L'EDITORIALE. Coronavirus. Al "Ciaccio" non vogliono essere chiamati "eroi". Ma medici e paramedici, nelle difficoltà, operano sul campo con pazienti a rischio

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Il presidio Ciaccio-De Lellis a Catanzaro
  29 marzo 2020 14:59

di ENZO COSENTINO

Attrezzare con urgenti rifornimenti di presidi medici di base le strutture sanitarie pubbliche per dare un senso alla lotta al coronavirus che gli operatori a tutti i livelli professionali stanno conducendo in Calabria. Difendere le categorie professionali del comparto sanità significa anche prevenire il vortice del contagio non solo fra medici, paramedici e pazienti. Che senso ha osservare le regole restrittive contenute dai decreti se poi costretto a recarti in Ospedale per necessità urgenti di salute proprie o di congiunti, sai che alle tue spalle c’è il “mostro” che può assalirti e stenderti? Tanto mercato nero di mascherine e per fortuna c’è attiva la Finanza e le altre forze dell’ordine che riescono a bloccare il flusso di forniture illegali di presidi medici. A proposito di efficienza non va sottovalutate quella di avere nel Capoluogo di Regione  una struttura come il “Ciaccio” che in questa condizione di emergenza ha confermato, pur con le sue criticità strutturali, di essere all’altezza della sua mission nella assistenza per gli ammalati onco-ematologici. Non è stato facile ma l’impegno del suo management ha dato risposte sul piano dell’organizzazione interna e per quanto concerne l’assistenza a distanza, a pazienti già in cura. Al “Ciaccio” si sono alzate tutte le barriere protettive per chi è in regime di ricovero e per chi deve sottoporsi alle cure improcrastinabili in regime di Day hospital. Uno sforzo non indifferente per medici, infermieri, operatori socio sanitari. Una disponibilità h24 per ricevere email da parte di soggetti bisognosi di consigli per porre rimedi, sia pure tampone, a distanza valutando ogni singola situazione.

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“Eroi”? Rifiuta questo appellativo tutta la “catena umana” che all’interno del “Ciaccio” ogni giorno affronta la realtà di una situazione. Non rispondono perché per loro il tempo è prezioso e volano, tutti, medici, paramedici lungo i corridoi in corsia da una stanza all’altra dove si respira sofferenza. Il loro cruccio è quello di non poter disporre del necessario e di essere sottorganico o comunque di non disporre di un organico sufficiente alla bisogna. Ma il fatto di non avere il minimo indispensabile, necessario e vitale in una struttura del genere vorrebbero gridarlo. Al “Ciaccio” quindi non vi sono “eroi”, ma uomini e donne che attendono una mascherina, respiratori e quant'altro. Giusto! Buon lavoro a tutto il personale del Ciaccio!

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