L'arcivescovo Bertolone: "Ai giorni nostri rivive l’inquisizione: quella digitale che espone alla lapidazione sociale gli inquisiti"

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images L'arcivescovo Bertolone: "Ai giorni nostri rivive l’inquisizione: quella digitale che espone alla lapidazione sociale gli inquisiti"

  18 aprile 2021 11:52

di mons. VINCENZO BERTOLONE*

 
 «Non pensare che quando i cavalli di battaglia della Santa Inquisizione sono stati eliminati, si possa entrare nelle celeste Gerusalemme cavalcando il mite asino dell'evoluzione tra lo sventolare delle palme».

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Il teologo Hans Urs von Balthasar ce lo ricorda: il passato, a volte, semplicemente trasforma in carnefici di oggi i presunti liberatori di ieri. Se guardiamo alla storia, osservando le pagine più buie del lungo cammino dell’umanità, ce ne accorgiamo: se qualche secolo addietro l’inquisizione era dettata da ragioni pseudoreligiose, ai giorni nostri rivive. Meno cruenta nei processi, ugualmente impietosa nelle condanne. È l’inquisizione digitale, che fa dell’etica il proprio vessillo ed espone alla lapidazione sociale gli inquisiti. È l’involuzione di un modello culturale che, nato in nome della libertà, finisce per ritagliare quest’ultima a uso di chi detiene il potere finanziario e politico.

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Eventi anche recenti non fanno altro che confermare una tendenza consolidata: se persino una trasmissione satirica come Striscia la notizia è costretta a giustificare le proprie gag, vuol dire che il punto di non ritorno è stato abbondantemente superato, come d’altra parte evidenziano gli atteggiamenti di tante aziende indotte a clamorose retromarce (con tanto di scuse a questo ed a quello), pur di non perdere potenziali acquirenti per mancato ossequio al politicamente corretto.

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Non è più un fenomeno circoscrivibile al proliferare di webeti. In realtà, è ormai frequente che persone perdano il lavoro o debbano eclissarsi dalla vita pubblica per le proprie opinioni o per dichiarazioni controverse rese magari anni prima: alla gogna si finisce per poco, quasi sempre per nulla di penalmente rilevante. Non basta essere in linea con la legge: i puristi del web, mutevoli più e peggio del cambio delle stagioni, per definizione scevri da responsabilità proprie, ma comunque pronti ad emettere sentenze inappellabili nei riguardi altrui, sono sempre all’opera, giorno e notte. Del resto, ciascuno troverà sempre un motivo per sentirsi offeso da qualcun altro che, per il solo fatto di essere diverso da lui, o di pensarla in modo differente, potrà recargli danno. Con il risultato che la nuova religione non promette la liberazione dal male, ma nuove catene per rendere l’uomo inoffensivo, mansueto, arrendevole: come nel mondo immaginato da Orwell in 1984, la “neolingua” è strumento di potere. E la conseguenza è il soffocamento del dibattito e della creatività, l’omologazione di pensieri e atti a uno stile di vita che alcuni hanno indicato come accettabile: non è vero ciò che è vero, ma ciò che si riesce a far apparire tale.

Per chi non s’arrende e lotta ancora per un modello di vita autentico e genuino, mai come ora sono di sprone le parole laiche dello scrittore Albert Camus: «Se dovessi scrivere un libro di morale, vorrei fosse di cento pagine. Novantanove di esse dovrebbero essere bianche. Sull’ultima pagina, poi, scriverei: conosco solo una legge, quella dell’amore».

+ arcivescovo Catanzaro-Squillace

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