di MASSIMO PINNA
In una lettera aperta, l’avvocatessa Maria Teresa Petitto di Girifalco, il cui padre è stato ricoverato nei giorni scorsi, prima di lasciare questa terra, all’ospedale di Soverato, ha voluto condividere la sua esperienza nel nosocomio soveratese rivolgendo un plauso ai medici che hanno avuto in cura il suo familiare, gravemente malato.
“A venti giorni dalla morte di mio padre - racconta la donna - ritengo doveroso rendere edotta l’opinione pubblica di alcuni dettagli che da cittadina italiana ma soprattutto da figlia mi preme esternare. Erano le ore 9 circa del primo luglio 2020 quando io e mia madre ci siamo resi conto che papà farfugliava e che probabilmente stava avendo un altro attacco ischemico. Immediatamente ci siamo determinati a contattare una ambulanza privata per trasportare papà al vicino nosocomio di Soverato. Lì subito le condizioni si sono concretizzate ben più gravi del solo attacco ischemico in quanto era evidente anche una forte infezione, probabilmente dovuta alle piaghe di decubito ormai di quarto stadio, il tutto in un paziente ottantaduenne già affetto da Parkinson vascolare, ipoacusia e ipovedente. Nonostante tutto, al pronto soccorso non hanno esitato: per mio padre è stato immediatamente disposto il ricovero in Medicina interna e così è stato all’arrivo dell’esito negativo del tampone covid. Mio padre, quindi, veniva ricoverato in Medicina Interna e miracolosamente reagiva alle cure: il sodio bassissimo inizia a risalire, i globuli bianchi da 33.000 arrivano a 17.000. Come ci ha detto il Primario ‘abbiamo coltivato un sogno ma non ce l’abbiamo fatta…’, la situazione è peggiorata repentinamente sia, a causa del peggiorare delle piaghe comunque curate in modo mirato da specialisti del settore e con farmaci all’avanguardia sia, a causa della scoperta di una sindrome neoplastica”.
“Con tanto dolore nel cuore - prosegue nella testimonianza - non posso fare a meno di rendere nota la competenza e la professionalità di tutta l’equipe medica del reparto di medicina interna dell’Ospedale di Soverato diretta dal Primario dottor Nicola Salatino. Non è stato trascurato nulla fino all’ultimo respiro di mio padre che ho avuto l’onore di raccogliere insieme al dottore Iacopino".
"All’ospedale di Soverato - prsegue - so di avere un’altra famiglia, la famiglia che insieme a me, mia madre e mia sorella si è presa cura di mio padre fino all’ultimo istante della Sua vita terrena. Il reparto di Medicina Interna è un reparto di eccellenza dove vengono curati con attenzione proprio tutti, dalla persona giovane all’anziano di 100 e più anni. A mio padre 82 anni è stata data un’altra opportunità magari, non esplicitamente, negata altrove. Mio padre, avendo 82 anni, non è stato considerato un malato terminale che doveva morire. Così non è mai stato neanche quando i medici si sono resi conto della presenza di una neoplasia. Il Primario, nonostante il quasi evidente esito positivo della tac con contrasto, volle fortemente che mio padre il 24 luglio, due giorni prima della morte, fosse sottoposto a prelievo istologico per verificare la possibilità di fare altro, di non negare nulla ad un malato che poi era un malato come tutti gli altri, perché tutti i degenti del reparto di Medicina di Soverato sono trattati con le stesse attenzioni. Non trascurare nulla è significato anche attivare l’intervento dell’equipe di fisioterapia per la riabilitazione motoria di mio padre".
E, conclude: "Non posso mai scordare la presenza attiva del Primario che diverse volte si sedeva al capezzale di mio padre insieme a noi. Fra i medici dell’equipe un ringraziamento speciale va al dottor Francesco Marra. Mio padre si fidava di Lui. Giorni prima del ricovero mio padre mi ha chiesto espressamente di portarlo a Soverato se fosse peggiorato perché lui era convinto che se lo avessero ricoverato lì, il dottore Marra lo avrebbe avuto in cura e lo avrebbe salvato così come aveva già fatto quando lavorava altrove. Oltre alla validissima equipe medica voglio ringraziare il personale paramedico tutto, rimarranno tutti nel mio cuore oggi e sempre, così come gli OSS di reparto, gli Ausiliari ed anche le tirocinanti OSS. Non dimenticherò mai le lacrime di una tirocinante quanto salutava mio padre nel suo ultimo giorno di corso”.
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