di SERGIO DRAGONE
L’azienda universitario-ospedaliera “Dulbecco”, nata dalla fusione per incorporazione tra il Policlinico Mater Domini e l’ospedale regionale “Pugliese-Ciaccio”, è oggi solo un gigante dai piedi d’argilla. Quello che viene chiamato pomposamente dalla politica come “il più grande polo sanitario della Calabria” e` semplicemente un’illusione virtuale. Chiariamoci, la strada intrapresa è quella giusta: in Italia le migliori performance sanitarie si registrano in quelle realtà ospedaliere in cui convivono in maniera feconda assistenza e ricerca. L’assistenza, in questi casi virtuosi, fornisce la propria esperienza alle nuove generazioni di medici e nello stesso tempo fa tesoro dei continui risultati che la ricerca scientifica riesce a produrre. In tale modo, è l’intero sistema a crescere, ad alimentare i livelli e la qualità dell’assistenza, a sfornare medici sempre più preparati e capaci di utilizzare le nuove tecnologie e la robotica.
Quel che voglio dire e` che l’Azienda “Dulbecco”, peraltro intitolata giustamente al grande premio Nobel nato a Catanzaro, rischia di essere una semplice sommatoria tra due debolezze, tra due aziende cariche di debiti che hanno accumulato negli anni deficit enormi: da un lato, un grande ospedale come il “Pugliese” dalle grandi tradizioni che però sconta enormi lacune di ordine logistico e strutturale; dall’altro, un Policlinico che non può vantare l’esperienza sul campo dei medici ospedalieri e soffre anch’esso di carenze di personale e spazi adeguati.
Se ci si limitasse ad unificare le competenze amministrative in una sola governance e a spartire con il manuale Cencelli le direzioni dei reparti, operazioni certamente necessarie, difficilmente avremo sulla sanità catanzarese e calabrese gli effetti auspicati.
E allora il nodo e` legato strettamente alla [...]
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