La riflessione di Franco Cimino: “Non processate Salvini. Autonomia del parlamento e lotta politica”

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images La riflessione di Franco Cimino: “Non processate Salvini. Autonomia del parlamento e lotta politica”
Franco Cimino
  03 ottobre 2020 14:28

di FRANCO CIMINO

La tre giorni che la Lega ha vissuto a Catania discutendo su temi importanti per la vita del Paese, l’ho trovata sincera e l’ho pure apprezzata. La manifestazione “pacifica” che i militanti della stessa hanno promosso, richiamando la piena solidale adesione del centrodestra, per stamattina non lontano dal palazzo di Giustizia, dentro il quale il giudice delle indagini preliminari sta decidendo se portare a processo il loro leader, accusato di uno dei più brutti reati, non mi piace. E non solo per l’intrinseco tentativo di condizionarne la decisione, ma per la ripetuta volontà di politicizzare la Magistratura più di quanto, parti di essa e gran parte della politica italiana, non abbiano finora fatto.

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Come anche il recente voto del Senato per l’autorizzazione a procedere sul caso Salvini, a mio avviso, dimostra. Detto questo, ripeto il mio pensiero: trovo sbagliata e ingiusta la decisione assunta a maggioranza dal Senato della Repubblica in ordine alla richiesta di poter giudicare Matteo Salvini per il reato di sequestro di persona, riferito alla ormai troppo nota vicenda della nave dell’OGM Gregoretti, costretta, dalle decisioni dell’allora ministro dell’Interno, per tanti giorni a restare in mare con centinaia di migranti a bordo, tra cui molte donne e bambini e uomini ammalatisi nel frattempo.

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 La trovo ingiusta perché risponde a una volontà esclusivamente politica, già di per sé inconcepibile, e al tentativo, non nuovo in Italia, di liberarsi per via giudiziaria del “ nemico” politico. Ricorre anche qui l’abominevole logica di utilizzare le istituzioni per raggiungere scopi che già sono improponibili nella lotta politica. In questo nuovo caso si utilizzano insieme le due massime magistrature democratiche, quella del Parlamento e quella della Giurisdizione. Nello specifico affermo, sebbene non siano concetti nuovi, che la Magistratura non può intervenire, salvo clamorose violazioni delle leggi e delle norme costituzionali, su un’azione che visibilmente è ascrivile a quella complessiva del Governo. Esso si rappresenta, infatti, attraverso sia i suoi stessi decreti e proposte di leggi, sia con gli atti dei singoli ministri. Un organo, chiamiamolo pure potere, dello Stato non può usare il suo potere per condizionarne un altro, se non per ridimensionare o cancellare la forza democratica su cui esso si regge. Quella ispirata dalla nostra Costituzione si fonda sul principio dell’autonomia delle singole istituzioni e sul corretto equilibrio dei poteri. È il Governo stesso, pertanto, che può correggere se stesso prima che il Parlamento decida democraticamente sugli atti dell’Esecutivo e sullo stesso destino dei singoli ministri, come su quello dell’intera compagine governativa. Nel caso Salvini-Gregoretti, non c’è stato un solo atto istituzionale, tranne quel ritardato gesto umanitario di Giuseppe Conte, che modificasse la posizione del ministro dell’Interno e che ponesse lo stesso dinanzi alla valutazione delle Camere per le decisioni conseguenti. Questa mia osservazione tralascia, in quanto poco interessante in questo contesto, l’ipocrisia, per non dire la doppiezza e falsità, degli uomini e delle forze politiche che, nel rapido passaggio tra l’alleanza e l’inimicizia, hanno, nel governo e in Parlamento, cambiato radicalmente posizione. Non si gioca con l’autonomia delle istituzioni. Il rischio insostenibile è la progressiva perdita di spessore e di originalità del sistema democratico. Mi domando quale ferita subirebbe il Parlamento intero, non solo il Senato, se, come è molto probabile, il GIP di Catania respingesse l’autorizzata richiesta di procedere nei confronti del “capitano” della Lega. La mortificazione sarebbe talmente profonda da sfiorare l’umiliazione. Confesso che ho avuto difficoltà a scrivere questo articolo, perché nella politica indebolita dalla progressiva riduzione della sua qualità culturale e morale, non si riesce più a dire liberamente la propria opinione senza rischiare di essere collocati in un campo o in un altro della guerra crescente in atto nel Paese. Ma il dovere di essere coerente con i principi che mi hanno formato e quello della responsabilità nei confronti della democrazia, oltre che la mia fede incrollabile nella libertà da cui discende il principio dell’intangibilità della persona e dei suoi inalienabili diritti a vivere in ogni luogo della terra, mi impongono di dire. Anche perché Salvini con la sua inaccettabile posticcia ideologia, prima o poi passerà. Egualmente passerà questa brutta recitazione sul teatro della Politica in cui si alternano e si combattono uomini e forze sempre uguali, a ieri e tra di loro. Il Parlamento, invece, resta. La Costituzione pure. Immodificabile nei suoi principi indissolubili, però.

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