di MASSIMILIANO LEPERA
"Soprattutto negli ultimi tempi, a causa anche della pandemia, l’umanità si è catapultata in massa nella tecnologia, sia per sopravvivere con scuola, lavoro e vita “sociale” sia per trascorrere in maniera alternativa un tempo che spesse volte è risultato quasi infinito, in particolar modo nei periodi di lockdown e zone colorate.
Attualmente, sebbene la situazione sia leggermente diversa rispetto a prima e la vita sociale e umana sia ripresa praticamente in maniera normale, gli effetti della tecnologia e le sue ricadute all’interno della psiche e dei meccanismi vitali di numerosi individui si fanno sentire e anche fortemente. Perché se da una parte la tecnologia, ormai da diversi anni, ci proietta verso nuovi orizzonti e tende a migliorare esponenzialmente lo stile di vita umana, d’altra parte, tuttavia, non si può di certo sottovalutare l’impatto annichilente che essa stessa ha avuto sulla popolazione, in particolare sulle nuove generazioni e sui più piccoli.
E questo si nota quotidianamente nel mondo scolastico, in cui i giovani hanno ripreso la frequentazione delle lezioni in presenza, in compagnia dei loro simili. Ma sono veramente consapevoli di essere in compagnia dei propri simili? Oppure sono talmente immersi in un mondo totalmente diverso che ne risucchia energie e vitalità e li strania totalmente dal resto? Un mondo virtuale, appunto, che in quanto tale fa perdere totalmente il contatto con la realtà circostante e il mondo vero.
Un mondo nel quale l’empatia, le emozioni, le impressioni e sensazioni psico-emotive difficilmente trovano spazio, in quanto i bambini e i ragazzi si trovano, al contrario, relegati dietro a uno schermo perdendo totalmente contatto con la vita reale. E con i propri simili. Oggigiorno, infatti, si nota una tendenza, maggiormente diffusa tra le nuove generazioni, a restare per molto tempo “ancorati” ai dispositivi mobili, dagli smartphone ai tablet, dai pc ai notebook, fino addirittura agli smartwatch. E ciò accade pur stando fuori di casa e “uscendo con gli amici”. Il motivo? Il vortice inesorabile dell’intrattenimento sul web e sui social che lascia poco spazio alla vera e propria socialità.
Da Facebook a Twitter, da Whatsapp a Instagram, da TikTok a Telegram e Youtube, passando per stories, reels, video, foto, book, post, like, commenti e quant’altro di assolutamente deviante dal reale ci sia. Tutto sul web e sui social è legato ormai alla tendenza. Ma cos’è la tendenza? Una moda passeggera, si potrebbe rispondere sintetizzando al massimo. Andy Warhol diceva, quasi profetizzando ciò: “Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti”. E sembra essersi pienamente realizzata questa profezia autoavverante, in quanto moltissime persone, soprattutto tra i più giovani, farebbero di tutto per un pizzico di notorietà sul web e tra i loro simili.
E la cosa grave è che compirebbero anche atti completamente abietti, immorali, assurdi e veramente irreali. Risse, sfilate e balletti osé improvvisati, atti di bullismo e di razzismo: tutto spesso volutamente filmato e caricato sul web per “far impazzire i propri fan” e dar adito a una sfilza di like, commenti e condivisioni dei post. Ma in tutto ciò, la domanda che viene lecito porsi, osservando questo fenomeno nel suo veloce incedere e restando impotenti dinanzi a famiglie spesso sorde e cieche, è: “Ma dove sono andate a finire le emozioni? E i valori? Che fine hanno fatto l’umanità, la solidarietà, la socialità, la realtà?”. La maggior parte di questi giovani delle nuove generazioni spesso si ritrova a un bivio tra due vie molto particolari e ostiche: da una parte subiscono gli effetti collaterali dell’abuso del virtuale, manifestando tale disagio e disadattamento sociale per mezzo di crisi isteriche, scatti collerici, attacchi di ansia e di panico, dall’altra si chiudono in una sorta di apatia, atarassia e aponia senza limiti (di stoica ed epicurea matrice) che li proietta in una specie di tunnel di solitudine, incomprensione e isolamento. E ciò si manifesta spesso anche a scuola.
A questo punto, viene spontaneo chiedersi: “Che cosa fa la scuola per questi ragazzi? Cosa fanno i docenti? Come si può riportarli sulla retta via della socialità, della realtà e dei valori?”. Le risposte potrebbero essere molteplici, ma qui una in particolare assume rilevanza: bisogna che questi giovani si riapproprino delle loro emozioni, che ridano e scherzino tanto tra loro, che piangano e si commuovano, che diano sfogo ai propri sentimenti, che empatizzino con i propri simili, che facciano gruppo e ricreino nuovamente quel concetto di comunità, di gruppo, di socialità che ormai da diverso tempo sembra essergli stato sottratto. Cosa a cui ha contribuito non in minima parte la tecnologia. Facciamoli emozionare questi giovani, infondiamogli valori e insegniamogli a vivere in società ancor prima che a mettersi sui libri, riempiendosi la testa di mere e vuote nozioni non applicabili nel mondo reale, nella vita vera.
Discutiamo con loro, parliamo di tematiche attuali e delicate, sensibilizziamoli a rispettare se stessi e il prossimo, facciamoli socializzare attraverso progetti condivisi, immergiamoli nella riscoperta del “fanciullino” di pascoliana memoria e facciamogli comprendere veramente che la vita vera è emozione, sensazione, scoperta, sorpresa, capacità di riflettere, confrontarsi, meravigliarsi. Soltanto così, e non solamente con l’uso della tecnologia (che invece dovrebbe essere un valido supporto finalizzato a questi nobili scopi), potremo nuovamente donar loro la possibilità di riappropriarsi del mondo circostante e tornare a vivere sereni, liberi e spensierati".
*Professore
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