Le porte chiuse e nessuna luce vociante all’interno del Politeama

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images Le porte chiuse e nessuna luce vociante all’interno del Politeama
Franco Brescia
  30 dicembre 2020 17:10

"Nei giorni precedenti il Natale, ma anche dopo, evitai volutamente di attraversare la piazzola antistante il Politeama, per non farmi afferrare da senso di malinconia nell’accorgermi che giaceva spento. Ieri sera, invece, forzai il mio volere per misurare le sensazioni provocate da questa realtà.

Dapprima, però, tentai di rasserenare l’animo attardandomi nello svago e, perciò, facendomi attrarre dal bello che si trae percorrendo le strade rese folgoranti dalle luminarie appese a mo’ di tetto sopra le teste dei passanti. In tutto questo periodo. Uno sfavillare di luci policrome, vocianti, che la mia fantasia visionaria le vede illuminare l’umile grotta di Betlemme, dove giace quel Bambino venuto per portare salvezza alle anime dell’umanità distesa nell’eternità.

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Ruscelli di luce appesi nell’alto messi là per accendere gioia, gaiezza, stando ai propositi del Comune. E così mi sarebbe successo se, anch’io, non vivessi il momento di tormento globale scatenato dal virus imperante.

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Poi, ritornai lì, ma non completamente  rasserenato dunque, in quella piazzetta. Resa quasi al buio. Poche, fioche le luci.

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Di fronte a me il Politeama, quindi. Le porte chiuse, nessuna luce vociante all’interno. Così, ormai, giacente da diversi mesi. Uno scenario che ha invaso il mio cuore di oscuro incolmabile. Come prevedibile.  Un oscuro provato che, addirittura, ha assentato anche traccia del grave problema calpestante, senza tregua, la nostra esistenza.. E ciò perché il teatro rappresenta per me una delle rare passioni travolgenti.

Un amore duraturo, ardente sin dall’età giovane, perché esso, con le sue diverse rappresentazioni, suscita in me percezione, senso, emozione, commozione, paura, gioia, timore, meraviglia, stupore, sorpresa, sbalordimento, turbamento, sbigottimento, impressione, divertimento, riflessioni, presentimento, dubbio, sospetto, coscienza, idea, intuizione, sentore, clamore, scalpore, effetto.

Quindi, tutte le sensazioni che lo spirito mio può provare. Il tutto versante nella logica della cultura che esso esprime trattando argomenti, contenuti, materie, sostanze, innumerevoli tematiche, tesi, concetti, motivi melodici e quanto altro sia connesso all’umano nel suo perenne. In un cammino nobile e anche spirituale divagante tra la selva oscura e il cielo.

Il teatro per me - e ritengo per la quasi totalità dei frequentatori e degli amatori - rappresenta altresì occasione insostituibile, non solo di formazione culturale e di forti passioni ma, anche, come luogo di formazione, di crescita personale, di straordinaria sperimentazione, di libertà intellettuale.

Ma, anche il luogo degli incontri con tanti amici e amiche in occasione delle rappresentazioni. Quindi, ieri sera spento il Politeama, il cuore pulsante culturale della città.

Spento quel vascello - come immaginato dall’architetto Portoghesi che lo ha ideato - pensato come rapporto di notte, che nelle ore dello spettacolo, con la sua facciata architettonica, dà l’idea della poppa di una grande nave che si riverbera verso la scena urbana per renderla festosa, specie quando si accompagna alle luci del Natale disseminate sopra le strade della città.

Una grande nave che sembra muoversi, che pare salpi con quella sua facciata gremita resa gioiosa dalle luci delle finestre che sporgono e si ritraggono tanto da proporre la metafora del faro, del centro luminoso esprimente il carattere del teatro come luogo deputato del cambiamento, della metamorfosi, del divenire.

Sento forte l’affezione per questo Politeama, dunque. L’attrazione. D’altronde ne ho scritto la storia nel mio libro: “ I teatri di Catanzaro - tra cultura e storia  “ . A sostegno ho anche fondato “l’associazione degli amici del Politeama”.

Spenta questa maestosità, quindi. Per non vivere in mestizia questa visione, però, ho cercato riparo a qualche momento di magnificenza che esso mi ha concesso. Scavo, quindi, tra le luci dei ricordi e mi vedo quando andavo a visitarlo durante la costruzione, anche se raramente dato il ristrettissimo tempo giornaliero che mi restava da dedicare alla mia libertà personale.

E mi rammento di quella sera a teatro finito. Quanta emozione. Mi fu concesso di ammirarlo quando era illuminato in tutte le sue parti. Ero in solitario. Non mi feci costringere da limiti di tempo perché volevo gustare l’evento con pienezza. Ne restai affascinato, come nel trovarmi dinnanzi a una visione sfolgorante che solo il sogno ad occhi chiusi può consentire. Ricordo. Sentii i brividi che si erano impossessati del mio corpo per farlo giacere nelle onde dorate del compiacimento e della meraviglia. Ero interamente pervaso da un senso di profondo benessere, quasi di beatitudine. Mi trovai avviluppato da quella sensazione indefinibile che conosce l’estasi.

Però, il momento che brilla di più nella mia memoria mi ricondusse , ieri sera, a quel 29 novembre del 2002 che segna la serata inaugurale del teatro. Il parterre era gremito, i palchi brulicavano in ogni ordine di posti. Il mondo della politica calabrese poteva essere considerato quasi al completo, erano rappresentate le istituzioni, l’economia cittadina, le professioni.

Per la città fu  un avvenimento, una tappa fondamentale lungo il suo nuovo cammino. Questo fu il concetto di un brevissimo quanto emozionantissimo discorso pronunciato per l’occasione dal Sindaco, Sergio Abramo.

Dopo i discorsi di rito, si alzò il sipario: le note dell’Inno di Mameli esplosero improvvise con robustezza e si diffusero con leggiadria, aleggiando nell’aria come venti tiepidi e profumati della primavera più rosea.

Era l’Inno dell’Italia che sempre colma i cuori. La gente era in piedi e applaudiva con fragore: il brivido della commozione generale era vivo e palpante. La storia senza fine del Politeama iniziava: era tutta una fantasmagoria di luci, suoni e colori. Sembrava che le stelline, forse mille, che fasciano i suoi palchi sembrava avessero preso vita, per palpitare e illuminare, così creando una serata da fiaba.

Poi, si susseguirono i brani verdiani scelti per la serata - eseguiti alla perfezione dalla favolosa orchestra e dal Coro dell’Arena di Verona diretta da Ceccato - che rinnovavano nelle coscienze il sentimento degli ideali che hanno ispirato la nostra storia, dal Risorgimento ad oggi.

Fu come se le pagine immortali del grande compositore italiano volessero regalare l’immortalità pure al nostro Teatro. Tutto sembrava magia. Il concerto si concluse con forti emozioni al suono delle stupende note di “ Và pensiero”. Quella serata fa parte della  storia di questo Politeama. Anche quella sera ebbe il suo termine, tuttavia. Non potei fermarla. Non possiedo poteri sovrumani. Ma, è rimasto incastonato nello scrigno dei miei ricordi.

Pacanti l’animo quei ricordi pur se, tuttavia, velati dalle vicissitudini che stiamo subendo, che già, però, vanno verso il cielo del sereno. Il vaccino compirà i miracoli attesi. Mi attardai in quietudine,  lì, su quella piazzetta e tra le antiche case che al teatro fanno da contorno. Immobile esso, ma con il cuore pulsante che ritmerà le tantissime altre evenienze che all’interno del suo corpo prenderanno vita.

Qualsiasi esse siano: opere teatrali o celebrazioni di vita cittadina, e che riguardino l’arte, la musica, la poesia, altri generi di accadimenti. Sarà ancora il tempio  perenne da dove si propagherà la cultura. Resterà faro luminoso per le genti che verranno". 

FRANCO BRESCIA

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