. DI MASSIMO NUNNARI*
Per quanto posso avere compreso percorrendo di buona lena centinaia (forse migliaia) di Km all’anno, sempre fortunatamente col cuore in gola, diviso fra una professione (quella forense) praticata con tanta passione quanto quella rincorsa, in ambito sportivo, lungo le strade, asfaltate e non, disseminate in ogni dove, ritengo sia giunto il tempo di tirare un bilancio, nel ricordo di un collega ed amico scomparso ormai da cinque anni a questa parte; gli stessi durante i quali mi sono intrattenuto nelle varie competizioni agonistiche che mi hanno sempre regalato belle emozioni da raccontare, come sento il dovere di fare stavolta.
Non ci può essere insegnamento più grande che la strada possa offrire che quello di trovare il tempo di riflettere su ciò che più conta nella vita, forti delle esperienze fatte e di una progettualità da sperimentare.
Sempre alle prese con chilometri macinati e misurati tra aule di tribunale e piste, credo che il vero traguardo, magari neanche quello ambito dai più, lo si raggiunga quando si impara a "prendere le distanze".
Le distanze da chi ci dice che non ce la possiamo fare, da chi chiude l’interruttore della luce accesa dalla speranza di un futuro immaginato diverso (e per ciò solo migliore), da chi, rinchiuso nel piccolo mondo del proprio egoismo, ci distoglie da un divenire della vita che va sempre costellato di nuove idee ed energie per realizzarle.
Le distanze dall’abitudine di cercare un tornaconto nel proprio fare, senza badare a chi ci sta intorno, come se il sorpasso potesse sempre assicurarci la vittoria, rischiando invece di proiettarci verso uno splendido isolamento.
In fondo nulla può nuocere di più che trascurare coloro che la strada ci pone come compagni di viaggio, per quanto tempo ci possa costare prestare ascolto, soffermandoci a raccogliere una voce che vince le catene della solitudine nella quale molti si sentono confinati sol perché ambiscono a tagliare per primi il traguardo e soffrono dell’insoddisfazione di non riuscirci.
Questo lo sapeva bene il buon avvocato Antonio Sità (al secolo Tony), sempre pronto ad ascoltare chi si rivolgeva a lui per un consiglio, tanto di ordine professionale quanto personale, senza bramare guadagni fuori misura o, peggio, non meritati, e senza privare chi si affidava a lui della speranza di riconquistare uno spazio in un mondo più giusto; lo stesso compito che l’avvocatura è chiamata da sempre ad assolvere e che sta ad ognuno dei suoi componenti dimostrare di essere il vero ideale perseguito.
Valga dunque da esempio il percorso di Tony, che ha provato, anche nella malattia, a superare tutto con leggerezza, la stessa che quando pervade il cuore dello sportivo lo porta sempre alla vittoria, mai solitaria ma anzi condivisa e per ciò duratura, come il ricordo del compianto collega ed amico
A lui dedico questa mia modesta ma sentita partecipazione alla nona edizione della “Normanna” che l’organizzatore Salvatore Auddino (cui vanno i miei ringraziamenti insieme al presidente della mia squadra di atletica Antonio Cardamone ed al mio allenatore Domenico Luppino) ha voluto riproporre anche quest’anno, quale chiaro e salvifico segno che lo sport vale da sprone anche e soprattutto nelle difficoltà, esaltando valori e ideali, quelli sì, che possono davvero contagiare tutti.
Avvocato*
Il Presidente del Coa Antonello Talerico ha voluto ringraziare a nome di tutta l’Avvocatura catanzarese il Collega Massimo Nunnari per aver con la sua partecipazione all’evento sportivo della “Normanna”, consentito innanzitutto di ricordare il Collega Antonio Sità, che ha lasciato nella comunità catanzarese un ricordo positivo del suo modo di intendere il senso di appartenenza all’Avvocatura e l’agire corretto e professionale che deve avere un vero Avvocato. Il coraggio e la dignità mostrate dal Collega Sità sino al suo ultimo respiro siano da esempio per tutti coloro che ogni giorno combattano una battaglia per sé e per gli altri. L’Avvocatura ha bisogno di mostrare anche il suo lato umano e di mettersi realmente al servizio del bene del Paese, per la tutela dei diritti e per il rispetto di ogni essere umano a prescindere dai titoli, dal colore della pelle, dallo stato economico e/o sociale. Essere Avvocato deve essere considerato un privilegio ed indossare la toga è un onore che impongono però il rispetto delle Leggi e del codice deontologico. Antonio Sità rientrava tra quegli avvocati che indossavano la toga con orgoglio e senso di appartenenza, un esempio per molti Colleghi. Sono certo che il Consiglio dell’Ordine avrà modo di organizzare un evento per ricordare tanti i tanti Colleghi che hanno lasciato un segno indelebile nel Nostro Foro, affinchè il ricordo e la rievocazione si trasformino in momento di riflessione e di ispirazione anche per le giovani leve, per rendere l’Avvocatura sempre più parte attiva nella società civile. Il Presidente del Coa, Antonello Talerico, ha ringraziato anche tutti gli organizzatori e l’allenatore di molti Avvocati, Domenico Luppino per la sua solita professionalità e affidabilità. Sono certo che ognuno di Noi possa migliorare l’altro e, lo sport al pari di una sana competizione possano unire molto più delle semplici parole e mostrare all’esterno profili spesso celati dall’idea convenzionale che si ha dell’Avvocatura”.
L’Avvocato Nunnari ha ringraziato il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro per il suo solito impegno per la classe forense e per la sensibilità dimostrata col suo intervento.
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