di FRANCO CIMINO
Eppure commuove. Mi commuove. Ancora oggi. E non perché l’età che il tempo incalza muove a nostalgie e a sentimenti buoni. Non è per questo. Almeno per me, che questa ricorrenza, e tutte le altre simbolicamente espressive del sentimento della Patria libera e democratica, evoca. Mi commuove da sempre che ero giovinetto con i calzoncini corti. Ho avuto, tra l’altro, anche la possibilità di viverla come festa piena. Uffici e scuole chiuse, decisione mantenuta fino al 1975, conferivano a questa giornata una importanza straordinaria, che si avvertiva molto anche se le sue ragioni sfuggivano alla stragrande maggioranza dei ragazzi. Era festa che contribuiva a fare la prima lunga vacanza, ben sette giorni continuativi, in attesa del Natale che era gioia pura.
C’erano pure le parate militari, con il dispiegamento lungo la via storica più importante di Roma di tutte le Forze “Armate”, a riproporre, con una sfilata imponente( e costosissima) sotto il palco delle più alte autorità della Stato, la potenza militare dell’Italia in un pianeta super armato e pronto a riaccendere guerre dappertutto, anche se la potenza di fuoco irraggiungibile dei Paesi, che il pianeta si erano prontamente spartiti, fungeva da forza dissuasiva tra loro stessi e verso i paesi più piccoli. La ricorrenza della cessazione, con vittoria quasi piena del nostro Paese, della Prima Guerra Mondiale, mi commuove perché mi commuoveva, mi fa riflettere perché mi faceva riflettere. Sentimenti e pensieri non sono mai cambiati.
L’ammirazione per l’eroismo di chi aveva combattuto per noi, che eravamo il futuro a loro negato, il dolore per la morte e le gravi ferite subite da milioni di italiani, il vuoto e le sofferenze lasciate in altrettanto nostre famiglie, le devastazioni del territorio e le rovine delle cose, la condizione di miseria prodotte, si mescolavano al dolore della guerra in se stessa e all’idea che la nostra vittoria era stata sempre conseguente alla sconfitta di altri paesi, rispetto ai quali la vera misura della supremazia è data dal numero maggiore di morti e feriti, dalla più estesa ampiezza delle rovine materiali e morali come della povertà. In questo vorticoso intreccio ho maturato l’idea, rimasta sempre ferma nel mio animo, che la guerra è l’atto umano più crudele che vi sia e che solo rimuovendo dagli Stati la presunzione di usare la forza fisica per risolvere i conflitti fra paesi è possibile costruire la Pace. Quella vera da cui nasce il vero Progresso, la Giustizia più autentica, l’eguaglianza senza aggettivazioni e gli ambiti nei quali la Libertà, riconosciuta e protetta, sia sempre chiamata a fondamento di tutto l’agire umano. Per la Vita. Delle persone e della Natura. In quella bandiera tricolore e in quell’inno, che dolcemente la muove, io ho sempre visto un Paese che si apre con spirito di solidarietà agli altri. Uno spirito di solidarietà in cui risiede il rifiuto di ogni egemonismo e l’assurda pretesa di essere superiori ad altri popoli e nazioni, che giustifichi il desiderio di occuparli, sfruttarli, derubandoli delle proprie risorse umane e territoriali. Il mio amore viscerale per la nostra Costituzione, nasce dal fatto che essa sia nata, anche se ventisette anni dopo quel 1918, dall’ insopportabile orrore di quella guerra.
Certamente anche dalla seconda, che dal 1939 al 1945 incendiò il mondo con un’Europa già umiliata e distrutta dalla furia nazi-fascista e dalle eroiche lotte partigiane. Ma è in quel quattro novembre, come nelle più antiche battaglie risorgimentali, che trova fondamento l’articolo undici della Costituzione, a mio avviso il vero primo articolo, che richiamo testualmente anche per la sua bellezza poetica:” L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…” I padri costituenti avrebbero potuto chiuderlo qui e, invece, dopo un secco punto e virgola l’hanno fatto scorrere su:” consente( l’Italia), in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la Pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Un capolavoro, sotto ogni aspetto lo si voglia considerare, su cui camminano i più alti principi e le idealità più nobili. Quelli che mettono insieme Vita umana e Persona, Libertà e diritti, Democrazia e Giustizia, territorio e popolo. Terra e Pace. Principi, questi, che appartengono a tutti i popoli e a tutte gli esseri viventi. E alla Terra i cui i confini, delineati dal filo d’oro, siano soltanto gli elementi delle positive e arricchenti singole identità dei popoli e le segnaletiche delle diversità che arricchiscono tutta intera l’umanità e il pianeta.
Da anni, in Italia e nel resto dell’Europa, stanno muovendosi, sotto mentite spoglie, atteggiamenti e movimenti che contrastano apertamente con l’articolo undici e, per esso, con tutta la Costituzione italiana. Tutto questo avviene, purtroppo, nel silenzio generale e accanto a una timidezza collettiva che preoccupa più degli stessi fenomeni in questione. Anche oggi si dice “ sono quattro gatti, meglio lasciarli stare, non inducono ad alcuna preoccupazione, sarà al massimo un problema di ordine pubblico…” senza, però, voler comprendere che il pericolo non è un sovvertimento “ manu militare” dello Stato o la imposizione di una nuova guerra che ci veda orgogliosamente protagonisti, ma il progressivo modificarsi della sensibilità democratica dei cittadini italiani ed europei e la loro cultura della vita e della democrazia. Cresce sotterraneamente il sentimento dell’anti. Quello di essere per forza e per prepotenza contro qualcosa o qualcuno. Contro le autorità e le istituzioni e, poi, contro le persone, inventando continuamente un nemico che giustifichi la voglia di arroganza e la manifestazione di potenza.
È quella violenza distruttiva che si vuole far passare come diritti delle minoranze aggredite da un potere corrotto e liberticida. Per queste mie preoccupazioni, la ricorrenza del quattro novembre odierno si rafforza nel suo autentico spirito di rifiuto della guerra e di ogni forma di violenza che attenti alle libertà e ai diritti di popoli. Tutti i popoli. E delle persone. Tutte le persone. Così da restituire pienamente all’Italia il ruolo di “ soldato” della Pace. Un soldato armato solo dello spirito di fratellanza e di amicizia. Quello che costruisce Progresso e “ ripudia la guerra”. Ogni forma di guerra. Anche nelle diverse sue forme espressive. Dappertutto. Anche al suo interno, perché ripudia l’odio per far posto all’Amore. Ripudia la ragione della forza fisica per far posto alla forza della Ragione.
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