Lamezia Terme. Dopo la morte del padre, Giovanni Giampà e famiglia "abbandonati" a casa per 17 giorni in attesa del primo tampone

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Giovanni Giampà
  19 gennaio 2021 18:19

di CLAUDIA FISCILETTI

Sembra poter giungere ad un punto di svolta l’odissea di Giovanni Giampà e della sua famiglia, residenti a Lamezia Terme, iniziata il 3 gennaio scorso. Numerose telefonate agli organi competenti e i continui appelli di aiuto, veicolati dalla trasmissione “Articolo 21” di Lino Polimeni, finalmente oggi, alle 13, a Giovanni e alla sua famiglia è stato effettuato il primo tampone, dopo un’attesa di 17 giorni.

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Proprio il 3 gennaio è iniziato tutto, quando il padre di Giovanni è stato portato in ospedale con l’elisoccorso, a seguito di un malore. Risultato positivo al test covid, il genitore poi è, purtroppo, deceduto. Già dal 4 gennaio Giovanni ha pagato 300 euro per i tamponi rapidi che hanno dato esito di positività per lui e tutta la sua famiglia. Autodenunciatosi alle autorità competenti, da quel momento nessuno più è andato a casa sua per verificare la definitiva positività con un tampone.

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“Ho chiamato i carabinieri, i vigili urbani, la polizia, l’Asl. In alcuni casi non sono riusciti a darmi alcuna indicazione, nel caso dell’Asl invece, dopo aver designato la quarantena fino al 13 gennaio, non ho più ricevuto risposta, fino a questa mattina”, spiega Giovanni, che non se la sente di uscire di casa perché ancora non sta bene del tutto, persistono l’abbassamento di voce e la bronchite, curate con le indicazioni telefoniche del suo medico di famiglia. “Non potevo permettermi di pagare altri 300 euro per il secondo tampone rapido”, continua Giovanni, disoccupato, che non ha potuto neanche assistere di persona al funerale del padre se non attraverso un video fatto dai parenti che erano presenti alla funzione e che erano negativi al covid19.

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“Dopo l’appello fatto da Lino Polimeni, che non finirò mai di ringraziare, mi sono arrivati messaggi di solidarietà da tutta la Calabria, provo un profondo sentimento di gratitudine”. Cerca così di vedere il lato positivo della situazione, Giovanni, che aggiunge come la stessa esperienza può essere vissuta da altre famiglie come la sua: “Ho avuto il coraggio di denunciare e invito chiunque sia nella mia stessa situazione a fare lo stesso, senza vergogna e senza paura”.

“Non è giusto essere stati abbandonati a casa”, continua Giovanni che, oltre al suo medico di base, ha avuto anche l’aiuto di amici e parenti che, durante il periodo di quarantena, stanno lasciando acqua e altri beni necessari che la famiglia - moglie e tre figli - non possono procurarsi autonomamente e, per quanto riguarda il tampone di stamattina, conclude: “Hanno detto che mi faranno sapere qualcosa domani, spero di non dover essere io a chiamare di nuovo”.

 

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