelle calabresi si contraddistinguono per la ferocia con la quale spezzano le ossa a chi osa ribellarsi così come spezzano ogni filiera di legalità nell’omertà più assoluta. In una sola parola sono allo stesso modo penalizzati all’interno di una filiera di sfruttamento del lavoro al pari degli oltre settanta operai della Bartolini a Bologna, dove nessuno è andato a gridare o assediare la sede, ovvero come gli oltre mille operai contagiati in Germania all’interno di una catena di macellazione. Ecco chi sono i cittadini bulgari di Mondragone chiusi all’interno di una zona rossa oltrepassata da uomini e donne italiane che anziché inveire contro la Camorra che li strangola, o contro una forma di economia parassitaria, inneggiano invece contro migranti incolpevoli che sopportano il maggior peso dello sfruttamento lavorativo nella Domiziana.
Ma ripartire, senza tenere di conto quanto è accaduto oltre il Covid, ovvero l’implosione di presunti leader come Trump o Bolsonaro per i quali il valore della vita umana è nulla dovrebbe restituire quella dimensione di consapevolezza dove attraccare le nostre speranze, ovvero dove fare sbarcare la nostra necessaria forma di lotta e disobbedienza verso un mondo dominato dal valore di mercato e non dal valoro d’uso delle cose o delle persone che stenta però a darsi una forma compiuta. Ecco la sofisticazione del Capitale che determina all’interno di modalità di vite sempre più virtuali, dove l’online prevale sull’off line nel campo delle battaglie attraverso l’uso e la proprietà di piattaforme social determinare anche il terreno di scontro, il nemico da perseguire e così anche l’esito finale.
Abbiamo così riaperto, finito il periodo di chiusura, tutte le nostre attività interiori prevalenti dentro questo paradossale vuoto di mancata consapevolezza quali razzismo, femminicidi, discriminazioni, sfruttamento del lavoro, e quelle più esteriori come l’evasione fiscale che pesa per oltre cento miliardi all’anno nella totale approvazione morale di ognuno di noi astenendoci dall’indignarci per tutto ciò - preferendo la scorciatoia immorale di gridare contro lo straniero invasore anziché gridare contro l’italiano evasore.
Abbiamo immediatamente buttato giù la maschera, presi dalla frenesia di ritornare quelli di prima nonostante i morti, nonostante l’umanità sepolta in fosse comuni o portata al cimitero con i camion dell’esercito, vogliamo ora disfarci anche al più presto delle mascherine e ritornare ad essere quelli di prima. Già quelli di prima, con un futuro ipotecato e impegnato per almeno vent’anni a favore di un sistema che ti priva della libertà di vivere ed amare poiché tutto è subordinato all’obbedienza del lavoro che ti impone i suoi ritmi e le sue regole nel mentre diminuiscono sempre più diritti e tutele sindacali divenute quasi anacronistiche poiché definitivamente trasformati in mezzi di produzione delle merci - privati di anima ed emozioni in massima parte. Nemmeno una pandemia ha reso possibile riuscire a ripensarci. È durata quella apparente solidarietà collettiva un’istante, giusto il tempo di un selfie.
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