La Virgo Fidelis dei Carabinieri e il piccolo gigante

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Franco Cimino
  22 novembre 2019 22:35

di FRANCO CIMINO

Il momento più bello è stato quella vista del manto nero disteso lungo i banchi della grande chiesa. Un altro, pure molto bello, è stato il momento centrale della Santa Messa, quando all’Elevazione tutti i carabinieri si sono messi sull’attenti, con una intensità maggiore delle numerose situazioni in cui si trovano davanti a un generale. Il momento più emozionante, da salita del cuore in gola, è stato quello intenso della preghiera del carabiniere e del breve discorso del generale comandante, in cui sono stati affidati al Signore le fatiche di questi uomini in divisa, i loro sacrifici e il loro senso del dovere. Senso del dovere rafforzato dal sentito ricordo anche dei carabinieri morti per la causa e dall’obbligato sostegno, in ogni modo, alle vedove e agli orfani di quegli autentici soldati della pace. Infine il momento più grande, più emozionante, più bello anche sul piano estetico. È rappresentato dalla figura esile e minuta del celebrante il rito religioso, attorniato da quattro sacerdoti concelebranti. Tutti con i paramenti di colore bianco lucente. Quel contrasto tra il manto nero delle divise e quel mantello bianco sull’altare, non è stato solo un gioco cromatico che ha arricchito la “ Virgo Fidelis” la manifestazione religiosa nell’annuale ricorrenza della “ festa dei carabinieri”. È stato l’incontro tra il sacro e il civile, tra la fede e la Costituzione, tra gli armati del Vangelo e gli armati della Legge, tutti impegnati in un’unica direzione: la difesa della persona, la tutela della sua dignità, la protezione del suo bisogno di sicurezza. E di essere. Essere innanzitutto uomo. E cittadino che compie fino in fondo il proprio dovere, come lavoratore, come genitore e formatore, come figlio e come giovane che guarda all’avvenire con spirito nuovo. Con fiducia verso l’uomo stesso, la sua umanità e l’umanità intera. Con fiducia verso lo Stato e i suoi rappresentanti. Tutti insieme per costruire una società della pace. E perché no? dell’amore. Sono state, queste, le verità più profonde uscite da quella voce profondissima e calda di un uomo tanto piccolo di statura quanto gigante in cultura, in umanità, in amore. In coraggio. Un servo della Chiesa, un fedelissimo sposo nel Signore, fortissimo in tutto, per nulla piegato dagli anni, che sulle sue spalle sembrano alleggerirsi man mano che passino. Ieri sera il più bel carabiniere era vestito di bianco, un generale senza gradi, né medaglie al petto. Lo conoscono tutti e da tutti è amato. Un nome scolpito sulla pietra fondativa di Catanzaro, Antonio Cantisani, arcivescovo emerito( così è denominato), il vescovo e padre, l’amico e il maestro per una vita intera. Non la sua che ci ha quarant’anni fa, ma le nostre.

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