di TERESA ALOI
Ricorda il suono delle sirene dell'ambulanza, la fatica di alzarsi dal letto. Quell'estremo senso di solitudine. "Perché di fatto sei drammaticamente solo". Francesco, catanzarese, 65 anni (lo chiameremo così per proteggere la privacy) oggi sta bene. Ha sconfitto il covid e ancora, a distanza di quasi due mesi, non sa dove lo ha contratto.
"Sono sempre stato ligio alle prescrizioni, frequentato solo pochissime persone, sempre con mascherina e a distanza di sicurezza". Ma qualcosa non deve essere andato per il verso giusto. "Questo è un virus subdolo che si insinua tra le pieghe dell'esistenza, molto più devastante di una normale influenza", spiega Francesco .
Tutto inizia il 25 ottobre. All'inizio qualche linea di febbre "massimo 37,5" che va e viene. "Il giorno dopo stavo meglio - ricorda Francesco - ma la sera la febbre era già salita". Due giorni a casa con Tachipirina per far scendere la temperatura corporea. Poi, il tampone effettuato un un laboratorio privato. Positivo al Covid 19, il responso che, Francesco, in cuor suo, sapeva già.
Quei sintomi non erano quelli di una comune influenza stagionale. Quel senso di spossatezza e quel respiro corto non erano per niente normali. "Capisci che questo virus non guarda in faccia a nessuno giovani, sportivi, adulti e anziani. E quando gusto e olfatto decidono di abbandonarti, allora quello è il momento in cui sei certo di aver contratto il Covid".
E allora, la telefonata al medico che "prescrive" la quarantena anche se lui, in quarantena c'era già da tempo. Poi, la Tachipirina che non fa più effetto e il respiro che diventa sempre più corto. Immediata la telefonata al 118 e l'arrivo dell'ambulanza.
"Già nell'ambulanza - ricorda Francesco - mi misurano i parametri e scopro che ho una saturazione di ossigeno nel sangue troppo bassa, ridicola. Ho la polmonite". Una diagnosi che verrà confermata dalla Tac: polmonite bilateriale interstiziale da Covid.
Immediato il ricovero nel Reparto di Malattie infettive dell'ospedale "Pugliese Ciaccio". Dieci lunghi giorni, i primi trascorsi con l'ossigeno, "considerata la mia situazione clinica".
"In camera eravamo in tre e ci facevamo compagnia" racconta Francesco che nella vita vive da solo. "In un primo momento quando ero a casa malato pensavo di poter gestire la malattia, ma poi ti rendi conto che non è così, perché sei solo, maledettamente solo e nessuno ti può aiutare".
Solo, con la malattia. "Quando stai male rivedi il film della tua vita. Capisci che sei vivo ma non riesci a progettare il futuro, anche quello più immediato". Una sensazione che Francesco ricorda bene anche oggi quando tutto è passato. Ma è stata dura. Non lo nega. Anzi.
Ecco perché oggi più che mai il suo appello, che ha tutto il sapore della preghiera, è quello di stare attenti. A rispettare le regole: indossare la mascherina prima di tutto, evitare assembramenti e mantenere le distanze. Lui giura di averlo sempre fatto. Eppure il Covid lo ha contratto. Contratto e sconfitto fortunatamente. "Anche grazie all'affetto della mia comunità che ha fatto meglio del cortisone".
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