di FRANCESCO IULIANO
Il sanguinoso capitolo delle "foibe", legato alla fine della seconda guerra mondiale, è stato per molto tempo relegato nei libri di storia come una delle vicende minori di una mattanza mondiale che coinvolse milioni di vite umane.
Dopo decenni di oblio, il giorno del ricordo, indicato nel 10 febbraio, è stato istituito nel 2004, per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
Ma sebbene il contenzioso che ne seguì sulle frontiere sia stato risolto attraverso un lungo e articolato processo diplomatico, esso non si è ancora risolto nelle menti e nei cuori delle popolazioni interessate.
Da qui l’idea del Comitato Dieci Febbraio di organizzare l’incontro dal titolo ‘Foibe ed esodo: E’ storia d’Italia’. Un appuntamento allestito nella sala ‘Giuditta Levato’ del Museo Militare all’interno del Parco della Biodiversità Mediterranea al quale hanno partecipato, introdotti dal referente del Comitato, Fabio Lagonia, il politologo Unical, Pupo Spantaco.
In apertura i saluti del sottosegretario di Stato al ministero dell’Interno, Wanda Ferro, il Prefetto di Catanzaro, Enrico Ricci, il presidente della Provincia di Catanzaro, Amedeo Mormile, il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, l presidente del Co.Re.Com Calabria, Fulvio Scarpino e l’assessore comunale alla Cultura, Donatella Monteverdi. Presente anche l’esule istriana Lucilla Crosilla.
Nella sala, con le autorità, gli studenti ed i professori di alcuni Istituti scolastici della città.
“La storia delle foibe e dell'esodo Giuliano - ha detto Fabio Lagonia in apertura - è un capitolo della nostra storia per niente scontato perché, nonostante siano passati 70 anni da quei tragici eventi, solo da pochi anni si comincia a parlare di questo fenomeno, andando ad approfondire alcune situazioni che sono successe sul confine orientale d’Italia. Purtroppo, come per altri eventi, ci scontriamo con negazioni di quanto accaduto in quegli anni. Penso che sia arrivato il momento di assumersi le responsabilità di parlarne e capire, lavorando con le fonti e utilizzando le preziose risorse che sono gli esuli, cosa sia successo in quel territorio. Commemorare significa ricordare insieme. E’ il minimo sindacale per risarcire, almeno moralmente, queste persone che rappresentano una tragedia della nostra storia recente”.
Concetti ribaditi e anche dal sottosegretario Ferro che ha sottolineato come, “dopo oltre mezzo secolo di storia negata, al ventennale dell'istituzione della legge del ricordo delle vittime delle foibe, unico prezzo a pagare, quello di avere l'orgoglio di essere italiani, di essere stati degli italiani, spesso negato nelle scuole. Si parte con un bel po' di iniziative a partire dal treno del ricordo, all’istituzione di un museo, a quei percorsi di gite scolastiche che serviranno a far sì che ci sia una memoria condivisa sempre di più tra i nostri ragazzi, non ultima la revoca dell'onorificenza a Tito che credo abbia avuto un rallentamento in commissione a seguito dell'opposizione ma che vedrà il governo andare avanti nel ristabilire quella storia che tutti devono comprendere e che tutti devono conoscere”.
Particolarmente interessante la testimonianza dell’esule Lucilla Crosilla che ha coinvolto gli studenti ai quali ha spiegato come sia importante, alla loro età, avere la possibilità di ascoltare le testimonianze dirette dei protagonisti di quel particolare periodo della storia d’Italia.
“Personalmente - ha detto Lucilla Crosilla - posso raccontare quanto accaduto grazie anche ad un diario che ha lasciato mio padre. Vicende che sono molto formativa ed interessanti per il loro futuro, per far sì che la pace, l’onestà, il rispetto delle regole, il controllare le proprie azioni, possano essere guidate da queste testimonianze cruenti che ho vissuto attraverso questi scritti di mio padre. Sono nata in Istria ed ho avuto la fortuna di venire a conoscenza di queste vicende in età abbastanza adulta, nell'adolescente perché i miei genitori mi hanno protetta da tutti questi racconti che invece facevano parte delle loro giornate, delle loro continue vicende di vita. I miei fratelli più grandi non ne hanno mai parlato anche se, anche per loro, era un dolore ed un reagire che io, in età matura, ho capito le motivazione di questo loro reagire”.
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