La riflessione. Roberto Rizza: "Catanzaro è una città politicamente e socialmente depressa. Serve fare qualcosa. Ora"

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images La riflessione. Roberto Rizza: "Catanzaro è una città politicamente e socialmente depressa. Serve fare qualcosa. Ora"
Roberto Rizza
  04 maggio 2021 10:40

di ROBERTO RIZZA

"Tanti affetti continuano a dover andare via. È il momento della responsabilità e di una riflessione collettiva, per la giustizia sociale, contro la politica che, per troppo tempo, ha occupato tutti gli spazi e compresso l’autonomia, il merito e la dialettica tra istituzioni e società.

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Se non ora, dopo tutto quello cha abbiamo vissuto e stiamo vivendo, quando dovremmo affrontare i temi più importanti e pensare una prospettiva politica capace di andare ben oltre i confini del Sansinato? 

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Solo nelle ultime tre settimane sono ben sei gli amici che hanno lasciato la nostra città. Quasi altrettanti quelli che lo faranno a breve. 

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Sei percorsi differenti, sei storie diverse. Gli stessi pensieri e le stesse sofferte domande. Sei tra tanti. Migliaia ogni anno. 

“Sei” potrebbe sembrare, per chi legge, un numero irrisorio, ma sei “arrivederci” così ravvicinati, personali e lontani dalle fredde e ormai puntuali e consuete statistiche, pesano e mi fanno pensare.  Sono teste e cuori che vanno via, è un immenso capitale umano che perdiamo ogni volta. Sono affetti, ricordi e pensieri. È capacità critica che, il più delle volte, viene a mancare per costruire un domani che in tanti vorremmo certamente diverso. 

Abbiamo trascorso un anno immersi nella retorica dell’idea di una “lezione del virus” e di una sua lettura, a secondo del caso, punitiva o salvifica. Da queste parti poi, ci siamo addirittura costruiti una sorta di sua natura provvidenziale: quella dell’ultima possibilità e del ritorno a casa fatto di “south working” e “work life balance” (…). 

Doveva, secondo alcuni, essere l’opportunità; è stato, più di tutto, il momento della consapevolezza e delle scelte personali, familiari e lavorative da affrontare. E alcune bellissime storie, di cui anche io sono testimone, fatte di lieti e positivi ritorni, sono eccezioni che non cancellano la realtà che dobbiamo avere il coraggio di affrontare. 

La verità, che invece è solo una, ci racconta come e quanto questa pandemia abbia reso plastiche le difficoltà di un sistema messo a nudo nella propria totale incapacità e malafede. Un apparato politico e burocratico asfittico nel quale agiscono partiti senza regole e portatori di interessi particolari. 

Da anni assistiamo ad un continuo e preoccupante arretramento sul terreno della qualità della politica, ad una specie di deriva familistica, clientelare e assistenziale che ripropone, di continuo, la logica dello scambio e della intermediazione. Oggi ne stiamo pagando le conseguenze. 

Nel corso di questo anno abbiamo toccato con mano quanto la cattiva politica abbia nel corso del tempo occupato tutti gli spazi, comprimendo l’autonomia, il merito e la dialettica tra istituzioni e società. Una presa d’atto che però non ci assolve e della quale, ricordiamolo bene, anche noi siamo stati artefici e responsabili ogni qual volta abbiamo anteposto, nelle nostre scelte di ogni giorno, il favore al merito, il tornaconto personale al bene della comunità` e l’utile al giusto.  Io penso che su tutto questo debba aprirsi una riflessione importante, onesta e severa. Ma non solo. 

I prossimi mesi saranno importantissimi. Saranno, se Dio vorrà, i mesi del post pandemia e delle elezioni che più da vicino ci riguardano, quelle regionali e quelle comunali. Saranno i mesi della nostra responsabilità, di tutti. Non bisogna nascondersi. 

Vivremo momenti e appuntamenti importanti che dovrebbero indurci a ricondurre il dibattito pubblico ad un principio di onestà intellettuale e di sincerità. 

Se non ora, infatti, dopo tutto quello cha abbiamo vissuto e stiamo vivendo, quando dovremmo affrontare i temi più importanti e pensare una prospettiva politica capace di andare ben oltre i confini del Sansinato?  Affrontare, da italiani e meridionali, il tema dell’iniqua e ingiusta distribuzione territoriale delle risorse pubbliche nel Paese e la reale, più di tutte, esigenza di riforme strutturali. 

Affrontare, da calabresi, le tematiche legate alla gestione delle risorse che arriveranno da Roma e da Bruxelles e la nuova programmazione da mettere nero su bianco. 

Affrontare, da catanzaresi, le questioni legate alla programmazione urbana in essere, i problemi vissuti dalle periferie più isolate e dai cittadini più inascoltati e la costruzione, oggi troppo lontana, di una città davvero al centro di un avanzato sistema di relazioni economiche, politiche e culturali. 

Tutto deve far parte di uno stesso e lineare ragionamento. Io penso infatti che una discussione capace di coniugare le difficoltà di un ente locale, nel caso la nostra Catanzaro, alla crisi del più ampio sistema politico e istituzionale, così da metter in campo soluzioni omogenee e risolutive, sia mai come oggi cosa imprescindibile. 

Ma ad oggi come la città si sta preparando? I presupposti non sono dei migliori. Mi spiace ma, escluse alcune libere e associative iniziative che mi rallegrano, non vedo nel dibattito politico e partitico, regionale e cittadino alcuna novità e il metodo degli apparati mi sembra sempre lo stesso: costruire il futuro più prossimo addormentando la discussione pubblica e stancando ogni libera iniziativa. 

Catanzaro è una città politicamente e socialmente depressa, figlia di un modo di far politica che, negli anni, ha svilito il senso della militanza e il valore del merito. Se la città, in tempi brevi, non avrà un sussulto di partecipazione è facile pronosticare cosa accadrà: tra qualche mese, tutti quanti noi, ci ritroveremo, senza accorgercene, di fronte a precise scelte compiute e a fare, ancora una volta, i conti con il meno peggio e con qualche rimpianto di troppo. Serve fare qualcosa. Di autentico e di politico. E serve farlo subito. Prima che sia troppo tardi.

Oggi, se abbiamo a cuore le sorti del nostro territorio, dobbiamo sentire il dovere di declinare soluzioni nuove con coerenza e con coraggio, mettendo in campo una riflessione collettiva sulla nostra condizione comune, sulla nostra identità e sui nostri perché. 

La pandemia ci mette di fronte a delle scelte, ancora una volta. Così come è stato e come è - dove non importa - per tanti amici.  

Mi piace pensare che è proprio nelle difficoltà e nell’amore per questo territorio, nella gioia e nei momenti di dolore che, come di recente accaduto, colpiscono la nostra comunità, che più staremo assieme senza cedere alla resa o ad un compromesso al ribasso. Chi resta, chi è tornato e chi è andato. E che assieme, tutti, sceglieremo da che parte stare". 

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