di FRANCO CIMINO
Morire a novantuno anni e di malattia più che di vecchiaia, è un autentico privilegio. Vivere fino a quella data dopo aver faticato tutta la vita, rischiandola veramente tante volte, è una vera fortuna. Raggiungere questa veneranda età dopo aver fatto le cose più straordinarie per questo mondo, con l’ambizione, quasi riuscita, di poterlo rovesciare o rivoluzionare o anche semplicemente cambiare sensibilmente, è più che gioia.
È trionfo sulla lotta, vittoria sulla fatica e sugli inganni. Superamento delle sconfitte. Inganni e sconfitte anche della storia. Sopravvivere trent’anni alle umiliazioni subite dai nuovi gerarchi russi, con in testa quell’esaltato da personalismo alterato, che è stato Boris Ieltsin( clamorosa quella inflittagli in Parlamento in diretta televisiva, che tutti ancora ricordiamo), che l’ha letteralmente cacciato imponendogli dimissioni plateali, è stata azione ininterrotta di coraggio “gladiatorico.” Vivere con pienezza di sentimenti, integrità di cuore, lucidità di mente, per ventitré anni esatti nell’amore immodificato per la moglie prematuramente scomparsa nel settembre del 1991, è la prova che quest’uomo ha dato della forza inesauribile, infattibile, dell’Amore.
Quello vero, universale. L’Amore che da un Dio, o da una Verità assoluta che a Dio assomigli, discende sugli uomini. E sulla loro vita apparentemente “ finibile”. Dico apparentemente, perché l’Amore rende l’umano infinito. La grandezza di Mikhail Gorbaciov sta anche qui. La sua incrollabile forza, sta anche qui. In questo amore meraviglioso tra lui e Raissa, iniziato da un primissimo sguardo nelle aule della Università da loro due, giovanissimi coetanei, frequentata. Si sono innamorati subito. Sposati poco dopo. Lasciati mai! Sempre insieme, mano nella mano anche nelle apparizioni pubbliche e negli eventi internazionali o visite di Stato. Sempre insieme. Fino alla morte. Di Raissa. Ieri. Fino alla morte di Mikhail, oggi. Sempre insieme da questo momento all’eternità.
Ché l’Amore, quello vero è per sempre. Perché diciamo, da che mondo è mondo, in qualsiasi latitudine, le seguenti frasi scolpite sulle pietre e sulle acque e sui cuori e nell’aria:” ti amo da morire; ti darei la vita; ti amo infinitamente; senza te mi sento morire?” E ancore, questa mia, che magari avranno detto in tanti assai prima di me:” ti amo quanto il mare e il cielo con tutta la ricchezza che hanno dentro…” Anche i bambini hanno la “misura” dell’infinitezza dell’Amore. Noi adulti facciamo loro sempre la stessa domanda” quanto bene vuoi a mamma e a papà” e però mai ci soffermiamo sulla loro risposta gestualizzata, le loro braccia che si aprono sempre di più fino a farli cadere in avanti. È la loro misura dell’infinito.
L’Amore casto e fedele, acerbo e profondo, mare calmo e cielo tempestoso, cuore battente e pensieri danzanti, l’amore racchiuso in una frase, colorato da uno sguardo, l’Amore che rivive nei ricordi e il dolore trasforma in gioia, l’assenza in costante presenza, la nostalgia in continua carezza, quell’amore custodito in quel ballo di quella sera accompagnato da quella musica, in quella giornata durata un minuto, è il bene grande che Gorbaciof ci lascia. La lezione più bella. L’eredità più disponibile. Ché l’Amore c’è. E salva. Ci educa all’Amore per gli altri e ci responsabilizza dinanzi ai beni ricevuti, la vita, in ogni sua forma, umana e della Natura.
E ci impegna a costruire il luogo necessario, il più idoneo, all’Amore: la Pace. Il Gorbaciov della Glasnost, della Perestroika, del crollo del muro di Berlino e dell’Unione delle due Germanie, della fine della guerra fredda, del ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan, dell’amicizia con l’America, dell’apertura del dialogo con la Cina, il Gorbaciov più giovane Segretario generale dell’Unione Sovietica, soli cinquantaquattro anni, il premio Nobel per la Pace 1990, il liberatore dei dissidenti sovietici rinchiusi nelle carceri più dure, il Gorbaciov che ci ha fatto sognare un mondo libero pienamente, che ha fatto assaporare il profumo della Libertà, una libertà con il senso della sua pienezza, anche a noi che nella Libertà siamo nati e vissuti, quel Gorbaciov che ha umanizzato uno dei poteri più chiusi e autoritari della storia, viene da quell’Amore che gli è cresciuto dentro.
Quell’Amore che ha un nome di donna, Raissa, ma che con parola diversa potrebbe essere il nome di ogni altra donna, la nostra, purché alla pronuncia si accompagni l’Amore. Quell’Amore che ha consegnato alla storia quell’immagine di Mikhail che, piegato sulla bara di Raissa, viso con viso, labbra calde su quelle fredde, mano carezzevole sul volto indurito, piange lungamente a diritto per il dolore immenso di doverla fare andare. E separarsi per la prima volta nella loro vita. Nel ringraziarlo di tutto, con il cuore gonfio di questo incanto, un pensiero mi porta ancora a lui. E alla domanda che lo segue. Questa: "in quell’ultimo istante, dopo la preghiera, l’ha chiamata? E lei, prima che il suo Mikhail chiudesse definitivamente gli occhi, è arrivata rispettando la promessa fattagli al loro ultimo saluto?"
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