La riflessione. Maurizio Alfano: "Addio Willy, vittima di razzismo e di «seppur sentita» indifferenza"

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Maurizio Alfano
  12 settembre 2020 21:55

di MAURIZIO ALFANO 

Lui, Willy è morto. Tra tre giorni si inizierà a parlarne meno, la notizia scivolerà sempre più in coda nei mezzi di informazione per lasciare posto magari al pericolo degli sbarchi, dei migranti, di tutti questi scarti umani che qui arrivano, o almeno così tentano. Si, perché il paradosso sarà proprio questo, persone, alcune, che oggi si ritengono indignate per la morte di Willy, torneranno a parlare di invasioni, della necessità della sicurezza dei confini, della irrinunciabile lotta sovranista a difendere la Patria contro questa orda di negri integralisti e criminali che attendono al futuro delle nostre vite. Questa è la grande ipocrisia del nostro tempo che dovrebbe indurci però a ragionare anche su chi sono i mandanti del pestaggio ed omicidio di Willy. I colpevoli sono solo davvero il branco dei quattro codardi ed idioti, ovvero ne è responsabile anche chiunque con la propria indifferenza ne legittima le conseguenze ?

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Se non si inizia a dare un peso ed una responsabilità anche alle parole che impunemente leader politici e non solo possono proferire, ovvero a punire il peccato di ignavia, sarà difficile contrastare tutto questo odio. Esiste o no un problema di istigazione all’omicidio su base razziale e per futili motivi in questo caso ? Credo proprio di si. Ma l’ipocrisia del nostro tempo che tutto rimuove, legittima e trasforma in occasione per fare voti ed ottenere consensi, tutto tritura e tutto assolve.

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L’altro, Gesù, dopo tre giorni è invece risorto. Ma cosa hanno in comune questi due figli di migranti, oltre al loro incarnato scuro, propensione all’altruismo e soprattutto alla loro medesima agonia nel dolore? Due donne, due madri, due sopravvissute alla morte dei propri figli.

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La prima, Maria, era in un mare di dolore, il volto rigato di lacrime, il cuore straziato per le ferite del Figlio. Ella lo vede totalmente in preda ai patimenti e all'angoscia; nel corpo lacerato e sanguinante, dalla pianta dei piedi alla testa non vi è una parte che non sia ferita o contusa. Maria vede suo Figlio livido e così sfigurato da non avere più aspetto di uomo. Un lebbroso, un ammasso di piaghe e lividure sta davanti a lei: il più abietto degli uomini. Questa la scena che penetra nel cuore della Madre come una spada. Questa è l’angoscia ed il dolore di Maria.

«Me lo hanno portato via in modo orribile. Gli hanno fatto male, tanto male. Picchiato in maniera selvaggia. Avrà sofferto, chissà quanto. E lui che non poteva fare niente, a terra, indifeso. È vero, Willy? Hai sofferto, massacrato senza pietà, povero figlio mio». Questa è l’angoscia ed il dolore di Lucia.

Due donne, due madri, due croci la prima, che inchioda Gesù, quell’uomo vissuto come un diverso fin da ragazzino costretto ad emigrare con la famiglia per trovare riparo da morte certa, la seconda che crocefigge Willy anche lui vissuto come un diverso, poiché figlio di migranti proprio come quel Cristo messo a quella croce sotto alla quale spesso però i carnefici  vanno a pregare ed a chiedere non perdono, ma assenso preventivo addirittura per le loro future azioni criminali.

Hanno solo ucciso un extracomunitario. Ecco, una di queste azioni per la quale si chiede e il sostegno di tutti i sovranisti e l’assoluzione e la comprensione della Chiesa.

Ecco perché mi  stupisce lo stupore. Mi meraviglia la meraviglia. Mi indigna l'indignazione. Hanno solo ucciso un extracomunitario è la sommatoria di chi dice, sono assai, non li possiamo accogliere tutti noi, chiudete i porti, ci rubano il lavoro, sono dei clandestini, affondiamo i barconi. Ognuna di queste affermazioni è stata un calcio in più contro Willy. Qui c'è da processare non solo quattro vigliacchi, ma anche quello che loro rappresentano nella colpevole indifferenza dei razzisti perbene e anche però degli antirazzisti vanesi che nulla di concreto propongono se non narrazioni di luoghi cosmopoliti improbabili e spesso falsi nella loro costruzione e narrazione.

Il razzismo [...] ha a che fare col mondo che ci circonda, con le condizioni di vita, le idee, ideologie, ma anche con i mondi psichici degli individui, le paure, l'aggressività. “È innanzitutto una passione” scrisse Sartre nel 1944. Nel giudicare la colpevole condotta dell'antirazzismo, quello autoreferenziale, saccente, sono sempre partito da Sartre. E il fallimento evidente risiede proprio nella colpevole indifferenza che abbiamo contribuito a costruire che si sprigiona imperiosa in quel – hanno solo ucciso un extracomunitario. Incapaci di sapere dialogare con il mondo che ci circonda siamo lontani da conquistarlo almeno su un terreno neutro.  Addio Willy, vittima di razzismo e di «seppur sentita» indifferenza.

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