di EDOARDO CORASANITI
Due righe per liquidare il caso giudiziario di Giuseppe Paladino, ex presidente del Consiglio comunale di Lamezia Terme, condannato in primo grado a sei anni per concorso esterno in associazione mafiosa: "assoluzione perché il fatto non sussiste" scrivono i giudici della Corte d'Appello di Catanzaro, oggi chiamati a decidere sul processo denominato "Crisalide" e deciso in primo grado dal Tribunale di Lamezia Terme.
Il fascicolo nasce dall'operazione scattata nel 2017 dai militari del Comando provinciale dei Carabinieri di Catanzaro su disposizione della Dda di Catanzaro nei confronti di 52 presunti affiliati alla cosca di 'ndrangheta Cerra- Torcasio- Gualtieri. L'intero faldone "Crisalide" ha rappresentato un pilastro decisivo per lo scioglimento, a novembre 2017, dell'assise cittadina eletta democraticamente a Lamezia Terme.
Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato, rapina. E poi c'è la politica: Paladino, difeso dall'avvocato Lucio Canzoniere, è accusato di avere usufruito dell’appoggio del clan nelle amministrative del maggio 2015 mettendosi a loro disposizione. Obiettivo: farsi eleggere in Consiglio comunale. Anni e anni di articoli di giornale, di descrizioni dettagliate di un uomo collegato e chino di fronte ai desiderata dei boss: parole e accuse non supportate da prove, almeno per come stabilito dalla Corte d'Appello di Catanzaro (presidente Caterina Capitò, a latere Maria Rosaria Di Girolamo e Giuseppe Perri; cancelliere Giuseppe Femia), che ha messo un paletto importante alla vicenda iniziata quasi 5 anni fa e che ha segnato la fine politica per Paladino e il cambiamento di traiettoria amministrativa per Lamezia.
Insieme a Giuseppe Paladino (già assolto in primo grado per un reato politico) è finito nei guai anche il padre, Giovanni, che ha subito l'iter processuale al contrario: assolto in primo grado e condannato a quattro anni di reclusione in Appello. La difesa, rappresenta dall'avvocato Lucio Canzoniere, ha depositato ricorso in Cassazione. Assolto in via definitiva invece Pasqualino Ruberto, volto noto della politica lametina, ex presidente di Calabria Etica e già candidato a sindaco della città della piana.
Oggi il collegio ha pronunciato la sentenza di riforma anche nei di Danilo Fiumara (difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Massimo Carnovale), condannato a 10 anni e 9 mesi (primo grado 14 anni); assolto dai reati di rapina e porto d’armi (in primo grado condannato a 9 anni) Flavio Bevilacqua (difeso dall'avvocato Francesco Amantea) ; Giuseppe Costanzo (difeso dagli avvocati Antonio Larussa e Tiziana D'Agosto) 11 anni di reclusione (primo grado 14 anni); 10 anni di reclusione (primo grado 15 anni) per Piero De Sarro (difeso dall'avvocato Giuseppe Di Renzo); 1 anno e 10 mesi (primo grado 3 anni e 6 mesi) per Antonia De Biase (difesa dall'avvocato Aldo Ferraro), ed è stato assolta dal reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e di detenzione dell’ordigno esplosivo.
In totale, dunque, il bollettino finale dell'Appello (rito ordinario) segna 4 condanne e 2 assolti. A cui si aggiungono le 5 assoluzioni del primo grado. Con il rito abbreviato la situazione è diversa: dopo la sentenza d' Appello dello scorso maggio si contano 37 condanne e 15 assoluzioni.
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