di WALTER FRANGIPANE
(dedicato a mia moglie Donatella Argirò, mio scomparso supporter)
Cosa sono i dazi, di cui tanto si parla oggi? Nel commercio internazionale, i dazi o tariffe sono imposte che gravano sui beni importati. Sono una forma di regolamentazione utilizzata per influenzare i flussi commerciali e proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera.
In effetti i governi impongono tariffe per aumentare le entrate, o per proteggere le industrie nazionali ma anche, a volte, per esercitare un’influenza politica su un altro Paese. Le tariffe spesso comportano effetti collaterali indesiderati, come ad esempio prezzi al consumo più elevati.
Le tariffe hanno una storia lunga e controversa e il dibattito se rappresentino una buona o una cattiva politica rimane sempre vivo.
Negli ultimi anni, i dazi commerciali si sono rivelati uno strumento economico controverso, soprattutto alla luce della posizione dell’Amministrazione Trump, sulle relazioni commerciali internazionali. Mentre i Paesi si confrontano sulla necessità di proteggere le industrie nazionali, mantenendo nel contempo la competitività globale, il dibattito sull’efficacia dei dazi si è intensificato, sopra tutto alla luce dei nuovi avvenimenti di Politica Economica. E mentre i sostenitori dei dazi affermano che essi salvaguardano i posti di lavoro e le industrie locali, sopra tutto quelle più deboli, i critici mettono in guardia dalle potenziali ripercussioni economiche in un mercato globale interconnesso.
Pertanto i dazi non sono altro che tasse o imposte volute dai governi sui beni che vengono importati dall’estero. Essi aumentano, infatti, il costo dei prodotti esteri, proteggendo le industrie nazionali e aumentando le entrate dello Stato del soggetto importatore. I dazi esercitano una grande influenza sul commercio internazionale, incidono sui prezzi al consumo e talvolta provocano anche controversie commerciali tra Paesi. Tuttavia rimangono uno strumento significativo nella politica economica globale.
La valutazione dei dazi da parte dell’Amministrazione Trump deriva da diversi obiettivi economici e politici chiave. In primo piano c’è il desiderio di proteggere le industrie e i lavoratori americani da quella che l’Amministrazione percepisce come concorrenza estera sleale. La strategia si concentra in particolare sulla risoluzione degli squilibri commerciali con Paesi come Cina, Messico, Canada e la nostra Unione Europea.
Sorge subito una domanda. Quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi economici dei dazi per qualsiasi Paese che intenda imporli?
I sostenitori dei dazi indicano, in alcune circostanze, diversi presunti vantaggi. In primo luogo i dazi fungono da scudo vitale per le industrie nazionali sia quelle emergenti che quelle consolidate contro la concorrenza estera. Aumentando il prezzo dei beni importati, le imprese locali potrebbero guadagnare spazio per sviluppare le proprie capacità, perché è particolarmente cruciale per le industrie nascenti di aver tempo per realizzare economie di scala e stabilire processi produttivi efficienti. E così, quando i Paesi in via di sviluppo applicano dazi sui prodotti industriali, ciò consente al loro settore manifatturiero di crescere senza essere immediatamente sopraffatti da concorrenti internazionali più affermati.
Questa protezione porta spesso a maggiori opportunità di lavoro, progresso tecnologico e sviluppo di competenze industriali all'interno del settore protetto.
I dazi possono anche favorire maggiori entrate governative, in particolare nelle economie in via di sviluppo. A differenza di altre forme di tassazione, i dazi sono relativamente semplici da riscuotere e amministrare, poiché vengono riscossi in specifici punti di ingresso del Paese che li impone. Queste maggiori entrate possono essere destinate a servizi pubblici essenziali, sviluppo infrastrutturale e programmi sociali. Storicamente, molte nazioni hanno fatto ampio affidamento sulle entrate tariffarie durante le loro fasi di sviluppo.
Ancora oggi, i dazi doganali contribuiscono in modo sostanziale ai bilanci pubblici di molti Paesi, fornendo un flusso di entrate stabili e prevedibili che contribuiscono a finanziare varie iniziative pubbliche e progetti di sviluppo. I dazi possono inoltre migliorare la bilancia commerciale e, se implementati strategicamente, possono ridurre il volume delle importazioni, stimolando potenzialmente la produzione interna per soddisfare la domanda locale. Questo aggiustamento può contribuire a risolvere i deficit commerciali, incoraggiando i consumatori ad acquistare beni di produzione nazionale anziché beni importati dall’estero. Il conseguente miglioramento della bilancia commerciale può migliorare la stabilità economica e creare condizioni più favorevoli per la crescita.
I dazi, inoltre, potrebbero avere un ruolo importante nel mantenimento della sicurezza manufatturiera interna, garantendo la capacità produttiva in settori strategici. Spesso settori critici come acciaio, alluminio, tecnologie avanzate e prodotti agricoli beneficiano di protezione tariffaria per mantenere la capacità produttiva interna.
Questa autosufficienza diventa particolarmente importante durante le crisi internazionali, le controversie commerciali o i conflitti, quando l’accesso alle forniture estere potrebbe essere limitato. I dazi possono anche rappresentare una leva economica nelle relazioni internazionali, tant’è che possono diventare strumenti di negoziazione e di diplomazia.
I Paesi possono utilizzare la minaccia o l’attuazione di dazi per ottenere concessioni nei negoziati commerciali, contrastare pratiche commerciali sleali o influenzare il comportamento dei partner commerciali, per cui questa leva economica può essere particolarmente efficace nell’affrontare questioni che vanno oltre il commercio.
I critici dei dazi, invece, evidenziano diversi aspetti negativi, tra cui i prezzi al consumo più elevati e il potere d’acquisto ridotto. Infatti i dazi hanno un impatto diretto sui consumatori, perché aumentano i prezzi dei beni importati.
Quando i governi impongono barriere commerciali, le aziende in genere scaricano i costi aggiuntivi sui consumatori finali. Questa sorta di inflazione dei prezzi colpisce non solo i beni di lusso, ma anche i beni di prima necessità, riducendo il potere d’acquisto reale delle famiglie. A volte anche i produttori nazionali spesso aumentano in maniera scorretta i prezzi, perché sanno di dover affrontare una minore concorrenza estera. Questo può creare un contesto inflazionistico generale che, agendo di fatto sulle fasce economicamente vulnerabili, colpisce sopra tutto le famiglie con particolari difficoltà economiche. I dazi portano alla riduzione della concorrenza di mercato e alla riduzione dell’innovazione, perché le aziende protette sono meno motivate a migliorare i propri prodotti.
Non è escluso che possano verificarsi aspetti sociali negativi come la perdita dei posti di lavoro sopra tutto nei settori dipendenti dall’export, a causa di misure di ritorsione. Ad esempio, quando i dazi sull’acciaio proteggono i produttori nazionali di acciaio, danneggiano contemporaneamente i settori che utilizzano l’acciaio come input, come l’industria automobilistica, l’edilizia e la produzione di elettrodomestici etc. Questi effetti a valle si traducono spesso in una perdita di posti di lavoro superiore a quella tutelata, con un impatto netto negativo sull’occupazione.
I dazi, quindi, distorcono i segnali di mercato e portano a un’allocazione inefficiente delle risorse economiche. Alterando artificialmente i prezzi, i dazi incoraggiano gli investimenti in settori protetti che potrebbero non essere naturalmente competitivi, e scoraggiano nel contempo gli investimenti in settori potenzialmente più produttivi. Tutto questo, naturalmente, può tradursi in una riduzione della produttività economica, una minore crescita del PIL, un uso inefficiente del capitale e del lavoro, una diminuzione della competitività nazionale e un progresso tecnologico più lento. La protezione fornita dai dazi spesso sostiene settori che altrimenti dovrebbero adattarsi o passare ad attività più competitive. Ciò impedisce alle risorse di fluire verso i loro usi più produttivi, riducendo l'efficienza economica complessiva e il tenore di vita. Alcuni studi economici dimostrano che i Paesi con minori barriere commerciali registrano una maggiore crescita della produttività e un’allocazione delle risorse più efficiente rispetto a quelli che mantengono una significativa protezione tariffaria.
Certo il tycoon (magnate) che è approdato per la seconda volta alla Casa Bianca impone l’Europa a reagire, perché gli equilibri sono cambiati. Del resto quella famosa frase “Nessun dorma” nell’Aria della Turandot di Puccini, proferita dal Presidente Mattarella al XVIII Simposio COTEC (COoperazione TECnologica) di Coimbra non è casuale. L’incrinatura dei rapporti fra gli USA e l’Unione Europea si è verificata. Nell’Aria di Puccini solo dopo il bacio di Calaf la situazione verrà completamente ribaltata. Come allora non raccogliere la sfida epocale lanciata da Mario Draghi “Ora o mai più, l’Europa deve agire perché il mondo non sarà mai più come prima”!
*Economista
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