Dopo la proposta presentata dal Soroptimist club di Lamezia Terme al Comune di Lamezia Terme, che ha sottoscritto e adottato la “Carta etica per lo sport femminile” che impegna l’Amministrazione ad adottare e sviluppare politiche e azioni di valorizzazione della pratica sportiva, il Soroptimist lametino ha organizzato un altro evento importante in tal senso: la presentazione del libro intitolato “Testarde. Storie di atlete italiane dimenticate” della giovane docente lametina Caterina Caparello. L’appuntamento è per lunedì 20 maggio alle ore 18 alla libreria Tavella a Lamezia Terme e martedì mattina appuntamento con gli studenti, con la presentazione alle ore 10 all’Ite “De Fazio”.
In particolare, lunedì pomeriggio dopo i saluti della presidente del club Rachele Iovene, dialogherà con l’autrice Maria Antonietta Torchia, socia del Soroptimist club cittadino. Per l’occasione saranno presenti le ex campionesse lametine Alessandra Lucchino e Giusy Crimi. L’evento si inserisce nell’ambito del progetto nazionale “Donne e Sport” portato avanti dal Soroptimist International d’Italia, con l’intento di promuovere i valori dello sport come occasione di integrazione, educazione e rispetto, e dei benefici dell'attività fisica in termini di benessere, in particolare, ma non solo, in una prospettiva di genere legato alle diverse fasi della vita; sensibilizzare sul tema del linguaggio e della scarsa presenza delle atlete nei media e negli organi decisionali; contribuire ad una nuova narrazione dello sport e dei suoi luoghi in un'ottica di genere, valorizzando le storie delle atlete con focus dedicati alle professioni sportive e avviare in collaborazione con le associazioni sportive, progetti e campagne di prevenzione contro violenza, abusi e molestie.
“I nomi Elvira Guerra, Ida Nomi, Marina Zanetti, Rosetta Gagliardi, Isaline Massazza, Rosetta Mangiarotti, Hilde Prekop e le ginnaste pavesi possono non dirci nulla - spiega l’autrice - superficialmente hanno in comune l’essere donne, in un periodo dove la libertà di scelta era impossibile proprio a causa del loro genere. Eppure hanno avuto altro in comune: lo sport. Sono state atlete che hanno vinto tanto, raggiunto primati, riconoscimenti nazionali e internazionali che nessuna poteva sognare di ottenere. Donne che hanno usato lo sport per rendersi più libere e diverse. Sebbene il ruolo di “moglie, madre e figlia” non cambiasse affatto al di fuori delle pedane, nella loro testa qualcosa era sicuramente mutato. Raccontare queste donne sportive non è solo un modo per tirarle fuori dall’oblio, ma anche per dimostrare come tenacia e passione siano, oggi come allora, la chiave dell’autodeterminazione. Nonostante l’ipocrisia sociale”.
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