di MARIA CLAUDIA CONIDI*
I danni che può fare un genitore a un figlio sono inimmaginabili.
Quelli che usano il danaro per controllare i figli ,avendolo o non avendolo, creano delle falle incolmabili nei figlio, come nell’altro genitore.
Il padre padrone, o il padre “poverello”, inculca sempre nel figlio un senso di colpa, poiché nel caso in cui faccia un regalo costoso al figlio, è quasi sempre scontato che poi glielo rinfacci, ricordandogli quello che ha fatto per lui-
Se non glielo fa ,lamentando la sua vera o pseudo-povertà,(quasi sempre per lui così povero non è affatto), farà comunque sentire in colpa il figlio per essersi privato di qualcosa per farlo “contento” ,nello sforzo consapevole di un “atto di amore”-
In realtà, i figli non devono mai subire le condizioni dei loro genitori e a un certo punto della loro vita , devono tagliare netto con le menti dei loro genitori, spartire i loro percorsi, dividersi la strada propria e proseguire con o senza il loro consenso-
E’ questa la crescita vera e sana di un figlio.
L’amore verso un genitore non si baratta, non si compra, con si richiede per pietà-
Quello che mi ha colpito del comportamento di Dante Mannolo, mio assistito ,oggi collaboratore di giustizia, è stato l’avere iniziato a distaccarsi dalla mentalità mafiosa, abbracciando un percorso di collaborazione con la giustizia ,ponendo in primis la figura paterna ,quale imput alla sua pur maturata scelta-
Lo vidi presentarsi davanti agli inquirenti che si presentarono al carcere di Siano su sua richiesta, timido,quasi come un bambino impaurito.
Mostrò loro un biglietto scritto dal padre, nel quale il genitore gli diceva che avrebbe collaborato e che dunque avrebbe dovuto seguirlo nei suoi passi.
Dante iniziò a collaborare ,ma quella scelta paterna non arrivò mai.
Ha cercato di poterci parlare, ma si sa, in questo la legge è ferrea-
Dopo avere iniziato il percorso collaborativo con la giustizia ,per 180 gg sei come murato vivo, stai tra 4 mura e puoi solo parlare con gli inquirenti, i loro delegati o il tuo difensore di fiducia-
Nessun altro.
E così si è giunti a processo.
Nessuna traccia di collaborazione del padre di Dante Mannolo.
La scelta di procedere col rito abbreviato per il figlio, quella con l’ordinario per il padre.
Oggi Dante che per amore di figlio aveva dato ampia possibilità al padre di seguirlo nella sua scelta civile, scopre a 360 gradi le carte ,fa ritrovare danaro in contanti, e non solo.
“Ma perché queste cose no le avete dette prima?”-tuona io PM-
ADR :“Speravo che mio padre si pentisse!”.
Ma quanto può nuocere un genitore al proprio figlio?
Oggi Dante Mannolo che risponde di 416bis CP e altro dinanzi il GP di Catanzaro, rischia il mancato riconoscimento dell’attenuante per la collaborazione-
Chi se ne gioverebbe di questo? Coloro che sono stati attinti dalle dichiarazioni accusatorie dei Dante, padre compreso.
Non sarebbe una cosa giusta ,in aderenza al concetto di premialità connesso a quello di collaborazione fattiva e operosa con la giustizia.
Meglio tardi che mai, comunque, dice un detto antico.
La strada è ancora lunga e sul percorso della giustizia , si sa, prima o poi in molti scelgono di incamminarsi, perché la mafia non è potere, è solo un percorso scandito,come diceva qualcuno, dal suono delle campane o delle sirene.
*Avvocato
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