di VINCENZO SPEZIALI
Consapevole di una par condicio esistente ed incipiente, eviterò peana in favore della mia aggregazione, epperò mi sarà consentita la constatazione -del tutto legittima - di come la reale novità (e l'unica credibilità derivante dal conseguenziale programma) sia proprio l'esperimento (ben strutturato) del tandem Calenda/Renzi, con noi tutti a tirar la volata.
Difatti, assistiamo, per il verso che impatta nei Cinquestelle a bizze demagogiche (poiché sloganisticamente a buon mercato), a propositi giacobini (in quanto si auspicano manette a gogò, ma non per tutti, considerando l'esimente in capo Beppe Grillo o al di lui figliuolo), oppure amenità aconcettuali (in riferimento all'essere contro ogni scelta di criterio, come quella dei rigassificatori, ed anche dei termovalorizzatori).
Invece, sul versante dem -portato alla stregua di un'azienda in cui il suo capo rimedia una bancarotta fraudolenta- vi è la confusione contraddittoria più totale, alla quale si aggiunge un goffissimo pressappochismo e una fastidiosa alterigia lettiana (o di un suo presunto, oltre che ristretto 'presidium', in quanto -conoscendo bene Enrico- non ha mai avuto e mai avrà, inclinazioni da discinto cerchio magico), senza menzionare poi, l'ultimo scampolo di questo fallace schieramentismo italico, cioè il destracentro.
Ad libitum et abundantiam etiam, stendiamo un velo pietoso su tale populistico coacervo, dove nelle parti basse (non certo e non per tutti, quelle anatomiche), ovvero intorno a ciò che resta della frangia centrista -da Forza Italia a Noi (prima, con l'Italia e oggi, Moderati)- vi è uno sfaldamento, anzi uno squagliamento, totale, da farli rischiare di essere considerati, dagli azionisti forti di questa coalizione (sempre più estremisticamente dilettantesca), un'appendice irrisoria e financo fastidiosa.
Per ciascuno delle tre sopracitate alleanze -chiamiamole così- potremmo prendere ad esempio alcuni soggetti in carne ed ossa, alfine di meglio plastificare e materializzare, le cose fin qui, dal sottoscritto, menzionate.
Osserviamo il buon Federico Cafiero de Rhao, dall'alto della sua statura simil Berlusconi (a proposito, le scarpe sono come quelle dell'ex Cavaliere? Booh, vai a saperlo) e verificheremo come il fu Procuratore -che da inquirente, sferzava i politici e la politica - si sia trasformato in un testimonial del prodotto un tempo, proprio da lui, vilipeso (cioè le campagne elettorali, la ricerca degli elettori e cose inerenti la materia di specie), dimenticandosi di esser persino giunto a dire, come lui -tapino- non potesse giocare a tennis in un qualsiasi club di Reggio Calabria, poiché non sapeva chi potesse pararsi innanzi alla sua persona (o a quelli del suo staff, che per altro avrebbero in corso, tutti assieme appassionatamente e senza Julie Andrews, qualche contenzioso legale, del tutto legittimo, in un Paese straniero).
Se non lo sa un Procuratore della Repubblica, chi può esserci in un posto o da chi sarebbe frequentato, lo può mai sapere un cittadino? Certo che no, però la vulgata demagogica val bene una sparata ad effetto, salvo poi trovarsi -persino costui!- a cercar voti in una comunità che avrebbe se non dileggiato, quantomeno tacciato di discutibile contiguità cogente.
È un tipico ragionamento da bambini, ed infatti mi porta a pensare che il Cafiero, non concorra per uno scranno, bensì per un seggiolone (patti chiari, niente a che vedere con la sua altezza, ma poi fate voi!).
Di converso, volgendo lo sguardo alle latitudini piddine, è del tutto naturale constatare in modo sconsolato e desolato, come il campo largo del povero Enrico Letta, si sia ridotto in un piccolo acquitrino stagnante, dove al di là del verdurame bonelliano e del rosso, non floreale bensì fratoiannesco, convivono contraddizioni politiche, gestionali, governative e (para) ideologiche, cementate dai risentimenti del Segretario (pro tempore e precario?) del PD e dalla evergreen Emma Bonino (un tempo 'in Pannella'), nei confronti di Matteo Renzi e Carlo Calenda.
A ciò, dovremmo aggiungere, nella loro propaggine calabra, gli strafalcioni politici (con relativa mancanza di coerenza e credibilità) di un giovanotto (presumibilmente?) arrogante e tronfio della sua autoreferenzialità, la quale risulta insufficiente per essere degni di credito, ma abbastanza consistente nel fare sfociare il tutto al pari del presagio di un effimero successo.
Conquisterà, 'il piccolo' Irto, la cooptazione (si badi bene, non è elezione!) a Senatore, ma la tal cosa sarà la classica 'vittoria di Pirro', poiché se tanto mi dà tanto, vi è già pronto in rampa di lancio, uno che gli presenterà il conto (salato), al punto di contendergli la segreteria regionale del balcanizzato Partito Democratico e il dartagnanesco Nicolino, non potrà combatterlo (o insolentirlo), perché costui si sa difendere bene e, notoriamente, mena sganassoni seri.
Parliamo di Ernesto Alecce, ovviamente, il quale ha un tratto umano differente e perciò migliore, di chi al suo contrario, non ti guarda mai negli occhi, anzi la futuribile controparre dell'ex Sindaco di Soverato, ha un certo non so che di sfuggente, quindi è già di per sé classificabile come dedito 'al servo encomio e codardo oltraggio', chiaramente dal punto di vista politico (poi se pure in altro non lo so, ma lascio la valutazione a chi lo conosce bene o meglio!).
Non parliamo poi della povera -si fa per dire e ironicamente la si intende - Forza Italia, avviata ad un cupio dissolvi, celebrato da una solita frigida platinata, dedita ad essere megafono di regime borbonico francese e al tempo stesso del Terrore non robespierano bensì giacobinicomanettaro (come insegnatole dal defunto obeso, nonché ricattatore seriale).
Si vuole un esempio?
Presto detto: nei giorni in cui si compilavano le liste -non di proscrizione ma di cooptazione (infatti, i deputati e i senatori, non sono eletti, poiché non si esprimono voti, in luogo al non esserci del proporzionale)- dicevo in quei giorni caotici, un certo giornale online, nemmeno citava il nome e il cognome del Presidente della Regione, bensì lo indicava e lo incensava con il titolo (nel caso di specie in combinato disposto tra l'insussistente e l'esilarante) di -udite, udite, tremate, tremate!- Kingmaker!
Ora, se dovesse essere encomiastico -forti del proprio ruolo di capo dell'esecutivo calabrese- venire così appellati, a fronte di 'sistemare' in una postazione (apparentemente?) sicura, un proprio congiunto, la cosa avrebbe avuto senso e credibilità persino per Caligola, il quale nominò senatore (è un caso come le due cariche coincidano) un cavallo.
Vi sarebbe poi un altro aspetto -con risvolto da finale triller- e cioè se il seggio senatoriale (non in riferimento all'equino imperiale, ma al consanguineo presidenziale) non dovesse scattare, datosi come la cosa sarebbe da mettere nel conto comunquemente, direbbe Cetto Laqualunque (e qui si, il parallelismo ci sta tutto!).
La leadership dello sponsor, ne uscirebbe intonsa?
La restante Forza Italia, ne sarebbe, lo stesso, contenta?
E il Presidente (un tempo Kingmaker, del tutto o del nulla?), resterebbe in dominio arcoriano (del trio Berlusconi/Fascina/ Ronzulli) o ha già in mente -come sembra- un saltino vero altri lidi, che oggi avversa (e la sua attuale coalizione schernisce), ma che domani, con un cinismo da bassa cucina tipico dei '"personaggi sfumati, abituati ai titoli di coda" (come li definì, magistralmente, Beppe Fenoglio), sarebbe capace di abbordare?
Se fosse così, nessun problema, ma evitiamo il familismo, please, poiché non saremmo consoni con la frase dell'Imperatore Augusto, sul letto di morte: << si spectaculum probaverunt, plaudite>> cioè se lo spettacolo vi è piaciuto, applaudite.
Qui purtroppo non ci resta che piangere, a fronte di tali schieramenti, ma solo sperare in quello del buonsenso, cioè in Renew Europe.
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