di FRANCO PETRAMALA
Ci domanderemo come questa cattedrale sia stata costruita, quanti anni ci siano voluti, il progetto che forse, nel corso dell’esecuzione, ha dato luogo a cambiamenti, per cui il risultato finale non è quello pensato dall’autore all’inizio.”**
Se fosse la descrizione di una sorpresa o di una delusione saremmo comunque sereni. Invece è l’immagine della frustrazione. È il tempo imbevuto di certezze inattuali, di un mondo perduto o non raggiunto, innuvolato di sofferenze.
Con gli anni il passato rimpicciolisce all’orizzonte rifugiandosi in un contenitore angusto, sembrando impossibile come sia potuto accadere l’impiego a progettare di tutti gli anni trascorsi. Superflui o indistinti, oggi diventano irrilevanti: la distanza e la curvatura della terra fa diventare sempre più piccola la nave all’orizzonte, come mostra una spiegazione della teoria della relatività. Il nostro osservare attuale è però avvolto nella polvere.
Il lungo lavoro di quegli anni ha segnato le nostre vite ed ha tenuto insieme le inquietudini e le convinzioni di ogni giorno e quelle osservate in lontananza. C’era dell’inadatto, dell’esagerato in quel vivere andando sempre avanti a visiera calata, nulla trattenendo la passione dell’eroismo che le tante culture agitavano sotto le insegne ideologiche. Solamente per convinzione? no, c’era anche del dubbio!!
Intanto le penurie e le deficienze diffuse inducono le persone “al non credere” neanche ai danni del nucleare bellico, alla crisi energetica ed alla rivolta delle donne iraniane. Diviene tutto sempre più piccolo come quella nave che scompare all’orizzonte. Rimane l’inerzia, finché l’indigenza africana somiglierà in fine alla paura, dappertutto. E nel mondo rimarrà l’impotenza degli uomini e delle loro organizzazioni sociali semplici o complesse, senza progetto etico.
*Da uno scrittarello anonimo rinvenuto in un archivio di appunti.
**De Fallois Saggi su Proust
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