di MARIA CLAUDIA CONIDI
Davvero sconcertante quanto sta accadendo in tema di ergastolo ostativo.
Quel fine pena mai per il quale sino a poco tempo fa nessun permesso premio poteva essere richiesto e dunque ottenuto per il condannato per delitto di mafia ,che avesse riportato la condanna a una pena reclusiva senza fine, a meno che non fosse divenuto collaboratore di giustizia.-
Accade infatti che la Corte Costituzionale (sentenza 4/12/2019)asserisce che tali soggetti, pur senza avere iniziato un percorso di collaborazione con la giustizia, possono godere di tali permessi, purché vi sia prova positiva della rescissione di costoro da ambienti di criminalità organizzata, cui in precedenza avevano appartenuto e nell’ interesse della quale avevano commesso i delitti sanzionati con l’ergastolo.
Per la serie “come ti caccio fuori gli ergastolani ,anche se non collaborano”
Ma io mi chiedo ,come si può dar prova di aver rescisso i legami con la criminalità organizzata senza collaborare con la giustizia?
Da ergastolano ,un soggetto, come fa a recidere i contati con i suoi sodali, facendo opere di bene? Andando a Messa? Organizzando collette per i codetenuti?
Questa probatio diabolica a chi spetta?
E come non poter pensare ,sia pur per logica spicciola ,che un ergastolano sappia di misfatti compiuti o ancora da compiersi dai suoi “ex sodali” e taccia sulle dinamiche sottese, continuando a mantenere i colloqui con i suoi parenti, che, credo ,non possano essere negati a nessuno?
Che lo dicessero chiaramente che il fenomeno della collaborazione sta scomodo ormai un po’ a troppi e debba essere pian piano vanificato e rottamato da sentenze sempre più contro pentiti e pro mafiosi ,
pronunce pseudo garantiste e disincentivanti la rescissione vera ed effettiva con il crimine organizzato ,che non può non esserci se non con l’accusa piena e senza remore di quello che è un assurdo sistema di potere e delinquenza, fatto di soggetti senza scrupoli e armati fino ai denti?
No .Decisamente non approvo questo modo di concepire il diritto
La prova della dissociazione si ha allorquando un soggetto dimostra di andare contro il suo ex sistema criminale ,improntato all’assoggettamento mafioso e lo fa dando lui in primis prova positiva ,con apporti concreti, di andare contro quel sistema di assoggettamento ed omertà portando a risultati certi ed effettivi,non con la mera “contemplazione mistica “del suo ex passato criminale!-
E’ come incentivare il delitto anche mafioso ,nel momento in cui si paventa la possibilità di tornare a godere di permessi, nonostante condanne per efferati delitti mafiosi-
Per la serie: uccido chi dico io. Poi mi dissocio ed esco di nuovo, così ritorno a costituire la mia rete.
Ma se lo fa un collaboratore bene che vada ..gli tolgono il programma,.
E poi lo ammazzano di sicuro-
Se lo fa un mafioso.. cosa fanno ?Gli danno un’altra possibilità-
Basta che provi di nuovo di aver rescisso i contatti con l’ambiente mafioso. Secondo questa sentenza dovrebbe essere così-
Perché la legge dà una seconda possibilità, ma la mafia no.
E’ un po’ come dare il veleno con l’antidoto ,come dare il carcere con le chiavi di riserva della cella sotto il materasso ,a chi si fa ormai beffa di chi potrebbe un giorno accusarlo, quanto meno per non avere evitato un delitto che pur era in grado di evitare, con la scusa della sua dissociazione-
Infatti chi può escludere che qualcuno sin da ora possa dare il suo placet affinché un domani, tra 5 , 10 anni o più, qualcuno vendichi chi dice lui?
O bisogna dar prova positiva anche di questo?
E poi leggo pronunce cautelari in cui al Giudice non basta la prova della pur intervenuta collaborazione con la giustizia di un pentito con programma di protezione , che ha pur fatto arrestare delinquenti ,disvelando scenari mafiosi da blitz alla Falcone ,perché ,a suo dire, non risulta ancora provata la sua rescissione con gli ambienti criminali-
Ma di cosa stiamo parlando?
E’ questa l’Italia di diritto?
Per me è tutto alla rovescia!
*avvocato
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