"Sarebbe sicuramente chino su quegli occhi colmi di lacrime per provare ad asciugarle e pure su quei teli bianchi con i suoi occhi pieni di lacrime e le sue domande rivolte a Dio: “Cosa vuoi da me? Cosa posso fare io per loro?” Come sempre a mettersi in discussione davanti al dolore e alla disperazione dell’altro, un altri senza nome, senza colore di pelle, senza provenienza alcuna. L’Altro per Don Dino Piraino era colui che era in situazione di bisogno, era colui al quale era stata offesa la dignità, era colui a cui i suoi profondi occhi azzurri guardavano nell’anima per interpretarne il bisogno, era la “Prediletta creatura di Dio” e questa era l’unica certezza che aveva e che gli bastava sempre, per accogliere nel suo cuore il dolore e la disperazione e farli suoi; gli bastava per sentirsi chiamato da Dio ogni volta, rendendo viva e operosa la sua vocazione". E' quanto scrive l'Associazione di promozione sociale Don Dino Piraino.
"Il suo SI al Signore, Don Dino Piraino lo testimoniava ogni giorno in qualunque situazione, sicuramente su quella spiaggia, - prosegue - davanti a quei teli bianchi e ai resti di un’inadeguata, quanto criminale, imbarcazione di fortuna, avrebbe detto ancora Sì a tanta disperazione, avrebbe abbracciato con infinita tenerezza, come era solito fare, tutta quella disumanità testimoniata dalle onde e dalla furia di un mare in burrasca, forse anch’esso adirato davanti ad una tale tragedia, in quella gelida notte del mese più freddo e più corto dell’anno; avrebbe dato la sua di vita pur di poter salvare anche uno solo di quei bimbi volati in cielo dal fondo di quel mare. Per lui quella spiaggia sarebbe stato il Monte Tabor, perché tanta disperazione ai suoi occhi e al suo cuore sarebbe trasfigurata nella figura di Gesù, non nello splendore della luce ma nel buio e nell’oblio del dolore e del bisogno; come strumento di Dio sulla terra, si sarebbe posto a servizio delle anime e dei sopravvissuti; come Pietro, avrebbe costruito su quella spiaggia capanne per tutti pur di far avvertire nel cuore di ciascuno la voce e l’amore di Dio; si sarebbe posto a servizio della “nube bianca” portando consolazione e conforto con la Parola di Dio e non solo".
"Don Dino Piraino fu colui che, proprio pensando ai bisogni del prossimo, del Suo prossimo, di coloro che in ogni parte del mondo necessitano di attenzione e cura, - si legge ancora - avrebbe voluto vivere l’esperienza del missionario nei luoghi periferici e più poveri del mondo, ma poi il suo SI lo offrì dalla sua città di Catanzaro il 20/3/1986, dando vita ad un luogo in cui curare le periferie dell’animo umano e le sue fragilità, da socio fondatore una realtà terapeutica, e non solo, che oggi è il Centro Calabrese di Solidarietà, per quasi 30 anni guidata dall’attuale Arcivescovo di Napoli, Don Mimmo Battaglia, spiritualmente vicino a Don Dino fino alla fine, e oggi da Isolina Mantella. Tanti i SI a Dio nati intorno al carisma di quel sacerdote, minuto e gracile nel corpo, soprattutto nel periodo ultimo della malattia, ma tanto profondamente testimone della fede e dell’Amore di Cristo per gli uomini e le donne della terra, senza distinzione alcuna, senza precise etichette se non quella di “bisognoso”, nell’anima o nel corpo, e perciò meritevole di cura e di conforto, di aiuto e di “Coraggio” che sempre sapeva offrire; proprio come sa fare un buon Padre con i propri figli nei momenti più bui, ma con la tenerezza di una Madre che tiene fra le braccia il suo bambino, ispirato forse da quell’incantevole icona della Madonna di Pompei che ha accompagnato i sui anni giovanili, anni durante i quali il discernimento iniziava a dare forma alla sua vocazione".
"Don Dino Piraino su quella spiaggia, tra quei rottami, guardando la furia del mare avrebbe certamente invocato la Pietas che aveva nel cuore, quella che Papa Francesco nel 2014 definì “sinonimo di autentico spirito religioso, di confianza filiale con Dio, di quella capacità di pregarlo con amore e semplicità che è propria delle persone umili di cuore… capace … di piangere con chi piange, di stare vicino a chi è solo o angosciato, …, di consolare chi è afflitto, di accogliere e soccorrere chi è nel bisogno” ( da “La pietà è l'identità del cristiano” https://www.famigliacristiana.it/blogpost/la-pieta-identita-del-cristiano.aspx".
"Tutto questo Don Dino lo testimoniò nella pratica quotidiana col suo agire, chi lo ha conosciuto ha imparato da lui ad amare Dio e a saperlo riconoscere sempre, nella gioia e nella bellezza della vita, ma anche nelle strettoie del dolore, del bisogno e della stessa morte. Ricordare l’esempio di Don Dino a cinque anni dal suo ritorno alla casa del Padre, - conclude la nota - vuol dire rinvigorire gli insegnamenti da lui ricevuti attraverso le opere sue, celebrare la sua sapienza ispirata dal Vangelo di Gesù, ricercare ancora quella pietà che aveva nel cuore per rinnovare la fiducia a Dio, ritrovarsi ancora in quel “Fiat voluntas tua” che Don Dino testimoniò fino all’ultimo respiro".
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