di EDOARDO CORASANITI
E' senza colpevoli la morte del 13enne Leandro Celia, travolto da un treno l'8 marzo del 2017 nei pressi di Soverato, in provincia di Catanzaro, mentre era in compagnia di due amici: il Giudice dell'indagine preliminare di Catanzaro, Claudio Paris, ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dal sostituto procuratore Domenico Assumma, che già a giugno del 2019 aveva sostenuto la non punibilità penale da parte dei due macchinisti a guida del treno e indagati con l'accusa di omicidio colposo.
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Ad opporsi è stato l'avvocato Francesco Carello, legale della famiglia di Leandro, che aveva chiesto ulteriori indagini basandosi su 5 elementi: il punto di inizio della frenata, la richiesta di indagini sul mezzo ferroviario, la richiesta indagini sulla manutenzione della linea ferroviaria- visibilità in curva, l’omesso esame dell’apparecchio telefonico della vittima e l’esame dello zainetto della vittima.
Niente da fare, per il Gip il procedimento va senz'altro archiviato, "né sussistono i presupposti per ordinare ulteriori investigazioni a carico di terze persone, note od ignote". A partire dalla Zte, la scatola nera per i veicoli ferroviari: i dati sono "incontestabili perché non alterabili".
Altro punto della contestazione, altra spiegazione che il giudice fornisce nel decreto di archiviazione: dagli accertamenti della Polizia ferroviaria, sulla base della lettura dei dati, emerge come al momento della frenata (avvenuta all'altezza del Km 309+ 756), il treno viaggiasse alla velocità di 120 km/h, e ciò in "assoluta conformità a quanto dichiarato dai due macchinisti e soprattutto con i limiti di velocità imposti", scrive il Gip.
Inoltre, Paris sottolinea come "i tre giovani camminassero su di un ponte ferroviario per ragioni ludiche come effettivamente ipotizzato sin dall'inizio", circostanza che "non può non esser interpretata come straordinaria ed imprevedibile".
Da scartare è anche la valutazione dell’inizio della frenata: “Se è corretto cristallizzarla al Km 309+ 756 (e ciò, si ribadisce, sulla base di una rilevazione non corruttibile) allora davvero non si vede come i macchinisti potessero a questa distanza accorgersi, in un tratto così curvilineo della presenza dei tre ragazzi, senz'altro preclusa, invece, non solo dalla distanza, non solo dall'imbrunire, e non solo dall'andatura curvilinea della linea ferroviaria; ma anche dallo stesso ponte in pietra sul quale si trovavano, che ha costituito una vera e propria trappola per il piccolo Leandro; ponte che è caratterizzato da inferriate ad altezza d'uomo”, sottolinea il Giudice dell’indagine preliminare.
Il legale della famiglia aveva chiesto l'accertamento sul telefonino dei tre giovani. Proposta bocciata dal Gip: "Oltre a risultare sovrabbondante, non potrebbe di certo aggiungere elementi a carico degli odierni indagati". Lo stesso vale per eventuali responsabilità di terzi e in particolare agli obblighi di recinzione da imputare teoricamente all'ente ferroviario. Da quanto scrive il Gip, i tre ragazzi hanno raggiunto la linea ferroviaria violando una proprietà privata e "introducendosi da un varco nei pressi di un cantiere nautico".
La conclusione sembra non aver altre alternative: "Non si vede quale addebito possa muoversi agli odierni indagati".
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