di VALENTINA FALSETTA
Eziologia: Il parassita dei social network in genere è l'uomo che non riesce a farsi un’idea propria di alcunché. Le cause del fenomeno nello specifico possono essere molteplici, ma a ben vedere tutte si ricollegano a cinque macro cause che ho individuato nel paragrafo successivo.
Qual è il meccanismo che porta all'instaurarsi del processo in questione?
In presenza di una qualsiasi delle suddette cause o, nei casi più estremi, in compresenza, l'uomo riversa sul social lo status d'incompetenza, e si badi che talvolta l'incompetenza è travestita da saccenteria, del tipo: Tizio condivide un articolo, un pensiero o altro, pone un interrogativo ai follower sminuendo direttamente o indirettamente il pensiero dell'autore Caio in questione, poiché secondo il saccente incompetente quest'ultimo, per motivi di antipatia personale, è in torto. Ed è in torto perché magari l'autore pur essendo sociologo ha parlato di letteratura, e seguendo questa loro logica solo un prete può parlare di San Francesco.
Questa è solo una delle tante varianti.
Ma torniamo al meccanismo. In primis cosa si intende per parassita da social? Il soggetto in questione, ovviamente, mette in atto i comportamenti del caso anche nella vita reale. Ma il permeare nella psiche della connessione a portata di mano ventiquattro ore su ventiquattro, la possibilità di essere visto o letto da più persone, instaura nella mente una possibilità luccicante: quella di costruirsi una personalità vista, magari, in persone idolatrate o vicine, e farla propria. Qual è la spinta psicologica? Si spiegava appunto nell'eziologia: l'egocentrismo, la voglia di fama, una scarsa personalità, ovvero il fine di mostrare una forbitezza non posseduta agli occhi degli amici o meglio ancora degli sconosciuti.
Se nella vita reale viene messo a tacere quasi immediatamente, l'atto impresso nel web causa molti più danni: la forza motrice dei network è la capacità di fornire a qualsiasi post la possibilità di arrivare ad un pubblico potenzialmente vastissimo. Ecco perché un'idiozia pubblicata online, proprio per la sua capacità attrattiva, avrà un riscontro enorme per i soggetti, si intende, simili all'autore.
E' un processo che inizia timidamente per poi sbocciare il più delle volte dopo qualche settimana di attività: egli si rende conto che non riesce ad arrivare in tempo rispetto alla notizia del caso ed esprimere un parere proprio, fondamentalmente perché non possiede le conoscenze minime. Ed è qui che giunge alla soluzione, ossia limitarsi a comprendere meramente con cosa è d'accordo e con cosa è in disaccordo, sicché passa a scorrere le home dei vari social e i commenti sulle varie testate giornalistiche. Dopo aver letto, e spesso non compreso, può procedere in vari modi
Come si nota, il problema è anche qui, come spiegavo nel precedente articolo -https://valentinafalsetta.it/2020/04/04/revengeporn-diffusioneillecita-su-telegram/ - culturale. E' palese che alla base di tutto ci sia, come spesso accade, la componente scolastica, senza sottovalutare la propensione degli alunni all'apprendimento.
«I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno».
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