di NICOLA SABATINO VENTURA
In questi ultimi vent’anni, anche di più, ho pensato e valutato tante volte al “fenomeno” della migrazione. Ma davvero la migrazione, penso di no, è un fenomeno nell’accezione che diamo correntemente al termine? In effetti, migrare è da sempre parte della storia della umanità, per come lo è anche per tante specie di non umani. Le ragioni che obbligano numerose persone a emigrare sono diverse, ma tutte sono riconducibili prevalentemente ad una sola: la paura. Infatti, chi migra lo fa perché ha paura, ad esempio, di morire di fame, di sete, di ammalarsi gravemente per le condizioni in cui versa; perché subisce o prevede di essere perseguitato, torturato. Patisce e ha paura delle gravi umiliazioni e mortificazioni che riceve; perché non accetta di trascorrere l’esistenza in condizioni indegne. Altri scappano dalle guerre.
Chi “vive” in tali situazioni non può essere, neanche minimamente, colpevolizzato se tenta di trovare una via d’uscita da una condizione assolutamente inaccettabile.
Sicuramente la contemporaneità (Oggi, diversamente di un tempo, le distanze, anche le più lontane, si coprono in una durata molto breve, e le diverse condizioni di qualità di vita nel mondo sono conosciute in tempo reale pressoché da tutti) favorisce nell’aumento del numero il “fenomeno” migrazione, tanto che la stessa divisione del territorio planetario in nazioni, storicamente non lontana, oggi, messo in valutazione e riconsiderazione, è posta in discussione, di fatto, anche dalla migrazione.
Mi piace raccontare, anche per fare riflettere, di un mio incontro di parecchi anni fa, con un giovane che proveniva, se non ricordo male, dal Sudan. Questo signore, ora meno giovane, è ancora a Catanzaro. L’incontro avvenne in via XX Settembre, in un centro per stranieri gestito da un’associazione del sociale. Alle mie domande, se la cavava abbastanza bene con la nostra lingua, concernenti cosa l’ha spinto a venire in Italia, mi rispose che la povertà in cui viveva la sua famiglia era inaccettabile, al limite della sopravivenza. L’unica scelta possibile era abbandonare quei luoghi. La fece e decise di venire in Italia. Da quando lasciò, con il consenso e l’incitamento dell’intera famiglia, i luoghi unici sino allora conosciuti, impiegò circa un anno per raggiungere le coste calabresi. Fu un periodo molto duro, disse, pensò di non farcela e di arrendersi, ma, al punto in cui era arrivato, sarebbe stato molto più difficile tornare indietro. Domandai perché sin da prima di avventurarsi aveva già scelto l’Italia. Mi rispose che una volta la settimana, quando era nel suo villaggio in Sudan, si recava, percorrendo alcuni chilometri a piedi, in un locale che aveva la televisione e che dava la possibilità di vedere, tramite il satellite, programmi trasmessi dall’Europa. L’alta qualità di vita, il benessere, che mostrava i canali occidentali erano per lui qualcosa d’inimmaginabile, inverosimile, tanto da suscitare meraviglia da far fantasticare e sognare ad occhi aperti di essere li. Un canale italiano, mi disse ancora, durante gli stacchi pubblicitari, faceva vedere un gatto bellissimo e particolarmente curato al quale era offerto, in una scatoletta d’orata, così asserì, roba buona da mangiare. Egli, di conseguenza subito scelse di venire in Italia: se un gatto riceve tanta attenzione, per gli esseri umani sarà una pacchia, pensò.
Ho considerato, mentre lui parlava, cercando di farsi capire, che quanto noi quotidianamente utilizziamo, consumiamo, godiamo, viviamo sono per miliardi di esseri umani l’eldorado; qualcosa di così forte attrattiva, che nulla, in tanti casi neanche il rischio di perdere la vita, potrà mai impedire di tentare di conquistare, anche in minima parte, una vita di gran lunga migliore alla situazione che li mortifica.
La questione migrazione, ritengo, richiede di essere analizzata e gestita con intelligenza, qualità, umanità: chi vuole uscire da situazioni inaccettabili non è un criminale, nè persona di cui avere paura, ma un essere umano in gravissime difficoltà che chiede aiuto. Non con i muscoli o con chi la spara più grossa, con stupide dichiarazioni: blocchi navali, respingimenti, fermiamoli sul “bagno asciuga” definizione, peraltro sbagliata, di Mussolini; nè con accordi per fermare chi scappa, con governi di paesi che sarebbe più giusto interrompere qualsiasi rapporto, perché particolarmente inumani. Queste sono scelte e proposte della destra italiana ed europea da contrastare fermamente. Sono posizioni politiche, sociali ed economiche miopi e da boomerang.
Papa Francesco nella stupenda enciclica Fratelli Tutti, riesce a indicare al mondo dei colpevoli, quelli veri, quello dell’abbondanza e dell’alta qualità di vita, spesso ottenuti sulla pelle d’interi popoli affamati, perseguitati, vessati, anche l’approccio e il percorso politico, sociale ed economico d’avviare.
La morte orrenda di fronte alla costa di Steccato di Cutro di oltre, oramai, cento inermi esseri umani in cerca di una vita degna di essere vissuta, dovrà molto farci riflettere e ripensare le politiche italiane ed europee verso il “fenomeno” migrazione. Una scelta in ogni caso dovrà essere confermata e rafforzata: la legge antica del mare stabilisce il dovere, l’obbligo di salvare chi è in pericolo. Impone, pertanto di organizzarsi adeguatamente per questa nobile missione. Ogni altro approccio è semplicemente crudele. L’Italia ha il dovere umano di farlo.
Spesso penso, con una stretta al cuore profonda, alla sofferenza in quelle agonie nel nostro mare: anche minuti o meno prima della morte sono stati una sofferenza infinita. Penso ai bambini increduli perduti in loro stessi, soli nella notte della morte. Alla loro crudele breve vita e all’atroce morte.
Questi miei pensieri di umanità, di solidarietà, di amore verso il prossimo, non sono da relegare solo a sentimenti intimi, ma appartengono alle mie scelte e prassi politiche, sociali, culturali e da laico.
Mi piacerebbe e propongo che la mia Catanzaro, città Capoluogo della Calabria, assuma il ruolo che gli compete, oggi con Nicola Fiorita sindaco lo può e lo deve fare, quale, ad esempio, quello di fucina di proposte e scelte politiche di grande fermezza sulle questioni d’indirizzo e di formazione umana, politica e culturale, profondamente diversi da quelle sostenute dalla destra di Meloni e in Calabria da Occhiuto, da Mancuso e da Ferro. Un diverso acuto di solidarietà, di civiltà spetta in Calabria per primo a Catanzaro.
Propongo, pertanto, che il Consiglio Comunale di Catanzaro, anche per stigmatizzare l’inerzia, anzi peggio, l’adeguamento dei presidenti del Consiglio Regionale e della Giunta, alle scelte del Governo Meloni, deliberi che il 26 febbraio di ogni anno, sia una giornata a Catanzaro di riflessione e approfondimento dei temi afferenti le migrazioni. Scelga l’Amministrazione Comunale di coinvolgere in tale decisione le chiese di qualsiasi credo presenti in città e ogni associazione sociale impegnata sulle questioni immigrazione.
Decida l’Amministrazione Comunale di Catanzaro di alzare una stele sul nostro bel lungomare di fronte lo Ionio per ricordare i martiri di Steccato di Cutro (gli immigrati appartengono, oramai, a una nuova forma di martirio.) La stele potrebbe essere eretta, prevedendo apposito sito, sul prossimo nuovo tratto di lungo mare che congiungerà l’assurda interruzione sulla foce della Fiumarella, che quest’Amministrazione Comunale meritatamente ha deciso di realizzare.
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