di RITA TULELLI
A fine luglio, l’Italia si trova nel pieno della stagione turistica. Le spiagge sono affollate, i ristoranti lavorano a ritmo serrato, gli hotel registrano il tutto esaurito e gli eventi estivi animano le piazze delle località più gettonate. Dietro questo dinamismo si muove una forza lavoro spesso invisibile, ma essenziale: quella dei giovani lavoratori stagionali. Per molti di loro, l’estate rappresenta un’occasione concreta per guadagnare qualcosa, mettere da parte dei risparmi, fare esperienza e iniziare a costruire un percorso professionale. I settori più attivi in questo periodo sono il turismo, la ristorazione e il commercio, che ogni anno assorbono migliaia di ragazzi tra i 18 e i 30 anni. Il lavoro stagionale, se ben gestito, può rappresentare una preziosa opportunità. Offre la possibilità di apprendere nuove competenze, migliorare la capacità di relazionarsi con il pubblico, acquisire autonomia economica e conoscere ambienti dinamici.
Tuttavia, questa esperienza positiva non è affatto garantita. Accanto alle aziende serie che propongono contratti regolari, condizioni dignitose e possibilità di crescita, esiste una realtà molto meno virtuosa fatta di turni estenuanti, stipendi al ribasso e contratti inesistenti. In diverse zone turistiche, i giovani lavorano anche dodici ore al giorno senza giorni di riposo, vengono pagati in contanti, al di sotto dei minimi previsti, oppure assunti con contratti part-time pur lavorando a tempo pieno. In alcuni casi, non ricevono neppure una busta paga. Le cause di questo fenomeno sono molteplici. La richiesta di personale nei mesi estivi è altissima e concentrata in poche settimane. Questo genera una corsa all’assunzione che talvolta avviene in modo frettoloso e approssimativo. Inoltre, i controlli nei luoghi turistici non sono sempre sufficienti, e molti giovani, inesperti o poco informati, accettano condizioni di lavoro al limite della legalità pur di lavorare. Alcuni datori di lavoro approfittano della disponibilità dei ragazzi, contando sul fatto che, in piena stagione, chi rifiuta un posto viene facilmente sostituito. Il dibattito sul lavoro stagionale giovanile è tornato al centro dell’attenzione pubblica. Le associazioni di categoria, i sindacati e diversi rappresentanti politici hanno proposto interventi mirati per regolamentare meglio il settore. Tra le proposte più discusse ci sono l’introduzione di incentivi per le aziende che assumono in regola, campagne informative rivolte ai giovani per aiutarli a conoscere i propri diritti, un rafforzamento dei controlli da parte degli ispettorati del lavoro e la creazione di sportelli di ascolto temporanei nelle località turistiche. In parallelo, alcune realtà stanno cercando di innovare il sistema, ad esempio attraverso piattaforme digitali che permettono di incrociare domanda e offerta in modo trasparente e tracciabile. Il lavoro stagionale, dunque, può essere molto più di un impiego temporaneo. Può rappresentare una vera palestra di vita e lavoro. Ma perché questo avvenga, è necessario che venga riconosciuto il suo valore e tutelato chi lo svolge, soprattutto i più giovani. La legalità, il rispetto dei diritti e la dignità del lavoro non dovrebbero mai andare in vacanza. Un’estate di lavoro può lasciare il segno, in positivo o in negativo: dipende da come scegliamo di viverla, ma anche da come la società decide di proteggerla.
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